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So di essere la vittima del mio stesso crimine

di

Come ci si leva di dosso la convizione di valere troppo poco per meritarsi la felicità?
Come si smette di logorarsi nell’invidia per tutto quello che non si ha e si pensa di non essere in grado di meritare?
Come si finisce di lasciarsi scivolare i giorni addosso senza che niente cambi perché tu non fai niente per farlo cambiare, perché ti sembra di non riuscirci?
Qualche mese fa ho scritto una lettera su questo forum, raccontavo di una storia finita da ormai due anni ma che ancora mi creava (e mi crea ) dei grattacapi.
Col passare del tempo mi sono sempre più resa conto che l’amore non c’entra niente, che quella persona non mi manca, ma è diventata l’oggetto di un’ossessione, di un confronto.
Guardo la mia vita e mi sembra sempre che manchi qualcosa, che ci sia sempre un motivo per sentirsi insoddisfatti, che io sia cronicamente incapace di ricreami, di andare oltre…
E quel ragazzo è diventato il mio termine di paragone, un paragone che ovviamente mi vede sempre perdente.
Dopo che ci siamo lasciati lui si è ricreato una vita e ha trovato nuovi amici, lui sa quello che vuole fare nella vita, io no…lui sta con un’altra io ho rifiutato qualunque ragazzo mi sia passato davanti perché non era lui, lui è bello e bravo, io una schifezza, lui si laurea ed è una cosa fantastica, dopo un mese mi laureo io e ai miei occhi è una cosa di scarso significato, lui è desiderato e amato io una reietta. Insomma, io vivo così…come una specie di odiosa vittima.
Credo che questo modo di sentire sia il frutto di una mia fantasia mentale, perché so bene che in realtà la mia vita non ha niente di storto, almeno in apparenza…
Esco, lavoro, studio, frequento gli amici, ho degli interessi…cose normali insomma.
Eppure…
Ogni tanto mi sento come investita da un senso di nullità, tutte le prospettive spariscono, tutto diventa tetro.
E non mi viene difficile ricercare le cause di questa situazione: sono figlia di una madre ex alcolista e tuttora depressa e di un padre equilibrato ma totalmente assente e anaffettivo.
Ho passato l’infanzia e l’adolescenza a raccogliere vomito, a tornare a casa la sera con l’angoscia di una scenata, a evitare che i due inconsistenti genitori si massacrassero di botte.
Ho sopperito a tutte le mancanze affettive mangiando…lei beveva e io andavo in pasticceria o al supermercato a cercare pasticcini alla crema, finchè a 16 anni pesavo quasi cento kg.
Poi le cose si sono messe bene, si sono separati, lei ha perso il vizio e io ho perso 40 kg.
Ho pensato che tutto si fosse sistemato, che dovevo essere fiera di me perché ne ero uscita senza un graffio emotivo.
E per qualche anno l’ho pensata così…
Finchè non è arrivato lui, il ragazzo di cui parlavo. Si sa che a volte relazioni intense sono capaci di tirar fuori fantasmi vecchi di anni, rivivono e tu non capisci più bene dove sia il problema, lui o la mamma?
Sono stata per due anni con questo ragazzo che era tutto tranne che perfetto…stava con me e anche con un’altra ragazza, solo che lei era ignara della condivisione mentre io accettavo tutto…le briciole piuttosto che il nulla.finchè poi non mi sono rotta le balle (dopo due anni) e l’ho lasciato…dopo un mese lui ha lasciato la “rivale” e si è messo con un’altra, con cui sta tuttora.
Ebbene sì, il ragazzo che vedo tanto perfetto è lui.
E no…non sono pazza!
Sembrerà un’incoerenza mostruosa, anche per il mio sguardo razionale lo è; ma non so cosa mi sia successo.
Sono passati due anni dalla fine di quella storia eppure ancora oggi mi ritrovo qui a pensarlo, in certi giorni ossessivamente…mi chiedo cosa fa, se è felice,se ogni tanto mi pensa, soffro perché non ha più bisogno di me, soffro perché non so come ma l’ho idealizzato tanto da farlo sembrare perfetto. Forse perché nonostante quelle briciole che mi dava, nonostante non abbia battuto ciglio quando me ne sono andata…solo con lui sono stata felice, felice davvero seppur in pochi sporadici momenti.
Ci ho messo un sacco di tempo per capire che forse il mio modo di amare e farmi amare in un modo così poco appagante e disfunzionale avesse a che fare con il mio recente passato.
Mi sono resa conto che tanti dei meccanismi che ho messo in moto con lui sono gli stessi che attuavo con mia mamma: volevo salvare lei dall’alcolismo, volevo salvare lui dalla sua poligamia, volevo aiutarlo ad elaborare la morte di suo padre, cosa che lui evitava accuratamente.
Insomma, sono nel pieno di una sindrome da crocerossina, voglio salvare tutti dai loro drammi, in modo che loro abbiano bisogno di me e così mi ameranno…perché questo è l’unico modo che conosco per farmi amare, perché è l’unico modo che ho conosciuto.
Inevitabilmente ho fallito, perché nessuno cambia se glielo chiedi, meno ancora se lo pressi…
E potrei continuare l’elenco…senza neanche rendermene conto mi sono col tempo circondata di amici problematici, la bulimica, l’orfana, il gay che non si accetta, nella mia rete di amicizie c’è un vasto campionario di persone problematiche che forse ho avvicinato con lo stesso intento: salvarle.

