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Prima di affondare la lama o premere il grilletto

di Seneca

Quando molti anni fa Renato Vallanzasca il “bel Renè”, come venne soprannominato nel corso della sua vita dissennata, considerato uno dei più efferati e feroci criminali italiani degli anni ’70 -’80 fu intervistato, gli venne chiesto cosa provava prima di uccidere una persona. La risposta fu agghiacciante: “Uccidere è facile, basta non pensare” fu la risposta.
In effetti aveva ragione nella sua malata mente criminale. Se una persona non pensa, diventa facile affondare una lama o premere un grilletto o prendere a bastonate e colpire con una pietra la propria vittima come successo recentemente ad Afragola, dove la povera Martina Carbonaro una ragazzina di soli 14 anni, è stata barbaramente trucidata dal suo “fidanzato” per essersi permessa di lasciarlo alcune settimane prima, interrompendo la loro relazione. Forse un serio motivo alla luce dei fatti, per cui aveva preso tale decisione c’era, seppure in netto contrasto con la lettera di forti sentimenti d’amore che Martina aveva espresso solo pochi mesi fa nei confronti di Alessio, parlando di volontà di invecchiare assieme e di matrimonio, ma purtroppo è un segreto che si è portata nella tomba assieme al fiorire dei suoi 14 anni. Un segreto che potrebbe tuttavia venire scoperto dagli inquirenti facendo accurate e minuziose indagini…dove potrebbe emergere qualcosa che Alessio non voleva si venisse a sapere. Tra le centinaia di femminicidi che con incalzante recrudescenza da anni stanno sconvolgendo le cronache nere, questo femminicidio è stato di un’ atrocità e un’efferatezza inaudita, data anche la giovanissima età della povera vittima.
L’assassino reo confesso, Alessio Tucci l’ha semplicemente massacrata a colpi di bastone e di pietra da come si legge sulle notizie di cronaca e poi barbaramente ne ha occultato in maniera oltraggiosa il cadavere in un casolare, ai bordi di un vecchio stadio. Ma cosa ha fatto scattare nella mente di questo ragazzo il proposito omicida? Si potrebbero dare in pasto ai criminologi diverse motivazioni con risvolti psicologici in cui potrebbero sguazzare nel vari talk show televisivi, ripetendo le stesse motivazioni già usate centinaia di volte e ridipinte di fresco ogni volta che la cronaca presenta situazioni di tal genere. Nessuno tuttavia ha mai valutato l’aspetto di fondo che permette di compiere simili atrocità. La causa principale risulta essere la carenza totale dello spirito di carità cristiana, ma ancora prima, riprendendo le recenti parole di Papa Leone XIV la mancanza di umanità che ormai si è fatta largo nel vivere quotidiano di moltissime persone con totale disprezzo e mancanza di rispetto per la vita umana, nei giovani in particolare! E’ questo il problema di fondo che arma la mano di giovani e meno giovani assassini nel compiere simili atti di pura crudeltà. Un animale quando uccide lo fa per sfamarsi o per difendersi, non lo fa mai per vendetta. Gli animali non provano vendetta nel modo in cui lo fanno gli esseri umani. La vendetta è un’emozione complessa che richiede consapevolezza di sé e la capacità di attribuire intenzioni agli altri, caratteristiche tipiche della cognizione umana. Tuttavia, alcuni animali sociali possono mostrare comportamenti di punizione nei confronti di membri della loro specie che hanno violato le norme del gruppo. Ebbene è appunto questo il motivo per cui Alessio Tucci ha ucciso la povera Martina.
