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Disperazione

Trovi il testo della lettera a pagina 1.
Lettera pubblicata il 14 Novembre 2008. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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La lettera ha ricevuto finora 91 commenti

Pagine: 1 7 8 9 10

  1. 81
    LUNA -

    @anche se il campo è minato e difficile e spesso chi lo percorre è già ferito …in questo trovarsi si ‘apprende’, si impara moltissimo … è impossibile, altrimenti, spostare la propria esperienza individuale al piano collettivo, a identificare codici, schemi e poi a riportarli nella realtà individuale di altre persone per aiutarle…

    Lo sai che mi trovi assolutamente d’accordo 🙂 😉 nel mio piccolo, per quello che posso, anche per questo sono qui. E altrove.

    e peraltro, per come sono fatta, il non avere – io – una laurea specifica, ma un’altra, non averne una che si possa specializzare in tal senso mi pare spesso un limite… un limite alla mia voglia di poter fare di più, in modo mirato, intendo. in modo pratico. Anche se vedo che comunque quel che si può fare serve, a qualcosa serve, anche la goccia nel mare. Quando qualcosa si muove si muove, anche se di un millimetro. E ciò rincuora la mia visione “collettiva” dell’individualità.

    bacini 😀

  2. 82
    fl53 -

    … ma pensa che a me pareva tu fossi *proprio* laureata nel settore!
    … ed in qualche modo lo si è, quando all’esperienza diretta vissuta ‘sul campo’, si aggiunge l’impegno nell’informarsi, leggere, capire, e il tutto oltre a portare una nuova vita per sé si traduce in bene verso gli altri 🙂
    … e mi pare che qui tu ne stia facendo moltissimo, certo più che una goccia nel mare…. direi che è come il famoso battito d’ali della farfalla!
    Anche io come te avverto ogni tanto quel senso di limitatezza. Eppure, i professionisti hanno limiti ancor maggiori: devono, appunto, essere professionali. Per quanta empatia ci mettano, sulla scrivania ticchetta l’orologio (ed il tassametro): il tempo è limitato, il costo elevato. Non c’è disponibilità oltre i totminuti, il rapporto diretto è intermittente. Il che è un bene: bisogna distinguere tra il medico e la cura. Il tuo ‘esserci’ fuori dallo studio, prima o dopo lo psicologo (‘prima’ anche inteso come periodo di scelta per iniziare ad andarci) serve da zattera, da dimostrazione reale e concreta di ciò che nello studio è impostato in teoria. Senza contare l’aiuto decisivo che la tua presenza può essere per chi dallo psicologo non va. Il tuo esserci senza tassametro, a tutte le ore, fa da zattera a chi annaspa, fa da eco a chi sta facendo il difficile percorso del ri-conoscere se stesso per riprendersi la sua vita … è il lavoro di un amico, che ama l’altro per quello che è …

  3. 83
    LUNA -

    Esistono mille tipi di terapia. Alcuni li conosco, altri no.
    Per esempio ho visto con i miei occhi i grandi effetti dell’arte intesa come terapia, libera e al contempo indirizzata, a cui ho partecipato attivamente, portando quello che potevo, che avevo assimilato in altri contesti, non terapeutici ma artistici (esperienza meravigliosa!).
    L’arte-terapia è però una cosa seria, che non si improvvisa.
    Intendo dire che al contempo mi sono venuti i brividi quando ho visto persone che facevano arte, quella potevano insegnare, seminare arte che poi dentro poteva far nascere in ciascuno sue domande, sue risposte, suoi effetti, cosa di per sè stupenda, mettersi invece il cappello dello psicologo senza avere idea di cosa stavano facendo nel momento in cui aprivano una porta. Troppo personale, troppo chiusa. Senza avere idea di come si richiude.
    Non avere rispetto.
    Io ne sapevo un po’ da capire la differenza.
    Ma mi sono venuti i brividi perché, chi non sa la differenza poteva stare male da morire sentendosi dire:
    “tu scappi da questa cosa perché in realtà questo e quello”.
    Mi sono alzata in piedi e ho detto: scusa, con tutto il rispetto, ma tu che ne sai? A che titolo parli?

    mentre mi sono commossa vedendo persone sbuffare e poi invece essere completamente rapite da un processo artistico, anche minimale, di cui facevano parte.
    Vedere persone che stavano in ultima fila e parlavano con la vocina, andare – quando se la sentivano – davanti a tutti, leggere, parlare con una voce piena per ascoltarsi meglio e per farsi sentire fino in fondo alla sala.
    E penso che ciascuno di noi, anche se fa arte solo per se stesso, intesa come processo creativo di qualsiasi tipo (che sia pure cantare sotto la doccia, cucire, fare un disegno, ma ognuno sa il suo, sente il suo) senza giudizio, senza fine, in quel momento può starsene con sè in un modo libero ed espressivo.
    Scusa, ho divagato 😉
    volevo dire che esistono appunto moltissimi approcci terapeutici, e quando sono seri

  4. 84
    LUNA -

    e quando li sentiamo utili e giusti per noi sono utili, sempre.

