Roberto Vicarietti e la par condicio dimenticata
(Quando il giornalismo vira in regia)
Nel mondo dell’informazione pubblica, la neutralità dovrebbe essere sacra. Ma chi ha seguito Mattina 24 su Rai News 24 il 2 ottobre ha assistito a un episodio che solleva più di un dubbio sull’imparzialità del conduttore Roberto Vicaretti. Durante il dibattito, Dario Nardella, sindaco di Firenze e figura di riferimento del centrosinistra, ha potuto parlare senza interruzioni, con toni accesi e senza contraddittorio. Il suo intervento è stato gestito con garbo e spazio. Subito dopo, Alessandro Spellanzon, esponente di Fratelli d’Italia, ha iniziato a esporre la sua posizione, ma è stato interrotto bruscamente da Vicaretti, che ha cambiato argomento con una rapidità che ha lasciato perplessi. Non si tratta solo di tempi televisivi. È il taglio delle domande che rivela una regia editoriale tutt’altro che neutra. Vicaretti pone quesiti che sembrano già contenere la risposta, spesso orientati a criticare il governo o a sottolineare presunti fallimenti della destra. Non è giornalismo d’inchiesta, ma giornalismo orientato, dove il conduttore non facilita il confronto: lo dirige. La Rai è finanziata da tutti i cittadini, indipendentemente dal loro orientamento politico. Eppure, episodi come quello del 2 ottobre sembrano confermare una deriva editoriale che favorisce una narrazione monocorde, dove il contraddittorio è un fastidio e la pluralità un ostacolo. Vicaretti, con il suo stile apparentemente sobrio, si rivela spesso più incisivo nel silenziare che nel moderare. La differenza tra un giornalista e un opinionista è sottile, ma fondamentale. Il primo facilita il confronto, il secondo lo orienta. E quando il conduttore di un programma pubblico sembra indossare la casacca di una parte politica, la fiducia del pubblico vacilla. Non basta citare le fonti o leggere i titoli dei giornali: serve equilibrio, ascolto e rispetto dei tempi.