Martina ha violato le norme del “gruppo”. Ad esempio, alcuni studi suggeriscono che cani e gatti possano sembrare “vendicativi” quando reagiscono a situazioni sgradite, ma in realtà il loro comportamento è più legato a stress, frustrazione o apprendimento associativo. In altre parole, se un cane distrugge un oggetto dopo essere stato rimproverato, non lo fa per vendetta, ma perché associa l’evento a un’emozione negativa. Alessio Tucci ha agito proprio così, ” proprio come i cani e gatti che reagiscono a situazioni sgradite”; ha alimentato nel suo cervello un insieme di emozioni sgradite che la totale mancanza di intelligenza emotiva ed intelligenza sociale lo ha indotto a compiere un simile atto di ribellione, ma soprattutto la totale carenza del senso di umanità che dovrebbe contraddistinguere le bestie dagli uomini.
Alessio Tucci era stato lasciato alcune settimane prima da Martina e le regole territoriali del “gruppo sociale” in cui si rispecchia in molti casi l’atavica regola di rapporto di sudditanza della femmina, come oggetto di possesso del maschio e non come persona con i propri sentimenti e i propri desideri era stata infranta. Anche in questo caso, come purtroppo in altre centinaia di casi, la donna è stata privata del libero arbitrio e soggiogata al senso di possesso materiale, paragonabile “al cibo del cane in una ciotola”.
Martina si era ribellata alle regole del “gruppo”, dove una mentalità profondamente debole e violenta nel contempo il più delle volte trova fertile terreno di decrescita in una condizione familiare con delle palesi carenze educative, sociali e umane, condizione questa che ha sancito la sua condanna a morte. La povera Martina ha trasgredito alla regola non scritta del maschio padrone e comandante che da secolare memoria regna incontrastata in molte realtà sociali con purtroppo significativa incidenza percentuale in determinate zone geografiche.
Vorrei che queste parole venissero lette da coloro che domani o la prossima settimana si ritroveranno nelle condizioni in cui si è trovato Alessio Tucci, che oltre ad avere privato della vita una giovane ragazzina, ha fatto piombare nel più profondo dolore la madre, i familiari, i parenti e gli amici tutti di Martina, sconvolti da un fatto che non si sarebbero mai aspettati, pur vivendo in un contesto dove la lama e il grilletto fanno parte di una cultura e un comportamento difficile da sradicare. Una realtà sociale di profondo degrado dove solo un deciso intervento della scuola e della chiesa può riuscire a seminare quei principi che purtroppo diverse famiglie del territorio non riescono a trasmettere direttamente ai propri figli, gli stessi giovani che poi invecchieranno e anche in età adulta diventeranno per circostanze della vita incontrollate degli assassini, quando verrà tolta loro la ciotola con il cibo del proprio egoismo, della propria insensibilità e della propria mancanza di umanità e in particolar modo dello spirito di carità cristiana che dovrebbe muovere ogni azione umana verso il senso del bene umano e sociale. Vorrei che i prossimi potenziali assassini potessero ravvedersi in tempo, prima di far piombare nella disperazione e nell’angoscia chi viene privato così barbaramente degli affetti personali…ricordando loro inoltre che non rimarranno impuniti e la loro vita si tramuterà in un lento ma devastante suicidio che nel tempo li condurrà a desiderare la morte, non riuscendo a sopportare quello che il carcere riserverà giustamente loro in tal caso. E se la comprensibile sofferenza di un abbandono, non riesce ad essere accettata, hanno comunque sempre la possibilità di farsi aiutare a superare quello stato d’animo che indurrebbe istintivamente in loro ad affondare la lama o premere il grilletto! Vorrei infine ricordare loro che in quegli attimi non saranno solo degli assassini, ma dei pluri-omicida, perché oltre alla loro vittima uccideranno anche la loro dignità umana.

