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Mascherine e dintorni

Mi domando perché, sul discorso COVID19, dobbiamo sempre e comunque “schierarci”, accodandoci alle considerazioni più o meno serie di questo o quello, ancora prima di aver fatto qualche riflessione propria. Perché si deve sempre e comunque giudicare i provvedimenti “per partito preso”? Perché siamo “pro Zangrillo, Bassetti, Gismondo” o pro “Galli, Pregliasco o Crisanti”? E forse dovremmo anche chiederci: ma un virologo sostiene ciò che la competenza e l’esperienza professionale gli suggeriscono, magari modificando nel tempo le proprie opinioni man mano che nuove evidenze lo rendono opportuno, oppure spesso dice quello che gli suggerisce il colore politico, anche se non manifesto? E se un minimo di dubbio ci viene, perché non iniziamo semplicemente a ragionare di fatti oggettivi, senza aver deciso “a priori” la nostra posizione e poi voler andare d’accordo con quello che più si avvicina a ciò che vogliamo sentirci dire?
Perché, se sin dall’inizio TUTTI ci hanno detto che le UNICHE due armi veramente efficaci che avevamo erano “MASCHERINA e DISTANZIAMENTO”, non decidiamo, una volta per tutte, di farla finita con le continue lamentele e, invece, ci rassegniamo ad usarle seriamente, considerandole il minore dei mali? Intendo dire “farlo e basta”, senza continui mugugni o proteste e, soprattutto, farlo “veramente” (che vuol dire, ad esempio, non portare la mascherina sotto la bocca, solo per far vedere che la si porta, ma usarla per il motivo per cui ci viene detto di usarla, che è proteggere sé stessi e gli altri dalle famigerate goccioline)! Si dice: la mascherina è scomoda, rende più difficili le relazioni sociali, ecc.: ma davvero questo “enorme sacrificio” è talmente enorme da non poter essere sopportato in virtù di un bene comune che, in un paese normale, dovrebbe essere un interesse superiore? E soprattutto sapendo che farlo tutti per un po’ è meglio che farlo in meno, ma per molto più tempo?

Se avessimo davvero seguito quelle che prima erano “regole” (e, come tali, seguite un po’ di più) e poi diventate “raccomandazioni” (e, come tali, sostanzialmente ignorate), oggi non saremmo al punto dove siamo.

Si discute tanto di cosa non ha funzionato, in termini di azioni, o mancate azioni, da parte del Governo, delle Regioni, di questo o quel soggetto (OMS, ISS, ecc.).

Possibile però che non si riesca a capire che le prime azioni insufficienti e spesso scorrette sono state le nostre? E se qualcuno ce lo ricorda non con il tono benevolo di un genitore, ma con un piglio più perentorio (e, quindi, fastidioso da recepire) tipico di un “avversario”, quel qualcuno viene automaticamente inserito nella nostra personale “lista nera”. Il che, altra aberrazione, finisce per influenzare anche i decisori (in primis, i politici), i quali prima di prendere decisioni “giuste”, cercano di “sondarne gli effetti”, preferendo farlo non quando sarebbe giusto prenderle, ma quando l’evidenza ormai le giustifica anche ai più, cioè troppo tardi.
Prendiamo il famigerato “lockdown”: ne abbiamo viste e sentite, in proposito, di tutti i colori… Nella prima fase abbiamo, tutti, reagito troppo tardi, ma in quel caso avevamo, tutti, un alibi vero, ovvero che eravamo, tutti, impreparati. L’aver preso in ritardo certe misure ci ha sicuramente fatto pagar pegno sia in termini di vite umane (causa l’eccessiva ampiezza del contagio e l’effetto da ciò generato non solo sui malati di COVID, ma anche su tutti gli “altri”: ma davvero il morire per le cosiddette “comorbità” è meno grave che morire per il COVID in quanto tale?), sia in termini di ricadute economiche negative (per il lungo periodo imposto a tutti, per non essersela sentita di chiudere in maniera più selettiva, ecc.).

