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Un fratello, un grande Uomo

Vorrei parlarvi di un Uomo che ieri sera mi ha emozionata. Un uomo che non è solo un fratello, un uomo che ha amato e tutt’oggi ama con tutto se stesso, ma un Uomo degno di essere considerato tale e un cittadino cosciente.
È un uomo che soffre e che nonostante questo, dopo un periodo di crisi, continua a credere nei valori, nei diritti e nei doveri.
Lui si chiama Salvatore e il suo cognome è Borsellino, fratello dell’eroe Paolo, quell’eroe che oggi a scuola ti accennano vagamente ma che si conoscere essere vittima di un sistema malato, corrotto, un sistema dove Stato e criminalità sono compagni di merende.
Mi aspettavo una sala gremita di gente, mi dicevo “chi non ha mai sentito parlare di questa strage? meglio partire da casa un’oretta prima”. Invece, quattro gatti. Ho capito che davvero stiamo precipitando in un oblio polveroso.

È partito il filmato della strage del 19 luglio ’92. Il pubblico non fiatava, è calato un silenzio straziante, e in quei secondi osservavo Salvatore: non aveva il coraggio di guardare, gli occhi si erano inumiditi e quando ha iniziato a raccontare tracce di dolore inrauchivano il timbro della voce.
“Se si andrà avanti di questi passi mio fratello è morto invano”. Possiamo noi, popolo italiano, permettere che Paolo Borsellino, simbolo di un’opposizione sana, dell’ideale della libertà come bandiera, emblema del futuro, forza dei giovani nonché uomini di domani sia morto invano? Per noi! Perché voleva un Paese migliore, pulito, fresco, profumato di libertà, quella libertà che oggi è solo di superficie e apparenza.
“Una volta era la speranza a spingermi a parlare alla gente, oggi è la rabbia”. Una rabbia che si rivelava dai pugni che si stringevano, dalle nocche che colpivano con forza anche se silenziosamente il tavolo, quella dignità di un uomo valoroso indignato di fronte al marcio diventato abitudine.
“Paolo sapeva a cosa andava incontro, sapeva e mia mamma e sua moglie raccontano che negli ultimo giorni continuava a ripetere “devo fare in fretta”; perché Paolo sapeva a cosa andava incontro, lo sapeva e negava le carezze ai suoi figli facendo finta di illudersi che avrebbero sofferto un pochino meno”. Permettetemi di essere senza parole. Permettetemi di scrollarmi dal mio torpore, e capire che siamo una grande vergogna. Permettiamo tutto questo, lo accettiamo perché chi tace acconsente. Vogliamo davvero diventare complici di criminali?
Vogliamo davvero che il Governo sia guidato da un tizio sospettato di aver fatto affari con mafiosi non solo finanziari ma co-organizzatore di queste “stragi di stato”? “Paolo diceva sempre che se un politico sospettato viene assolto, ciò non significa che sia onesto, significa che non sono riusciti a trovare le prove per incriminarlo”. E noi, sia crediamo o meno nei rapporti di Berlusconi con la mafia, come possiamo NEL DUBBIO continuare a tenerlo in carica? Come possiamo accettare questo? Suvvia, non parlatemi di fede cieca, perché sarebbe anche sorda, muta, ignorante.

Attualmente si sta muovendo qualcosa, ci sono magistrati che stanno portando avanti “ad un passo dalla verità” le indagini che permetterebbero di capire chi abbia fatto sparire l’agenda rossa di Borsellino e cosa contenesse perché “qualche volta si conoscono gli esecutori, mai i mandanti”.
E questi magistrati stanno ogni ora, ogni secondo, in questo preciso momento RISCHIANDO LA VITA in nome di ciò in cui credono, per me, per te che stai leggendo, per i tuoi cari. Potrebbero fare la fine di Paolo o Giovanni in qualsiasi momento.
Alcuni ragazzi si sono uniti per fare scudo umano al fine di proteggere la nostra ultima chance di non uccidere il nostro diritto di conoscenza, di informazione. Allora, basta, è ora di reagire.
Per quanto mi riguarda al momento mi sono iscritta al “movimento delle agende rosse”, sperando che qualcuno voglia unirsi a me e agli altri: http://www.19luglio1992.com/ .Se siete interessati (e spero che per una volta il qualunquismo non vi sovrasti) , iscrivetevi, vi manderanno un’e-mail di ringraziamento e voi rispondete con una presentazione di chi siete e dove vivete: vi indicheranno i responsabili della vostra zona, per fare finalmente qualcosa di concreto, per unirsi in manifestazioni, incontri e progetti. Perché è l’unione a fare la forza.
“Io non ci credo più nella Resistenza, perché ormai è troppo poco, io credo nella Rivoluzione”… affinché si possa adempiere al grande sogno di Paolo, glielo dobbiamo: un’Italia libera dove valga davvero “la legge è uguale per tutti”, dove la Costituzione continua ad essere la legge delle leggi, inviolabile, dove la vera democrazia trionfa e il popolo non è gregge ma cittadini pensanti, agenti, critici, con maggioranza e opposizione, capace di mettersi in un tavolino e discutere.
Vi prego, cari miei giovani coetanei, pensateci. Io bramo “il profumo della libertà” e voglio cancellare dal mio domani “il puzzo del compromesso morale”.
Dobbiamo davvero trovare insieme il coraggio di cambiare le cose, partendo dall’istruzione, imponendo qualche ora di diritto nelle scuole. Perché non essere analfabeti non significa solo saper leggere e scrivere.
Ve ne prego, è un appello prevedendo il peggio, pensateci.

Lettera pubblicata il 18 Settembre 2010. L'autore ha condiviso 2 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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Categorie: - Politica

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