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Non so fare niente, sono solo uno che non serve alla società

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Lettera pubblicata il 1 Febbraio 2007. L'autore ha condiviso 2 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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La lettera ha ricevuto finora 211 commenti

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  1. 141
    Giacoma -

    Non riesco a esprimere quanto io possa capirti, perché io come te non valgo nulla, vivo di pensieri di sogni ma non riesco a realizzarli, non ho prolungato gli studi ed è stato l’errore più enorme della mia vita. L’unica cosa che son riuscita a fare è stata quella di lavorare stagionalmente in una stimata società della mia città, ambiente però pieno di squali che non fanno altro che abbassare quella poca stima che una persona debole come me ha. Ora come ora mi sento inutile e non riesco a trovare una via di fuga, solo angoscia, malinconia e depressione.. sì mi piango addosso è l’espressione giusta, ma non essendo intraprendente, non avendo un carattere forte, non avendo spirito e ne coraggio l’autocommiserazione è l’unica cosa che mi resta.. mi chiedo a cosa serve la mia vita e spero ogni giorno di poter trovare una singola motivazione per sentirmi utile.

    Un saluto,
    Giacoma.

  2. 142
    gbr -

    ciao a tutti, vedo che di insicuri ce ne sono molti, ho letto con interesse i vari interventi, trovando anche punti in comune.
    A differenza dell’autore della lettera, che credo e spero che nel frattempo abbia scoperto anche lui che qualcosa sa fare, so fare qualcosa, come un po’ tutti… e come molti, alcuni di questi miei “talenti” sono anche passioni mentre gli altri no! L’errore è stato nel coltivare quelli che non mi piacevano solo perché erano i più sicuri “lavorativamente” parlando, e adesso mi trovo oltre i 30 anni a 3 possibili strade: continuare sulla stessa strada per la quale purtroppo provo disgusto oppure lanciarmi su altre strade risvegliando vecchie passioni delle quali sembra impossibile farne una professione oppure cercare qualcosa di non entusiasmante ma che non riguardi ciò per cui ho studiato tanti anni(di questi tempi quasi impossibile).
    Tutto questo era per dire che le scelte ci sono sempre, il problema è che spesso abbiamo paura, siamo paralizzati e siamo ciechi di fronte ad esse … ci siamo ripetuti talmente tante volte che sappiamo o non sappiamo fare una cosa, che siamo o non siamo in un certo modo o che possiamo o non possiamo fare certe cose che abbiamo finito per crederci!

    Auguro comunque a tutti di vincere le loro insicurezze che comprendo essere talvolta molto invalidanti.
    un saluto a tutti

  3. 143
    Mirella -

    ciao GBR,
    le scelte che contano sono quasi sempre effettuate alla cieca, nonostante si pensi spesso di decidere in modo ponderato. riflettendoci su, o meglio rimuginandone più e più volte le ragioni a posteriori, magari a distanza di anni, a malapena si riesce a intuire l’intento primario che potevano avere nel momento in cui si sono adottate.

    siamo e restiamo animali, in quanto c’è di più importante nell’espressione della nostra essenza più profonda. innanzitutto la sopravvivenza (fisica e psichica), poi la riproduzione (indipendentemente dal prezzo che richiede). quasi niente altro ha senso, se non il sentirsi più o meno adeguati nei panni di volta in volta adottati per lo scopo. non per altro si finisce in linea di massima di seguire l’istinto, che mira appunto ai due soli obiettivi che ritiene imprescindibili.

    la società e la cultura in auge in tutto questo c’entrano poco o niente. rappresentano soltanto lo sforzo di elevarsi al di sopra della struttura di base, che ancora è dominante. la consapevolezza che l’esperienza permette di acquisire riguarda quasi soltanto la possibilità di prevedere in modo più corretto le ripercussioni a cui si può andare incontro optando per una determinata alternativa, comunque sempre scarsamente negoziabile. in ognuno emerge prima o poi in modo netto la natura di cui è costituito, ai fini dell’esistere né migliore né peggiore di qualsiasi altra, senza tener conto degli indottrinamenti o delle richieste provenienti dall’esterno.

  4. 144
    Golem -

    Sentirsi esclusi da questa società dovrebbe essere un motivo di orgoglio, non il contrario.

  5. 145
    maria grazia -

    “Sentirsi esclusi da questa società dovrebbe essere un motivo di orgoglio, non il contrario.”

    Golem, appoggio e sottoscrivo!

  6. 146
    gbr -

    ciao mirella,
    non so se l’istinto scelse la mia strada attuale ma credo invece che optò per un’altra, più anticonformista se vogliamo…tuttavia preso dalla paura mi bloccai e scelsi diversamente(quello che faccio adesso).
    Se l’istinto avesse scelto la mia strada attuale credo che avremmo potuto chiamarlo istinto “suicida” in senso lato 🙂
    Dare voce all’istinto è comunque un ottimo consiglio che tutti dovremmo seguire.

    golem, non so te e gli altri ma a me la società sembra un po’ troppo “deviata”, con regole che non condivido e che spesso non riesco ad accettare, ma forse è solo un’impressione dovuta al personale modo di rapportarmi con essa.

