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Tagliare vecchie amicizie che non danno più niente

di

Anni fa, ai tempi del liceo, si formò il gruppo con cui sono uscito fino a pochi giorni fa. Inizialmente c’erano un sacco di ragazzi, poi col tempo molti hanno preso altre strade. Era un bel gruppo, ci si divertiva e ci si confrontava, io uscivo da un periodo di forte solitudine con il morale  a terra, infatti ero felicissimo!

Con il tempo le ragazze sono andate via tutte, e quei pochi che io reputavo i migliori in assoluto in quel gruppo si sono trasferiti causa studio. Siamo rimasti in 5.

Mi accorsi subito che con quei “reduci” del gruppo iniziale non avevo niente a che vedere: visioni diverse, pochi interessi in comune, emulatori ,e non che mi dia fastidio essere imitato ma sentir parlare a vanvera di cose del mio campo e dovermi anche star zitto per evitare discussioni, alla lunga da fastidio. Non sono amicizie costruttive, non mi danno niente. E non parlo “materialisticamente”, non parlo di aiuti o spalle, parlo proprio di confronto culturale, umano. Zero. Ci si fossilizzò sulle stesse azioni reiterate ogni singola settimana. Iniziai dunque io a fare proposte alternative, la cosa andò in porto e ruppi la monotonia. Ma sempre dopo anni, sono sempre io quello che deve sobbarcarsi organizzazioni, che deve scervellarsi per inventare qualcosa di nuovo da fare, davanti a questo piccolo pubblico inerme con la bava alla bocca, che si limita ad attendere. Attendere che qualcuno faccia qualcosa al posto loro, inoltre fanno anche gli spazientiti ripetendomi sempre anche con un’aria infastidita : “Che facciamo?Che facciamo?Fa qualcosa, tu devi organizzare”. Non si sono mai sforzati minimamente di proporre qualcosa loro.

Ed anche questo a lungo andare stanca.

Ero una persona attiva nel primo gruppo. Ero simpatico a tutti, uno dei più festaioli. Queste ultime amicizie invece non fanno altro che farmi “annichilire”, non mi diverto mai al 100%.

Ho deciso dunque di tagliare i ponti, di non frequentarli più. Senza cattiverie, senza tagli “drastici”. Semplicemente non esco più con loro. Purtroppo però non ho altri amici con cui uscire, si ho vari conoscenti con cui ho ottimi rapporti ma ognuno di loro ha il proprio gruppo. Ho amici anche all’università, ma sono un pendolare dalla città in cui studio quindi non posso vederli sempre…ed è un peccato perchè con loro mi ci trovo benissimo.

Tagliando i ponti ho paura di piombare di nuovo nella solitudine provata già un paio d’anni durante l’adolescenza, ma sento che è la cosa giusta da fare, non li sopporto più e non posso “usarli”(detesto questo termine) solo per uscire.

Quando delle persone non ti comunicano più alcun sentimento, è giusto allontanarsi?

Lettera pubblicata il 26 Agosto 2017. L'autore ha condiviso 9 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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Categorie: - Amicizia - Me stesso

La lettera ha ricevuto finora 5 commenti

  1. 1
    Bilionaire -

    Gep, sì, ti capisco, anche io provo le stesse cose e continuo, perché credo in ciò che faccio!

    Se li “vuoi”, cerca di responsabilizzarli, assecondando le loro doti naturali e dando per scontato che abbiano già dei ruoli all interno del gruppo e, quindi, dei compiti prestabiliti da svolgere: trattali da “tali” e saranno quei “tali” cui tu li fai sentire!

    Fatti, inoltre, desiderare: non darti per scontato! Che ti apprezzino, guadagnandotisi!

    Gep, tu credi nel tuo “stare” con loro? Questa è la domanda chiave. Se tu non ci credi, stai perdendo il tuo tempo, con il conseguente rimandarne l’inevitabile, naturale distacco.

    Se non sei vincolato da obblighi morali, è giusto “lasciarli”: verrà da sé che il tuo appetito intellettivo / morale-affettivo troverà da sé quanto di meglio, e più gradito, è necessario ai suoi gusti!

  2. 2
    Yog -

    Slitrati di narda e mandali a dare via lo smartphone.

  3. 3
    Rossella -

    Ciao,
    purtroppo i rapporti interpersonali nella stragrande maggioranza dei casi sono viziati dal senso d’inadeguatezza sociale . Eppure la natura dell’uomo natura è un grande mistero… non solo Gesù nel tempio, ma un bambino di dieci anni potrebbe suscitare l’ammirazione di un adulto che per un fatto innato si sentirebbe incentivato a stare seduto alla sua scuola per imparare una materia che lo solleva da quel senso d’inadeguatezza sociale di cui ho parlato. Ma potrebbe vincere questo senso d’inadeguatezza anche prendendolo in antipatia. Questo è il punto. Ma non sarebbe biasimabile. L’importante è impegnarsi almeno a costruire una pace umana, nel rispetto del minore e di ogni adulto. Non sarebbe biasimabile perché a suo modo t’insegna a stare alle regole del gioco. Se ci abituassimo a vivere nell’Eden, e non conoscessimo lo spirito del mondo, con ogni probabilità rischieremmo di diventare schiavi del lavoro. Di lavorare per riempire una casella sul documento d’identità e per guadagnare lo stretto indispensabile. Non ci sarebbe crescita. Magari hai sempre la risposta pronta e la cosa non gli va giù. Le gerarchie non sono mai rigide, quando lo diventano si vive fuorimisura se si negano le potenzialità di quella persona. L’antipatia ha già un sapore diverso. Non incide sulla statura del personaggio, ma gli impedisce di brillare.

  4. 4
    Rossella -

    A scuola quando ti sforzi di raggiungere un risultato, perché magari quella è la tua materia preferita ma ti senti sotto pressione ( visto e considerato che l’insegnante davanti a te non è una macchina) alla fine raggiungi un risultato che non ti valorizza. La tua gratificazione dipenderà dalle promesse dei tuoi genitori. La somma di coefficienti alle volte non ti alza neanche la media. A me, a dire la verità, non sono state mai fatte promesse del tipo: – se ti promuovono ti regaliamo il motorino!- Non le demonizzo perché le dita della mano non sono tutte uguali. Nel mio caso la scuola è sempre stata separata dalla vita familiare. Questa cosa mi ha consentito di viverla come il mondo e d’imparare a dare valore a tutte quelle rinunce che ti consentono di respirare a pieni polmoni. Certamente se nella vita mi trovassi davanti ad una persona che mi sovrasta non perderei tempo a riscattarmi dal senso d’oppressione… la vivrei come una prova della vita e mi comporterei con saggezza e moderazione. Con la saggezza che nasce dalla virtù della temperanza e quindi dalla sottomissione all’ordine di Dio. Con la moderazione di chi siede alla tavola della creazione con uno spirito diverso da quello dei nostri progenitori. Oltre a conservare la statura potrei raccogliere il frutto della felicità e avere tanti benefici spirituali.

  5. 5
    Yog -

    Vabbè. Le ragazze hanno trovato ben altri manzi ed approdi. Slitrati un altra narda, manco il papa avrebbe da ridire.

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