Io non sono affatto un “aficionado” di questo Governo, per cui lungi da me il volerne minimizzare errori a volte oggettivi (ma spesso palesatisi tali soprattutto con il classico “senno del poi”). Però sono convinto che, indipendentemente dal colore di chi è preposto a prendere certe decisioni, ciò sia un compito molto difficile, che a fronte di scenari nuovi come quello in questione, può essere messo a punto solo progressivamente, correggendo via via gli inevitabili errori, con la collaborazione fattiva di tutti: perché quando è in atto una guerra (e, benintesi, di questo si tratta!), si dovrebbe limitare la critica fine a sé stessa, e sostituirla con una critica costruttiva, accompagnata dal comportarsi correttamente, ciascuno per quanto di propria competenza o possibilità. Davvero ciascuno di noi avrebbe saputo gestire le cose molto meglio, magari applicando i suggerimenti di quei tanti che si potevano permettere di “sentenziare”, stando tranquillamente seduti su una poltrona e, magari, senza aver neppure le competenze per cogliere veramente gli effetti di questo o quel provvedimento o suggerimento?

Il risultato è stato che già sul primo “lockdown” varato dal Governo si è assistito a “siparietti” indecenti, da un lato da parte dei “denigratori di professione” (prima perché si tardava ad attuarlo, poi per come è stato attuato, poi per la durata), e dall’altro da parte dei “sostenitori di professione”, che si riempivano la bocca con locuzioni tipo “modello Italia che il mondo ci stava copiando”, ecc. ecc.
Sia come sia, gli effetti positivi per fortuna ci sono stati: parziali? Inferiori alle attese? Accompagnati da troppi effetti collaterali? Comunque gli effetti ci sono stati! E nessuno degli altri paesi sembra, al momento, poter dire di aver fatto molto meglio.

A quel punto? Tutto dimenticato! Tutto come se i 4 mesi da Marzo a Giugno non fossero mai esistiti.

Non abbiamo usato i mesi da Luglio a Settembre per fare le cose che avremmo dovuto fare: Ignavia? Sì… Incompetenza? Forse… Ma un altro motivo (forse il più rilevante) è perché chi, anche se fonte autorevole, parlava di forte pericolo di “seconda ondata” veniva additato come “iettatore”, “catastrofista”, “terrorista”. E qui, francamente, mi verrebbe da chiedere di alzare la mano a chi pensa di essere esente da critiche, in termini non solo di cosa avrebbe fatto, ma di ciò che pensava allora o che pensa ora!
Chi doveva applicare certe direttive (es.: potenziare il sistema di tracciamento, potenziare le strutture a suo supporto, potenziare le infrastrutture che avrebbero dovuto supportare una EVENTUALE seconda ondata) non l’ha fatto, un po’ per incapacità, e un po’ per il discorso già fatto, ovvero per il voler prendere le decisioni opportune, ma magar impopolari, solo quando l’evidenza lo giustifica, ovvero quando ormai è tardi. Ma dall’altra parte? Per mesi siamo stati invitati, da tale “fazione”, a “liberarci dalle catene”, non usare le mascherine, non rinunciare neppure ad una parte dei classici “svaghi e divertimenti estivi”, ecc., in nome del diritto di ignorare il presunto terrorismo psicologico attuato da chi apparentemente voleva usare l’argomento COVID per nascondere chissà cos’altro, ecc.: salvo, oggi, salire sul facile carro dei vincitori per ricordare a tutti ciò che andava fatto e non è stato fatto (ma spesso sono gli stessi che, se quelle cose fossero state fatte, sarebbero stati pronti a conteggiarne i costi e bollarli come inutili, inappropriati: e nessuno avrebbe potuto contraddirli, se la seconda ondata non ci fosse stata…).