Direi che da tutti gli anni passati derivino questi crolli di autostima, questi momenti di nero assoluto che mi prendono così spesso, momenti in cui mi sembra di non essere capace di risolvere niente, di non essere in grado di dare alla mia vita un impulso diverso, più sano, momenti in cui sembra che a nessuno importi niente di me,momenti in cui l’unica cosa che so fare è aprire le danze a un confronto deleterio con il resto del mondo e soprattutto con lui…e da lì parte l’ossessione, l’eterno confronto tra la sua vita splendida e il mio grigiore esistenziale.

Quando parlo di tutto questo con le persone che ho intorno mi guardano allibite, passo per una che si lamenta con la bocca piena perché ai loro occhi ho una vita assolutamente normale e questi miei lamenti non si giustificano se non con il frignare vittimistico di una che non sa a cos’altro pensare…in fondo a una prima occhiata è così, non mi manca niente…le ferite mica si vedono.

Sì, questo è solo uno sfogo…peraltro un po’ lungo e palloso, ma mi chiedevo…come si guarisce dalle malattie della volontà?non voglio passare il resto della vita a piangermi addosso, a far sfumare ogni occasione di serenità e perdermi in un passato che ormai è finito.
Mi sento responsabile per quello che mi succede, per il mio modo di vedere me e il mondo, so di essere la vittima del mio stesso crimine, so che piangersi addosso non cambia le cose, al massimo le peggiora, so che dipende da me ottenere altro e meglio per me stessa. Non vedo altri responsabili, nessuno mi salverà se non io.
Ma come si fa a lavorare così in profondità? A distruggere modi di vedere talmente inculcati e così abiutati alla distruzione e al disvalore?
Si può?perchè magari domani mi sveglierò e starò superficialmente bene, uscirò a bere una birra con gli amici ed eviterò di pensarci…come spesso capita. Ma poi dovrò fare i conti con me stessa e e il vedere che questi crolli ciclicamente ( e frequentemente) ritornano mi sta facendo perdere un po’ le speranze.