    Per quanto riguarda quel genere di lavoro psicoterapeutico a cui facevi riferimento, quello con il tempo limitato, il tassametro ecc, il senso della cosa sta proprio anche in quei “limiti” che in verità limiti non sono.
    Come noti anche tu.
    Esistono strutture pubbliche che offrono sedute psicologiche gratuite, terapie con vari approcci, ed è importantissimo che ciò esista, e ci sono validissimi professionisti nelle strutture pubbliche. E’ importantissimo che chi non ha la possibilità economica possa rivolgersi ad uno psicologo o a chi è in grado di aiutarlo a dipanare la sua matassa, dare sostegno, indirizzare verso altri aiuti concreti.
    Al contempo non demonizzo nella maniera più assoluta il fatto che esistano degli psicologi che vengono pagati direttamente dal paziente per il loro lavoro. Perché come si paga un dentista, un ortopedico, un oculista, è giusto pagare uno psicologo, perché la cura della salute “interiore” vale quanto quella della salute esteriore. Ma è più facile decidere di curarsi un dente che fa male che un dolore interiore, altrettanto – o peggio – limitante.
    Il fatto di pagare lo psicologo in molti casi è parte integrante di un processo di auto-affermazione e di indipendenza.
    Per molte persone pagare per la propria salute interiore significa dare un senso diverso anche al proprio denaro, al proprio impegno, dare valore diverso a quell’appuntamento, come un sacrificio, un regalo che danno uno scopo, se stessi. In un mondo esterno che pare privo di senso costruttivo quello è un fine costruttivo. e una dimostrazione di indipendenza.
    Lo psicologo ti ascolta, guarda la realtà con te, ma non è un amico.
    E la forza della terapia sta anche nel fatto che non lo sia.
    Che in alcun modo si sostituisca al tuo lavoro, quando rimani solo tra una seduta e l’altra 🙂
    bacioni 😀 😀

  5. 85
    fl53 -

    torno un po’ più su, alla mia domanda … si può far qualcosa per far smettere ad un ‘ragno’ di far soffrire le persone invischiate nella sua trappola? e anche per prevenire dinamiche peggiori?
    Si diceva che tutto parte dalla ricostruzione di sè di una vittima che apre gli occhi, spezza legami vischiosi, si allontana ed inizia a vivere, finalmente, in autonomia. Ma, si diceva, nella trappola spesso restano figli o persone care in balìa di un ‘ragno’ furente perché gli è sfuggita la preda e che li manipola e avvelena ancor più; e loro, mentre difendevano la vittima quando era dentro la trappola, ora che ne è fuori la avversano come traditrice della ‘bella e grande famiglia’. Ed anche qui tutto parte dal continuare a costruire se stessi anche ormai fuori della trappola, fino ad avere la forza ed il coraggio di raccontare la verità, ovunque, senza stancarsi, con la serenità di uno che è scampato alla lebbra e vuole aiutare i suoi cari a guarirne, senza paura di scoprire segreti sporchi come incesti fisici o mentali, violenze sessuali e non, doppi o tripli legami con tornaconti economici-psicologici, dipendenze (quasi sempre effetto di una violenza).
    Penso che, ferma restando la riconquista di sè e della propria vita, possiamo fermare il violento che tiene in ostaggio i nostri cari, partendo alla lontana e creando un mare di verità che allaghi la sua trappola e magari questo è anche il modo di prevenirla, perché una verità pubblica rende riconoscibile agli altri la propria realtà, se è simile, e allora anche altri possono cominciare a tagliare fili ed iniziare una reazione a catena…

  6. 86
    LUNA -

    Sono d’accordo 🙂

    E penso che sia molto importante spargere la cosa. Anche per una ragione fondamentale: il pudore. Il pudore che le persone hanno a parlare di queste cose prima di uscirne. Unito al fatto di non essere sicure di quello di cui parlerebbero. Cioè: cosa mi sta accadendo veramente? chi è la persona con cui divido il letto, la casa? è davvero quello che mi sembra, in una parte di me, o, come dice lui, sono io che non ho capito niente?
    se parlassi le persone penserebbero che sono debole? che sono cretina?
    capirebbero? mi giudicherebbero? mi costringerebbero a lasciarlo?
    e se io cambiassi idea? se io mi rendessi conto, invece, che le cose non vanno poi così male? perché ci sono giorni in cui mi pare che non vadano poi così male. Perché io lo so che c’è qualcosa che mi fa male, lo so, quando mi guardo allo specchio. Me ne accorgo quando esco la sera, e mi sembra di essere quella di una volta, ma poi quando torno a casa mi sento male.
    Io lo so, perché non esco più di casa.
    Perché quando incontro qualcuno che mi dice: caspita, ma sei stanca?
    mi chiedo cosa ha visto. Vado a casa, mi riguardo allo specchio, e mi sento male.
    Lo so per tutte le scuse che devo inventare, perché sono stanca.
    Lo so perché quando qualcuno mi dice: caspita, sei sempre uguale, sai?
    io lo so che non è vero, che non sono sempre uguale. Sono al contempo sconvolta dal sapere che non è così, e insieme mi dico: vabbè, ma allora non va così male se sono sempre uguale…
    eppure ho nostalgia di me.
    ma ci sono cose più gravi di queste, al mondo.
    e finché non parlo la cosa è mia, è nostra, tutto ancora si può riparare. Se parlerò cosa succederà?
    come mi guarderanno? come guarderanno lui?
    io non ce la faccio a reggere anche questo…”.