Oggi si sta pensando ad un nuovo lockdown generalizzato, e siamo di nuovo allo stesso siparietto: se lo si vara, guai ad aver “affossato definitivamente l’Italia”, se lo si ritarda, “sciagurati indecisionisti”! Per fortuna, ci stanno salvando gli altri paesi: se lo fa non più l’Irlanda (evidentemente più “cacasotto” di noi) o la Francia, con cui ci sentiamo sempre in competizione e in dovere di fare qualcosa di diverso, ma lo fa, a modo suo, anche l’odiatissima Germania (che, nonostante ci scoccia assai, siamo costretti a considerare come più efficiente di noi), allora la nostra (tardiva) decisione sarà meno criticabile, più sostenibile.
Nessuno però si sofferma a considerare quanto la portata del provvedimento, quale esso sia, è in realtà correlata alla maggiore o minore correttezza e saggezza del comportamento dei singoli. Il tanto sbandierato “modello Svezia” (l’unica che non ha mai “chiuso”: il che, peraltro, è vero solo in parte) sta “funzionicchiando” per un semplice motivo: per il comportamento “migliore” di cittadini e istituzioni, a prescindere da cosa e quanto si sia deciso di chiudere (senza contare le implicazioni di certe scelte sanitarie di fondo, relative al livello di maggiore o minore tutela, o se vogliamo maggiore o minore cinismo, verso determinate categorie “meno forti”).

E se davvero un nuovo (e forse tardivo) lockdown dovese essere necessario, è evidente che lo Stato sarà, di nuovo, costretto a sopperire (ad esempio, con i cosiddetti “ristori”), per quanto può (cioè poco, comunque in misura insufficiente), agli effetti che ciò comporterà sulla nostra economia e, come indiretta ricaduta della accresciuta povertà, sulla vita di tutti noi. Ma è possibile che non ci sia nessuno che sappia usare un foglio di calcolo con cui dimostrare l’ovvio, e cioè che è molto più sostenibile una misura singolarmente più corposa, ma più contenuta in termini di raggio dei destinatari e di durata dei provvedimenti, se varata per tempo? Prendere un provvedimento di limitazione “al momento giusto”, limitando quindi il contagio quando il trend è “evidente, ma all’inizio”, potrebbe (ma forse dovremmo già dire “poteva”…) consentire appunto di contenerne ampiezza e durata, e con ciò potrebbe (poteva?) consentire di dare di più a ciascuno. Dato che le risorse disponibili (o reperibili) sono sempre le stesse, se quello stesso provvedimento lo si prende “a buoi scappati dalla stalla”, lo sforzo di contenimento diventa molto meno efficace, perché a parità di cifre globali, si è costretti intanto a dover spendere di più per “altro” rispetto ai ristori, e soprattutto a dare “molto meno a molti di più e per più tempo” (data la maggior durata del lockdown). Ma questo avrebbe significato agire con la logica del fare “ciò che serve”, e non “ciò che può essere giudicato accettabile”: quindi, da noi praticamente impossibile, o addirittura improponibile… Il motivo? Perché non credo affatto che chi, ai vari livelli, ci governa sia davvero un insieme di sciocchi non in grado di fare considerazioni analoghe: molto più semplicemente (e tristemente!), credo che siano solo “attenti ai sondaggi”, a fronte di un “umore popolare” storicamente troppo superficiale e mutevole.

Davvero è così difficile, ormai, dare messaggi corretti e, soprattutto, riuscire a farli capire in modo corretto, senza stare attenti solo agli impatti in termini di popolarità? Davvero non si può uscire da questa assurda logica di “pro e contro”, di “negazionisti” e “pessimisti”, di “incoscienti” e “esagerati”?

