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Il dramma di non trovare uno straccio di lavoro

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Lettera pubblicata il 29 Giugno 2011. L'autore ha condiviso 3 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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La lettera ha ricevuto finora 75 commenti

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  1. 71
    Clarissa -

    Ciao Anonymamente, non sono certa di aver capito bene, correggimi tu se sbaglio: stai forse dicendo che gli onesti, per fare un esempio, o i poveri, o gli oppressi, o gli sfruttati, o gli svantaggiati socialmente ecc., che sono friulani, o siciliani, o laziali, o calabresi ecc., al di là di differenze culturali, ambientali, storiche, climatiche, o anche semplicemente caratteriali ecc., non sono poi così diversi? 🙂
    Le differenze, in Italia, per quello che ho potuto sperimentare io, sono soprattutto di stato sociale, di appartenenza, di categoria, di classe.
    Su certe “differenze” lavora una certa propaganda, che non offre, in realtà, proposte e soluzioni concrete, ma risposte semplificatissime (sulla realtà, che è complessa, figurarsi quella italiana…) e, giocando su debolezze e timori umani, vuole appunto separare, dividere, indebolire ulteriormente…
    Io ti dico che sono italiana perché appunto voglio fare il contrario: voglio vedere che le differenze siano una ricchezza e voglio che i diritti ci siano per tutti. Se tu, dopo un lungo soggiorno all’estero, devi rientrare in Italia (dopo tanta nostalgia del tuo paese), e per caso devi atterrare in Sicilia anziché in Friuli, tu quando tocchi il suolo sai di essere nel tuo paese. Non solo lo sai perché sai che quella regione fa parte dell’Italia: lo senti. Lo vedi nelle facce, lo ascolti risentendo di nuovo la lingua italiana (non mi risulta che in Sicilia parlino, che so, giapponese, almeno, non ancora…).
    Sempre se non sbaglio, avrai avuto una certa percezione di me, magari, e magari sbagliando di poco, essendo però io un caso abbastanza particolare… Non sono come chi è rimasto sempre al chiuso di una regione, che fosse la Sicilia, o l’Emilia-Romagna, o la Lombardia… Cosa potrebbe capire un ragazzo-trota, per dire, nato e cresciuto in allevamento, di Sicilia, di Calabria, di Campania, ma anche di Lombardia, di Veneto, di Friuli? Di mari, oceani di problemi di lavoro, di montagne di immondizia, di terremoti, di ricostruzioni, di dover trovare di che mangiare e pagare un affitto, studiare, di fabbriche che chiudono, di flessibilità? Tanto lui se ne starà lì, no? Nella sua vaschetta!

  2. 72
    Jonathan -

    Sapete sl lamentarvi….tutti vorrebbero un lavoro da scrivania ma nn sempre e’ possibile! Adattatevi gente

  3. 73
    sara -

    il lavoro è un diritto per legge, che poi non ci sia, è un altro discorso. Le agenzie segnalano alle aziende solo chi vogliono, non dovrebbero però è così. Le aziende pretendono gente già imparata, anche perché non ne hanno più voglia di insegnarlo il lavoro. Una volta era più facile, perché erano disposti a insegnartelo il lavoro, adesso, in alcune aziende rischi il licenziamento solo per aver chiesto. In italia per gli italiani veri non c’è lavoro, è un dato di fatto, bisogna andarsene. Il problema, è che poi ci sono persone come me che non possono permettersi di andare all’estero. Personalmente potendo, me ne sarei già andata.

  4. 74
    M. -

    Sara,

    perché dici che il lavoro è un “diritto per legge”?
    A quale articolo di legge ti riferisci?

  5. 75
    sara -

    La legge italiana, anche attraverso si il codice che la costituzione, sancisce che il lavoro è un diritto di ogni cittadino. Le disposizioni più importanti disposizioni costituzionali sono:
    L’art. 4 sancisce che ” La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
    L’art. 31 La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
    L’art. 35 tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni curandone anche la formazione e l’elevazione professionale.
    L’art. 36 sancisce il diritto del lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
    L’art. 37 estende alla donna gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Il codice civile all’art. 2110 tutela anche il periodo di gravidanza e di puerperio.
    L’art. 38 tutela l’assistenza sociale e le forme di previdenza.
    Il diritto di sciopero è garantito dall’art. 40 ed è regolato dalle leggi.
    L’art. 41 è un crocevia nel quale si incontrano le esigenze del capitale e la sicurezza nel lavoro: l’iniziativa economica privata è libera, ma non può recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. L’art. 2087 del codice civile stabiliva già l’obbligo di sicurezza del datore di lavoro[6].
    L’art. 46 prevede, ai fini dell’elevazione economica e sociale del lavoro, il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende secondo quanto stabilito dalle leggi.
    La Costituzione demanda inoltre la possibilità ai sindacati dei lavorat

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