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Un amico soffre di attacchi di panico, come comportarmi?

Una persona speciale, un amico a cui tengo tantissimo, soffre di attacchi di panico. Almeno credo sia solo questo. Unito a un’ansia generalizzata e un’autostima sotto i piedi.
All’inizio credevo fosse una specie di “copertura” nel senso che ogni suo comportamento veniva giustificato da questo, e io mi infastidivo per i suoi repentini sbalzi d’umore, per i suoi atteggiamenti incoerenti, per i suoi modi di fare a volte incomprensibili.
Ormai è un anno che lo conosco, e mi rendo conto che non è così. Quando entra nel loop perde completamente la cognizione del mondo che lo circonda, si dissocia, non c’è modo di riportarlo a galla. Farnetica. Non vede la realtà delle cose e soffre come un cane.
E’ seguito da psicologo/psichiatra/neurologo. Quindi è in cura, decisamente. Ma io, di mio, non so proprio come comportarmi. Non per “salvarlo” ma semplicemente come comportarmi quando entra in quel loop. Non esiste un modo giusto.
Provo a stargli vicino e lui fugge perché ha paura di me (paura che non riesco a capire), se rispetto il suo desiderio di solitudine dichiara di sentirsi abbandonato. Ha un atteggiamento da vittima che sono sicura di non dover assecondare, ma non so come farlo in maniera soft.
Fino ad oggi ho sempre trovato il modo, con il dialogo, di restare amici. Rispetto i suoi spazi e accetto la sua incoerenza e la sua imprevedibilità.
Ma vorrei trovare il modo per fare di più.
Quale è il comportamento migliore?

Lettera pubblicata il 4 Settembre 2012. L'autore ha condiviso 17 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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Categorie: - Amicizia

La lettera ha ricevuto finora 4 commenti

  1. 1
    realtàdeifatti -

    qundo uno soffre di un attacco di panico lo devi semplicemente assecondare. puo’ capitare che voglia qualcuno vicino ma che non lo tocchi e non gli parli…oppure puo’ voler stare da solo in attesa che gli passi…che “nessuno gli stia addosso” e camminare camminare camminare o continuare a bere acqua.. al contrario di quanto detto prima puo’ voler solo essere rassicurato ed accarezzato ,,o magari parlare lui per cercare di tenere contatto con la realtà, di sicuro non vuol vedere facce preoccupate o spaventate che gli fan credere che lui sia grave (perchè se è un attacco di panico non morirà..anche se lui potrebbe crederlo). Puoò magari aver bisogno di cambiare aria o allontanarsi da un luogo pubblico..

    insomma è in preda all’agitazione totale..all’ansia all’estremo livello 🙂 , il cuore gli batte da impazzire e si sente morire, formicolio nelle mani, braccia, gambe…fatica a respirare..angoscia e paura! Le durate degli attacchi possono variare, di solito sono decine di minuti.(10, 20…)
    solo lui sa cosa puo’ essergli utile (a livello psicologico) in quel momento…secondo il suo carattere. Un momento puo’ desiderare di star solo e quello dopo vuole interagire…e poi ritornare a stare solo. E’ normale per uno affetto da dap. Tu non devi credere che la logica abbia un senso in quel momento.

    Una buona cosa sarebbe anche distrarlo …ovvero riuscire ad attirare la sua attenzione su qualcosa che non lo faccia pensare a se stesso e non lo riguardi.

    l’unica cosa che potete fare è assecondarlo in ogni richiesta nell’attesa che gli passi ..essere calmi e pazienti.

    se va da uno psichiatro gli prescriveran di sicuro farmaci di nuova generazione di sicura efficacia per i sintomi dell’attacco di p. …, sicuramente gli passeranno con questi farmaci e potrà tornare a svolgere una vita normale…l’unico problema è che qst farmaci possono anche metterci un mese prima di funzionare..ed in questo periodo di attesa possono anche, al contrario del loro scopo, incrementare gli atacchi. So che la paroxetina è ottima per curare il dap..e appunto nel primo mese (visto che potrebbe inizialmente aumentarli) è associata spesso dai medici ad ansiolitici come lo xanax. Se nn funzionasse gli aumenteranno le dosi…(dipende dal suop peso altezza etc etc) ma di sicuro curerà i sintomi.