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Categorie: - Riflessioni

8 commenti

  • 1
    maria grazia -

    Non voglio difendere nessuno né tantomeno chi aveva scelto la vita criminale, ma accostare Renato Vallanzasca a chi compie femmicidi è improprio. Vallanzasca aveva comunque un suo “codice d’onore”, e quando uccideva per lui era una questione di “lavoro” o di disprezzo, nel senso che se arrivava all’ omicidio è perché si sentiva costretto dalle circostanze contingenti legate alla vita che conduceva. Non è mai stato violento con le donne, tant’è che quelle che ha rapito finivano per innamorarsi di lui.

    Cosa ben diversa da chi umilia, stalkera, maltratta o violenta una donna arrivando a ucciderla. In questo caso siamo di fronte a un individuo senza alcuna coscienza morale, con tratti di sadismo, e che vede nell’altro non un essere umano ma esclusivamente un oggetto strumentale ai suoi bisogni.

  • 2
    Golem -

    Bè, è ora che lo sappiate: io ho conosciuto Renato Vallanzasca, perchè abitavamo nello stesso quartiere intorno a Lambrate e da adolescenti frequentavamo l’oratorio San Leone Magno di via Carnia a Milano.
    Non eravamo proprio amici, ma avremo giocato a calcio, bigliardino e a ping pong chissà quante volte, almeno dai dieci sino ai 16/17 anni, essendo della stessa generazione postbellica. Lo chiamavamo Renatino, perché era minuto e delicato nell’aspetto, ma nonostante quel look da angioletto non voleva mai perdere: era un pitbull nel corpo di un levriero, ma ero più “bandito” io di lui, e don Perin (che curiosamente scoprii che poi era finito a fare il parroco a San Vittore) inseguiva me per il casino che combinavo, che non lui. Che peró aveva un casso di carisma già allora, visto che era sempre circondato dalle tante ragazzine che frequentavano l’oratorio, compresa una Antonella rossa di pelo, che mi piaceva ma non mi calcolava manco di strisco. Poi ho cominciato a lavorare e a pensare ad altro e solo dopo il militare ho letto della “carriera” del bel René.

  • 3
    Trader -

    MG. Si, Vallanzasca uccideva per legittima difesa e i suoi omicidi erano meno gravi di uno schiaffo. Non si può sentire, in quanto a stupidaggini non ti smentisci mai.

    Golem, incredibile la tua testimonianza!

  • 4
    maria grazia -

    Golem, e tu pensa che lo ha conosciuto pure un mio zio, fratello di mio padre, ma per motivi molto diversi. Nel senso che questo mio zio non era proprio uno stinco di santo, e da giovane aveva fatto parte del giro criminale di Vallanzasca. Nulla di eclatante, lo mettevano a fare il palo durante le rapine e altri compiti di poco conto, del resto una cima non lo era mai stato. E al contrario del bel René è bruttarello forte. Comunque alla fine i suoi cinque anni di galera se li è fatti. Mia nonna nel mentre raccontava a tutti che si trovava a lavorare in Svizzera, perché in quella famiglia ci tenevano molto alla facciata. Mio padre oltre a lui aveva altri tre fratelli, ma tutti più o meno di quella caratura, anche se nessuno di loro si era spinto così oltre. Mio padre a differenza loro era onesto e un instancabile lavoratore, si sacrificava per la famiglia d’ origine. Era succube dei suoi genitori e in particolare della madre.

  • 5
    maria grazia -

    Faceva di tutto per guadagnarsi la sua approvazione ma lei non ne aveva mai riconosciuto il valore. E ovviamente tutta la sua frustrazione mio padre poi la scaricò su di noi. Il fratello criminale venne invece sempre viziato e coccolato e rimase nella casa paterna finché, passati i 40 anni, non trovò moglie.

  • 6
    Golem -

    Mah Trad, quelli erano anni in cui era facile finire nel giro della mala, perchè la periferia milanese era occupata dalla grande migrazione dal sud, cominciava il boom economico e a certi livelli “girava la lira”. Poi rapinare una banca era una sciocchezza, per quanto erano scarsi i sistemi di allarme. Insomma chi pensava di fare soldi facili aveva una sola strada da seguire, e quella di Vallanzasca è stata esemplare nella sua spietatezza. Però devo dire che come dice MG, e per quello che posso giudicare col senno di poi, non potrei dire che fosse uno sbruffone o uno stronzo da ragazzino, anzi, ma ripeto, aveva un carisma naturale che attraeva molto le ragazzine con quell’aspetto da bel biondino coi capelli ricci. Poi sai, chi poteva immaginare che avrebbe fatto quella carriera.
    Ma non é l’unico “delinquente” che ho conosciuto in quella zona, alcuni sono meno famosi perché non sono arrivati a diventare vecchi perché si ammazzavano ogni mese in moto o in macchina. Ma devo dire che erano tutti simpatici e generosi.
    Eran 300, eran giovani e forti, e sono morti

  • 7
    maria grazia -

    Trader ho detto una cosa completamente diversa da quella che hai riportato, ma naturalmente non pretendo che tu capisca..

  • 8
    Trader -

    MG ho riportato ciò che hai detto, ma naturalmente non pretendo che tu capisca..

    Golem: “non potrei dire che fosse uno sbruffone o uno stronzo da ragazzino”

    Golem, da ragazzino no, da adulto lo definirei peggio che uno sbruffone.

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