Chiudo con le stesse riflessioni dell’inizio: ma non sarebbe molto meglio per tutti se, anziché pensare sempre al comportamento degli altri (ad iniziare da chi ci governa), iniziassimo, per una volta, a pensare al nostro, di comportamento, cercando di fare semplicemente ciò che ci appare “davvero giusto”, possibilmente avendolo ben valutato dopo aver sgombrato la mente dai tanti pregiudizi che, senza neanche rendercene conto, finiscono per inculcarci?
Magari basterebbe iniziare al momento di applicare le regole, pensando, per una volta, che possono davvero avere degli effetti positivi, per tutti (noi compresi). Se io non parcheggio entro le strisce riservate ai disabili, lo faccio solo per non prendere una multa salata, o perché penso che, se fossi un disabile, vorrei poter usufruire di tale parcheggio senza dover sperare nell’altrui correttezza? Se faccio l’assicurazione della mia auto, lo faccio solo perché è obbligatoria, o perché penso che, in caso di incidente, la cosa è di aiuto per tutti?
E allora la riflessione è: se porto la mascherina e rispetto le distanze, lo faccio solo perché altrimenti, se mi “beccano”, adesso sono guai, oppure perché ho finalmente capito che quando mediamente molti (meglio se fosse “tutti”) la portano, i contagi scendono drasticamente (basterebbe verificare la molto più bassa incidenza del contagio, rispetto alla media, laddove ciò è imposto per motivi professionali), e che è anche e soprattutto così che scongiuro il perdurare di quelle restrizioni di libertà che considero tanto indigeste?

P.S.: Possibile che, in questo come in tanti/troppi altri casi, per “sentirci Italiani” e, soprattutto, per “ESSERE Italiani” (cioè: potenzialmente migliori di tanti altri popoli), dobbiamo sempre e comunque toccare il fondo? Mah!

Lettera pubblicata il 31 Ottobre 2020. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Categorie: - Cittadini - Politica - Salute

La lettera ha ricevuto finora 3 commenti

  1. 1
    Yog -

    Cerniera, mettiti la mascherina e tira la lampo. Non è che perché hai scritto un poema più lungo della Gerusalemme Liberata ci commoviamo fino alle lacrime e, mortificando la nostra carne, ci flagelliamo.
    Tu mettiti la mascherina FFP2 con valvola e boccaglio, bada a te e lascia che gli altri badino a loro stessi, ognun per sè e Iddio per tutti.
    Disinfettare la gola con ampie e prolungate boccate di narda, tirate voluttuosamente a canna, allunga la vita, altro che mascherine.

  2. 2
    white knight -

    Mah non fa una piega…
    Il problema è che mancano punti di riferimento per noi popolani ignoranti in materia. Anche questi virologi/scienziati ecc… dicono tutto e il contrario di tutto, talvolta per interessi personali/politici, talvolta per vera e propria incompetenza. Ci sta che non siano d’accordo al 100% tra di loro, e che ci sia un certo margine di scostamento tra le diverse teorie scientifiche. Ma che un virologo dica “bianco” e l’altro “nero” qesto no. Cioè stiamo parlando di medicina, una “hard science”, di cose fisiche, che dovrebbero dare risultati certi o per lo meno monodirezionali. Se accosto una fiamma ad una tanica di benzina questa prenderà sempre fuoco. Non è che a volte può NON prendere fuoco. La verità è che la scienza in generale (e la medicina in particolare) hanno fallito al pari della religione. Poichè la scienza al pari della religione si è istituzionalizzata, politicizzata, ideologizzata, “salottizzata” e “talk-showizzata”.

  3. 3
    Bottex -

    Sul fatto che per contenere i contagi occorrano la collaborazione e il senso di responsabilità di tutti è indubbio, così come è indiscutibile che in Italia spesso si seguano le norme non tanto per prevenire i danni, ma piuttosto per non incorrere in sanzioni.
    Ma purtroppo è vero anche che gli ultimi mesi sono stati sfruttati malissimo, perché al di là della confusione e delle notizie contrastanti, era praticamente certo che una seconda ondata ci sarebbe stata. Si è invece temporeggiato e ci si è concentrati su cose secondarie (es. le classi) ignorandone altre (vedi i trasporti) e quando il virus si è rifatto vivo, anziché aumentare prescrizioni e controlli mantenendo QUALSIASI attività aperta, si è pensato subito a nuove chiusure.
    Adesso per concludere, ci vogliono imporre un nuovo lockdown, senza pensare ai disastrosi effetti che avrà sulla nostra economia, che era già in m###a prima ancora del Covid (così come è stata dal 2008 in poi). Speriamo si muovano le Regioni, come a maggio.

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