    E non fategli fumare assolutamente canne…mi raccomando!

  2. 2
    dreamer -

    Ti ringrazio.
    Io cerco di assecondarlo durante l’attacco di panico in se’ ma evito di assecondarlo quando non è in piena crisi e semplicemente si dà la zappa sui piedi. come detto, oltre al dap abbiamo accenni di depressione e autostima inesistente. Cerco di sdrammatizzare, provo a distrarlo, più volte lo abbiamo invitato ad uscire, ma non c’è verso. Si crogiola nella sua situazione e così incentiva le crisi di panico. Sono preoccupata, ma più che altro disorientata.
    Come faccio sbaglio. quando dico che è contraddittorio, intendo con sbalzi veramente repentini. Assecondare le sue richieste sembra comunque non aiutarlo. “Ho bisogno di stare da solo” e due secondi dopo:”Ecco lo vedi, mi stai abbandonando”. Conosco la problematica, i problemi psicologici sono un brutto tarlo, per questo sono paziente, quando sono stata male io persi un’amica che non mi sopportava più. ci ho sofferto tantissimo e oggi lo vivo come un tradimento . Però devo dire che è stata una lezione di vita. Mi trovo ora a non capire più dove finisce la sua malattia e inizia il capriccio. Non so se mi sono spiegata bene.

  3. 3
    TrustNo1 -

    Non giudicare.

    L’attacco di panico è, per adesso, parte integrante di lui e se tu vorrai stargli accanto dovrai accettare questa condizione, senza riserve. Inutile e deleteria qualsiasi forzatura, lui deve sapere che può contare su di te come persona e che, quando vorrà, tu ci sarai. Tutto qui.

    Non pensar mai siano capricci… anche quando possono sembrarlo… vivere l’esperienza della morte fisica (è questo che si prova anche se non è reale) è qualcosa di tremendo che manderebbe in fumo il cervello anche della persona più razionale della terra…

  4. 4
    dreamer -

    Lo immagino, sono passata in altro e penso di capire.
    Io ci sono, è lui che non lo sa, oi meglio, non lo percepisce, perché, ripeto. Non esiste modo per farglielo percepire.Tranne quando è completamente lucido e allora sì.

    Fra l’altro trovo deleterio che stia chiuso in casa ma del resto, se non lo convince il suo psicologo, non posso certo farlo io, e di questo mi rendo conto.

    Diciamo che conosco i miei limiti, e superandoli, rischierei di avere l’effetto opposto, quindi resto al margine sperando sia la cosa giusta da fare. Anche se mi fa sentire impotente perché sono quasi convinta che il primo passo sia il più difficile, non tanto per gli attacchi di panico, ma quanto meno per le conseguenze: alienazione totale, depressione, mancanza di autostima.

    Se solo riuscissi a trascinarlo fuori di casa, e a fargli riscoprire quel che ama. Ma sono impotente. Anche perché non ho appoggio altrove. In realtà si è fatto piazza pulita intorno ed è stato “abbandonato da molti”. Considerando che è un collega, la situazione è delicata, anche a causa delle malelingue. Per mesi mi son sentita battute e occhi puntati addosso perché sono fidanzata e la gente aveva da ridire sul mio comportamento secondo loro scorretto. E anche lui ha subito parecchio e entrò in un loop incredibile a causa di questo. Perciò, anche se a malincuore, mantengo le distanze.

    p.s. possibile che la gente nel 2012 sia ancora così retrograda da pensare che un uomo e una donna non possano essere amici? bah…

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