    Il pudore fa sì che le persone a volte si imbattano per caso nelle illuminazioni e nelle risposte, o che lo facciano andando ad un incontro sulla molestia morale dicendo: ci vado così, per curiosità, ho sentito che accadono brutte cose, così,

  7. 87
    LUNA -

    e sai, come andrei a una convegno contro l’infibulazione vado anche a questo, mi piace sapere cosa succede intorno a me…
    E lì sentono.

    Un sacco di persone non hanno idea di cosa sia la violenza psicologica.
    Non sanno che esiste.
    Un sacco di persone che ci vivono dentro, un sacco di persone fuori.
    Ciò fa sì che le persone dentro non capiscono cosa stanno vivendo, e che le persone fuori possano rispondere con indifferenza, anche involontaria, ad un grido di aiuto che ha bisogno non delle stesse parole che possono andar bene per altri problemi.
    Che possano rispondere con luoghi comuni che hanno effetti violenti sulle persone che già hanno subito e subiscono violenza.

    La violenza psicologica e morale è un problema specifico, che può manifestarsi a diversi livelli e in diverse forme all’interno di questa specificità, per come io l’ho capito (se l’ho capito bene).
    Non si può curare un ginocchio curando un dente.
    Non si può parlare del ginocchio parlando del dente.
    Ho conosciuto – là fuori – persone che erano dentro questi problemi. Ci siamo incontrate, “annusate”, dicendoci la verità. Tra persone che avrebbero celato quella verità anche alla macchina della verità. Per pudore. E per tutte le ragioni su citate.
    E’ scattato qualcosa che ci ha fatto dire: ok, mi fido di te, a te lo dico che non va un c.... bene. Uno sguardo, una parola buttata lì, uno sdrammatizzare, prendendola alla lontana.
    E poi ammettere. E fare un pezzo di strada insieme.
    Parlando la stessa lingua. Confrontando sensazioni, cadute e scoperte.
    Io, a monte, non avevo cominciato questo viaggio per questo problema. L’ho cominciato perché pensavo che il problema centrale fosse un altro.
    Una scelta che avevo fatto, in base a me, a come mi sentivo io, in quel momento. Io scelgo così. Ma per scegliere avevo dovuto nascondermi. Avevo tutti addosso, e per quanto sapessi che la vita era mia, la scelta era mia, quella pressione mi toglieva il fiato. E non sono parole. Me lo toglieva davvero.

  8. 88
    luca -

    il frutto di ogni dolore è solo dovuta all’eccessivo attaccamento. e spesso quello che si crede amore è solo la legna che continua ad alimentare questo fuoco con molto fumo.

  9. 89
    uncittadinoitalianoignoto -

    Bologna è molto più fica di Cuneo!!!
    è una delle città più fighe d’ Italia!!!

  10. 90
    bimba 64 -

    Sono ancora qui,nn sono riuscita a risolvere niente anzi la situazione è precipitata vorticosamente,per un attimo ho avuto come la sensazione ke tutto stesse appianando nella normalità,forse anche nella tanto attesa felicità…Dio quanto mi sono sbagliata!!Forse non aspettava altro e ci è riuscito ci è riuscito in pieno a farmi male fino in fondo…non voglio ora piangermi addosso soprattutto perchè qui ho avuto dei sinceri e buoni consigli su cosa e come dovevo fare per uscire da questa trappola ke ora mi ha consumata all’unisono..non voglio nemmeno scrivere un romanzo per dire quello ke ancora è successo,sarò breve,ma ho bisogno di gridare la mia indigniazione!! Ho ereditato dalla mamma ke non c’è più e tanto ha detto tanto ha fatto è riuscito a portarmi via anche quello,ma quello ke più mi fa stare male è solamente il fatto ke quelli non erano soldi miei ma della mia mamma ke non c’è più..e pensare ke ha avuto il coraggio di venire a piangere al capezzale della mia mamma..assurdo.. aveva giurato ke non mi avrebbe mai chiesto nulla perchè lo trovava ignobile visto ke erano della mia povera mamma..e invece non solo li ha chiesti ma in parte li ha anche pretesi facendomi sentire una m… dicendomi ke non conoscevo il valore del voler bene dell’amare ke non ero degna di niente..e ora ho perso tutto anche me stessa…perdonate lo sfogo…bimba disperata

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