    Ad ogni modo non volevo spostare il dialogo su di me, ma volevo soltanto dare testimonianza della mia esperienza per far capire che di situazioni ce ne sono infinite, tutte diverse ma tutte con tratti comuni.
    Se il “mal comune mezzo gaudio” è un detto veritiero allora cerchiamo di goderne un po’ tutti 🙂

  7. 147
    Golem -

    Gbr, le “società” sono sempre la negazione delle individualitá, e paradossalmente, tanto meno identitá si ha tanto piu si vorrebbe essere accettati dal “gruppo”. Qui ci sono decine di utenti che si sentono “esclusi” da qualcosa, e non si rendono conto che la prima “esclusione” l’hanno con sè stessi.
    Essere autonomi, bastarsi, anche se per sfortuna si vive sotto un cartone, è la condizione essenziale per non dipendere dagli altri. Non per misantropia, ma per la dignità di non dovere chiedere mai a chi a volte può trattarci come mendicanti.

  8. 148
    rossana -

    Marco,
    “l’ideologia bhuddista mi sta aiutando a prendermi le mie responsabilità:”Tutto quello che si è è una conseguenza delle nostre azioni”e il prendere la totale responsabilità delle mie mi sta aiutando a capire che sono solo quello che ho voluto essere e che se vorrò essere qualcosa di diverso basterà solo che lo voglia e che provi” – concetto che condivido, anche se non sempre tutto quello che si desidera è possibile. se ci si è comunque provati ad ottenerlo, questo dovrebbe essere più che sufficiente per farci sentire soddisfatti. non è il risultato che conta ma l’essersi battuti con onore nell’intento.

    i nostri limiti (tutti ne hanno, in questo o in quell’aspetto) sono le cicatrici che restano e che dimostrano, però, sia l’impegno che la volontà, di cui essere fieri.

  9. 149
    Mara -

    Io sono allibita più che da quello che scrivono Battipanni e Sandro dai commenti ovvi di alcuni utenti…
    Pensate che chi nella vita è insicuro ed ha una pessima opinione di sé stesso non non sente l’entusiasmo di voler costruirsi qualcosa con le proprie forze perchè semplicemente non gli va di faticare? Io sn un ex studentessa di medicina, arrivata fino al 5 anno in regola cn gli esami..media del 28.30…e già questo potrebbe bastare se un minimo conoscete la facoltà x farvi capire che la fatica finché non mi ha mai spaventata..
    Quando mi sono scontrata con il reparto ed ho avuto molte difficoltà sia emotivamente sia come difficoltà di apprendimento della pratica ( ben diversa dalla teoria ) mi sono detta che forse non era il lavoro per me…e per rifletterci su.. mi sono presa un periodo di pausa per cercare altri sbocchi universitari e nel mentre ho fatto qualsivoglia lavoro saltuario per mantenermi..
    Non sono stati periodi facili…molti litigi familiari..dover incassare il colpo di aver deluso tutti..tanta ansia..e proprio in quel periodo ho ominciato a sviluppare delle difficoltà di apprendimento e concentrazione che..vi assicuro..non erano da me..fino a non riuscire ad organizzarmi la giornata anche avendo due soli impegni..fino a cominciare a dimenticarmi ogni cosa ( appuntamenti, orari, cose )
    Davanti a queste difficoltà mai avute non sapevo cosa fare..ho cominciato ad aver grandi difficoltà anche a fare un lavoro semplice come quello del cameriere..in questa situazione l’idea di poter riprendere un corso di studi, di poter fare un lavoro più complesso si allontanava..
    Come è possibile? È possibile xché esistono condizioni psicologiche che minano realmente le capacità delle persone o fan si che esse abbiano più difficoltà a ovviare a quelli che sono normali difetti che realmente non costituiscono uno ostacolo insormontabile ( esempio : se io sono ritardatario nonostante la mia tendenza, lotto per organizzarmi in modo da riuscire nel mio lavoro..se sono in una condizione di profondo disagio in quel momento non riesco a fare ciò che è facile figurarsi ciò che data la mia tendenza a far ritardo mi riesce di per se difficile..quindi può capitare che in tale periodo accumulo molto più ritardo )
    Ora che continuo a fare la cameriera e che mi sento spesso come vi sentite voi cosa posso dirvi?
    Uno la mente è un organo che si ammala e se si hanno difficoltà di apprendimento prima bisogna chiedersi come si sta..due se non si è tra i tipi svegli non è detto che nella vita non si riuscirà in nulla ma solo che all’inizio sarà più dura..
    Tre
    Che il nostro problema principale è che pensiamo di essere ciò che facciamo..certo ciò che si realizza nella vita è importante..per i risultati ottenuti? No..perché il percorso che facciamo le lotte che intraprendiamo per ottenere quei risultati sono occasioni per cambiare in meglio..ci permettono di arricchirci..
    Ma dovete ricordare a voi stessi che noi non siamo i nostri risultati..ma ciò che…

  10. 150
    Jennifer -

    Mara… Noi siamo ciò che? Continua per favore…

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