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Siamo tutti mafiosi

Quando un cittadino onesto esce di casa la mattina, la prima cosa che cerca è la linea di demarcazione tra legalità è illegalità. Senza di essa la vita sociale sarebbe un inferno. Ma questa linea, che dovrebbe essere unica per tutta la nazione, nel meridione è molto sbiadita e in certi giorni di caligine non si vede del tutto.
Ci sono però segnali scoraggianti per alcuni (o incoraggianti per altri) che anche nel resto d’Italia, Nord compreso, la linea stia cominciando a scolorirsi, col beneplacito dei politici, il silenzio della popolazione, l’incoraggiamento dei fannulloni e degli intrallazzatori. Quando ciò avverrà avremo finalmente l’Unità d’Italia, certamente diversa da quella studiata sui libri di scuola, ma pur sempre unità. Su questo quadro non molto edificante, mi sono permesso non solo di scrivere un romanzo ma anche di dargli il titolo provocatorio di “Siamo tutti mafiosi” Sangel Edizioni. Apriti cielo! Un politico rampante mi ha chiesto un incontro nel suo studio istituzionale, per manifestarmi tutto il suo biasimo, non solo per il titolo, ma anche per la sfacciataggine di avere fatto la presentazione di un libro di mafia in una città dove questa non c’è. In verità per fare la presentazione di questo libro le difficoltà non sono mancate, a cominciare dal diniego velato da scuse, o omissioni di risposte, delle biblioteche civiche interpellate, a finire con ingegnose procedure per far passare sotto silenzio l’evento, dove poi ha avuto luogo. Ma non scrivo per lamentarmi di ciò. Volevo solo far riflettere su un fenomeno che viene percepito come virtuale, ma virtuale non è. Un fenomeno che quando si sarà radicato diverrà irreversibile, per come è già in altre regioni. E non è certo evitando di parlarne che lo si cancella, come si fa con le streghe. Infine, tanto per essere chiari, il mio libro non parla della mafia che delinque, ma di quella che non delinque. Quella che passa e spassa sulla famosa linea di demarcazione allo scopo di logorarla con i piedi.
Pasquale Faseli

Lettera pubblicata il 19 Gennaio 2011. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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La lettera ha ricevuto finora 2 commenti

  1. 1
    colam's -

    Accennero’ a qualcosa di poco politicamente corretto: un tempo in Italia c’erano dei cartelli “non si fanno raccomandazioni” fuori dagli uffici dei politici, contra la malavita si mandava un prefetto di ferro, i mafiosi furono costretti ad emigrare (e tornarono con gli invasori / liberatori), il modello propugnato dai mass media era l’italiano parco, laborioso, onesto..

    Per me le soluzioni ci sono, basta riprendere quelle che funzionarono (ovviamente non perfettamente, ma meglio di altri tentativi). L’educazione del popolo si fa dall’alto, non credo all’educazione dei potenti da parte del popolo.

  2. 2
    Piero -

    Comprerò il suo volume! Sono curioso di conoscere il suo punto di vista
    riguardo al male principe della scalcinata italia!

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