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Tante relazioni aiutano?

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Qualche tempo fa ho letto, su questo blog, un commento che mi ha fatto pensare. Questo commento ad un certo punto riportava “[…]da una parte la difficoltà che si ha in italia di trovare partner (per motivi cultural-religiosi) produce l’esagerazione dell’importanza che si dà al partner: se all’età di 20 anni uno avesse avuto 50 storie vedrebbe il partner in maniera più realistica, probabilmente se ne sceglierebbe uno più vicino ai suoi gusti (non c’è vera scelta senza varietà di opzioni e grande esperienza) e svilupperebbe un tipo di “amore” diverso, più moderato, realistico e che non contempla l’autodistruzione[…]”.
L’affermazione mi aveva trovato (e mi trova tuttora) abbastanza d’accordo.

Perché scrivo questo? Perché, partendo da questa frase ed avendo conosciuto una persona che ha avuto un po’ di storie, ho elaborato un’idea che mi porta ad una domanda e vorrei chiedere a voi cosa ne pensate.
L’idea che si è formata nella mia mente è che una persona che ha avuto un po’ di storie potrebbe cadere nella trappola dell’avere troppo e quindi non apprezzare niente. E’ così si passa da un eccesso – ogni storia la vivo come se fosse l’ultima poiché ne ho avute poche finora – all’altro – ho avuto così tante storie che ormai le vivo con superficialità -.
Del resto chi non ha mai avuto fame non può capire cosa significa e si concede il lusso di sprecare il cibo. E questo mi porta a domandarmi: ma allora forse aver avuto tante storie non è neanche la soluzione migliore; forse come al solito il giusto sta nel mezzo.
Sicuramente, come affermato nel commento, il troppo permette una gestione migliore della separazione: meno drammi, più realismo.
Però, forse, il troppo porta una certa anestetizzazione, nel senso che tutti pensiamo di essere speciali ed in effetti a modo nostro lo siamo, però questo porta a dire che nessuno lo è.
Mi rendo conto che questa ultima frase è abbastanza forte, però più vado avanti e più mi sembra vera. E così una persona che ha “vissuto” tante persone speciali potrebbe (uso il condizionale) non cogliere più quello che l’altro ha di speciale. O forse proprio per questo lo potrebbe cogliere di più.
Ecco, è questa la domanda che continuo a pormi. Esiste una verità o tutto è rimesso alla sensibilità della persona?

Per cui chiedo a voi che ne pensate? Qualcuno può portare la propria esperienza (specialmente se fa parte della categoria di coloro che hanno avuto tante storie)?

Lettera pubblicata il 26 Ottobre 2016. L'autore ha condiviso 5 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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Categorie: - Relazioni - Riflessioni

La lettera ha ricevuto finora 24 commenti

Pagine: 1 2 3

  1. 1
    Itto Ogami -

    Osserva il tuo corpo… ascolta te stesso…

    sai che cosa sono “i calli” ? Su wikipedia: ” è una forma di ipercheratosi, di aspetto tendenzialmente rotondeggiante, che si sviluppa su una specifica area della cute che tende così a diventare relativamente più spessa e dura in risposta ad uno stimolo meccanico ripetuto, ad esempio a reiterata frizione, pressione o irritazione”.

    Il tuo corpo ti risponde.. usi troppo una parte? Allora per risposta si forma uno strato che ne diminuisce la sensibilità.

    Funziona solo per il corpo? No, anche per la mente. Quando lavori in catena di montaggio, la tua mente calibra alla perfezione i movimenti del corpo perché siano precisi rispetto al lavoro che stai facendo, a tal punto che se cambi lavoro “senti la mancanza” di fare i gesti che facevi prima. E’ come se ti fossi PREFORMATO sulla funzione svolta.

    Funziona anche per i sentimenti ? Se ascolti troppe volte una melodia, poi non ti suscita piu’ le stesse emozioni.

    E avviene anche nella coppia? Certamente sì… ci “abituiamo” all’altra persona e facciamo meno “cerimonie” rispetto a quando siamo “alla conquista” (con grande rammarico delle donne!)

    E sei hai avuto 40 partner ? Semplice… diventi “asettico”. Conosco una persona (donna) che ha questo problema. Quando esce con un nuovo tizio, conosce già tutto quello che dovrebbe avvenire. In pratica niente è piu’ nuovo…

    Fare esperienze aiuta a scegliere il partner ? E’ una bufala, hoax, ripetuta nella società da menti senza libero pensiero.

    Il partner si sceglie. Ed è già perfetto così. Non serve l’esperienza, basta ascoltare se stessi fino in fondo (a volte c’è il richiamo sessuale, e non ascoltiamo VERAMENTE la nostra anima che magari va in direzione opposta).

    Scegliere il partner non è un “lavoro” in cui conta l’esperienza.
    Scegliere il partner è L’ESPERIENZA della nostra vita.

  2. 2
    Golem -

    Anzi come obiettivo ideale, secondo questa innovativa teoria, la perfezione sarebbe quella di non avere NESSUN partner nella vita mentre si aspetta di incontrarlo.
    “Aspettando Godo” insomma.