Lettera pubblicata il 11 Aprile 2012. L'autore ha condiviso 2 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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Categorie: - Me stesso

La lettera ha ricevuto finora 3 commenti

  1. 1
    Uno -

    Volevo solo dirti che mi sento come te…

  2. 2
    Andrea -

    Ciao sonoio, la condizione di valer troppo poco in effetti è rognosa e difficile da eliminare e soprattutto crea problemi quando si incontra gente convinta invece di valere troppo.
    Non c’è niente di male nell’essere persone profonde (come sei tu), tuttavia bisogna stare attenti a non eccedere diventando “pesanti”.
    In questa fase della tua vita molto probabilmente lo sei e non c’è nulla di peggio nel costruire rapporti personali dell’essere persone pesanti. Tali persone vengono prese in considerazione appunto solo dal punto di vista della lamentela..le si cerca quando si è giù di morale, quando ci si vuole sfogare per poi dimenticarle quando ci si sente meglio. Tu stai ricoprendo quel ruolo, diventi un ricettacolo di problemi e lagnanze, tutto ciò non fa altro che imprigionarti nella persona che sei ora ma che ti è scomodo essere. Ci sono anche altri modi per sentirsi importanti, ci sono persone sempre di buon umore che vengono cercate per quello che trasmettono, altre che diventano delle trascinatrici..diciamo che tu hai scelto il modo peggiore per te stessa.
    Per quanto riguarda il lato sentimentale..non c’è niente di peggio dell’essere la crocerossina di turno (che poi obiettivamente quale uomo vorrebbe essere salvato dalla poligamia?!). Piuttosto se lo ammiri così tanto ci sarà un motivo..forse lui fa cose che tu inconsciamente vorresti fare ma che non hai il coraggio di fare, sei attratta da come lui sa vivere la propria vita.
    Inizia con l’essere più leggera, stacca un pò il cervello e il resto verrà da se..

  3. 3
    Farfalla_rossa -

    Ciao! Come dice anche Andrea qua sopra, stai diventando un ricettacolo di problemi altrui. Chi non vorebbe essere ammirato e amato dalle persone intorno a sè? Anche se odia la gente, vorebbe qualcuno accanto che la pensasse come lui. Ma quello che stai facendo tu non è amore, quello sano, quello costruttivo, dove tutti e due sono a parità perchè vivono nel rispetto e nel piacere di condividere certe cose. Ti stai mettendo come sgabello per alzare gli altri, ma tu? Anche tu sei alla parità degli altri, anche se dici che sei “una schifezza”, che non sai cosa vuoi nella vita. Vai su Google e fai una ricerca di quante sono le lamentele di questo tipo. Credimi, anche quelli che tu metti su un piedestallo hanno difetti, nascosti o meno, non siamo mica dei! E si può sempre migliorare, metti in ordine i tuoi ideali e procedi a piccoli passi, anche se vorresti tutto già risolto in poco tempo. Sei davvero sicura che lui passi tutto “alla grande”? che nonostante tutto lui non abbia insicurezze, che non abbia qualcuno, come te, che ammira e a cui si senta inferiore? Non credo che tu possa conoscerlo così bene, nemmeno in una vita. Hai mancanze affettive e questo può spingerti a “elemosinare” affetto perchè piena di insicurezze, ma attaccarti troppo a una persona, prima di accettare se stessi, complica ulteriormente le cose. Come un muro dove i mattoni alla base sono instabili e cerchi di metterne altri sopra: il muro cade. Dici di aver accettato le sue “briciole” perchè sei stata (a volte) felice con lui, che questo era meglio che niente, e adesso arrivi a idolatrizzarlo…ma come? Per cosa? Per aver avuto pietà di tè?? Ma per favore. Poteva lasciarti in pace piuttosto che prendersi gioco di te, perchè non merita farti questo nemmeno se sei un cesso. Anche un handicappato ha diritto di avere dignità, per cui per favore smetti di abbassarti così! Sopratutto non permetterti di fare gli stessi errori. Gli amici problematici potranno anche trovare in te un’amica con cui parlare nel bisogno, ma ricordati, ognuno ha problemi e sono suoi, non tuoi. Già ti bastano e avanzano i tuoi. Non serve parlare a chi non ti conosce, è solo tempo perso. Piuttosto ti consiglierei uno psicologo, che sa trovare i “mattoni rotti” e aiutarti a scavare nel tuo inconscio e a ricostruirti. Un abbraccio!

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