    (Oltre alla teoria del “callo” ci sarebbe quella opposta che dice che “l’uso potenzia la funzione”. Scegli)

  3. 3
    Nicola -

    Ho avuto diverse storie, non mi sono mai posto il problema se fossero state tante o poche, sicuramente abbastanza per riflettere sulla relatività dei numeri.
    La mia conclusione è stata che 3 ex oppure 33 non fanno alcuna differenza per quanto riguarda la visione realistica della vita di coppia.
    Siamo 7 miliardi sul nostro pianeta e anche a voler escludere il genere che non ci interessa e l’età meno opportuna, di potenziali compagni di vita ne restano diverse centinaia di milioni. Per quanto si possano vagliare i “candidati” non ne verrà fuori alcuna conclusione, non potrà mai essere considerato nemmeno un assaggio.
    E’ più facile pensare che la ricerca della perfezione sia solo una perdita di tempo se non addirittura segno di un disagio interiore.
    Siamo noi gli artefici del cambiamento, solo la nostra flessibilità e la chiarezza di intenti possono aiutarci nel fare la scelta più accettabile, o se si preferisce.. quella meno avventata.

  4. 4
    Rossella -

    Io ti posso dire che ho riscontrato lo stesso atteggiamento di chiusura anche in molti ragazzi che dovrebbero essere prossimi all’ordinazione sacerdotale. Una seriosità, la loro, che capovolge le gerarchie e crea uniformità. Non ho dubitato neanche per un istante della loro vocazione, ma mi seno sentita molto vicina a loro perché ritengo che la struttura della società è cambiata al punto che i novelli sposi non sembrano più vivere tra le nuvole. Loro si specchiano nel mondo e hanno più difficoltà a manifestarsi. Oggigiorno ci sentiamo quasi in dovere di prendere una strada, ma non abbiamo mai la sensazione di aver spiccato il volo. Il sacerdote è un uomo esattamente come tutti gli altri uomini. Quando si entra in seminario la scelta dovrebbe essere vissuta come una conseguenza del fatto che i pesi che ci si portava dietro da una vita sono come svaniti. Si lascia il mondo per modo di dire. Questa frase serve ad oggettivare uno stato d’animo che gli sposi vivono nel reciproco abbandono. “Lascio il mondo” sarebbe l’equivalente di “prendo moglie”. Quando prendo moglie non mi faccio un cruccio (s.) del carattere di mio fratello. Ogni volta che nasce un amore questo si moltiplica perché aumenta la nostra capacità di accettazione di una serie di realtà che vivevamo male perché ci sembravano definitive perché eravamo incapaci di guardare il volto dell’altro. L’amore nasce ma ha anche bisogno di manifestarsi. Crescendo si diventa naturalmente più materialisti, ma l’amore è sempre lì.

  5. 5
    sara -

    La verità è sempre nel mezzo. Poche tende a voler dure inesperiebza tante superficialita’. Ma ci sarebbe da polemizzare. Perché questo viene considerato stereotipo.

  6. 6
    Itto Ogami -

    Risposta a 2 Golem

    Cito: “Anzi come obiettivo ideale, secondo questa innovativa teoria, la perfezione sarebbe quella di non avere NESSUN partner nella vita mentre si aspetta di incontrarlo.”

    Rispondo: Esatto. Non si tratta di cibo da ingurgitare. E nemmeno di oro da accumulare. Si tratta del proprio compagno o compagna. Va scelto tra i molti e tenuto caro per sempre. Questa teoria non è innovativa. E’ vecchia di migliaia di anni.

    Cito: “Oltre alla teoria del “callo” ci sarebbe quella opposta che dice che “l’uso potenzia la funzione”. Scegli”

    Rispondo: Si, verissimo. L’uso potenzia la funzione e diminuisce la sensibilità. Se vuoi realizzare un carro armato è la soluzione giusta, se vuoi amare qualcuno (ma qualcuno sa che cosa vuole dire?) allora è la via sbagliata. Perché in amore non serve essere dei bulldozer, ma molto molto RICETTIVI e SENSIBILI.

  7. 7
    Golem -

    “Perché in amore non serve essere dei bulldozer, ma molto molto RICETTIVI e SENSIBILI.”

    E tu ti senti tale naturalmente.

  8. 8
    gimmy -

    Tante relazioni aiutano sono in esperienza. Solitamente chi millanta la lista delle proprie storie è una persona poco seria e che vuole solo divertirsi, per carità libera di vivere la vita come gli pare, ma ripetere i sentimenti, le stesse frasi fatti ad una maggioranza indefinita di rapporti vissuti, lo vedo un atteggiamento abitudinario e per nulla credibile.

  9. 9
    Itto Ogami -

    Risposta a 7 Golem

    Cito: “Perché in amore non serve essere dei bulldozer, ma molto molto RICETTIVI e SENSIBILI.”. E tu ti senti tale naturalmente.

    Rispondo: Sono tale e mi sento tale. E le donne me ne danno conferma (anche gli uomini talvolta).

  10. 10
    Golem -

    Wow, le donne eh? Ne siamo certi Itto.

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