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Il sentimento di una generazione

Caro direttore,
ho 22 anni e sono una studentessa iscritta al IV anno della laurea magistrale in Giurisprudenza dell’università di Pisa.
Le scrivo per renderla partecipe del mio enorme sconforto, della rabbia profonda, della frustrazione che in questo momento agitano il mio animo come quello di migliaia di miei colleghi in tutta Italia. Oggi abbiamo assistito ad uno spettacolo indecoroso, l’ennesima dimostrazione che la classe politica alla guida del Paese non solo non ha la minima percezione di ciò che accade realmente all’interno degli atenei e dei laboratori di ricerca, ma non ha neppure l’umiltà di ascoltare chi ha a cuore le sorti di un sistema di istruzione pubblica tragicamente in punto di morte. In realtà l’unico dubbio che fino a ieri restava irrisolto nella mia mente era se lo scempio costituito dalla riforma Gelmini fosse frutto solo della più totale incompetenza di coloro che l’hanno ideata o fosse invece un chiaro indicatore di una volontà criminosa, uno dei tanti strumenti per tenere nella “tranquilla” ignoranza e nell’abbruttimento culturale un’intera generazione.Credo dopo oggi di dovermi arrendere all’evidenza dei fatti.
Personalmente ho dormito dieci notti consecutive sui pavimenti della mia facoltà occupata, ho scritto comunicati e volantini, ho partecipato a decine di manifestazioni e assemblee che si sono susseguite nell’ultimo mese e non me ne vergogno: siamo stati dipinti come delinquenti, facinorosi dei centri sociali, pseudo-studenti ignoranti e fuori corso.
Ebbene, stasera vorrei dire, anzi urlare con tutto il fiato che mi è rimasto in gola, ad una signora Ministro che ha preso l’abilitazione per l’avvocatura a Reggio Calabria pur non essendo lì residente, a politici indagati per reati di mafia, concussione e corruzione, banda armata, falso e frode, a soggetti con stipendi da capogiro piazzati sulle proprie poltrone solo per un cognome o una tessera di partito, a giornalisti che sperano nei manganelli spaccati sulle teste dei ragazzi, a un Presidente troppo impegnato tra cocaina ed escorts per occuparsi di un paese allo stremo, a tutti costoro vorrei gridare che siamo noi l’ultimo barlume di speranza, l’ultima candela accesa a difesa della cultura e del senso di giustizia, siamo noi l’ultimo pezzo sano di un corpo andato ormai in cancrena, il solo capace di assumersi la responabilità del domani.
E’ con un grande senso di amarezza, quasi con le lacrime agli occhi, che prendo atto della battaglia persa: tra meno di un anno prenderò il diploma di laurea e se nulla sarà cambiato forse sceglierò la strada dell’estero, cercherò un paese che anche chiedendo molti sacrifici ed impegno professionale non mi tolga la dignità di cittadina.
Poi però guardo i miei compagni venuti a Pisa da Catanzaro o da Palermo fermi nella loro idea di tornare a casa come magistrati, guardo le foto dei miei docenti scesi in piazza con noi a manifestare, rileggo le pagine dei libri degli anni del Liceo che tanto hanno ispirato la mia passione civile e politica e allora mi convinco che quella di oggi è stata solo una battaglia e che prima o poi tutti i cittadini e le cittadine di questa nostra cara Italia decideranno di dare una svolta al proprio futuro riappropriandosi una volta per tutte di quella famosa dignità di cui oggi ci hanno privato ancora una volta. Questo credo possa essere il migliore augurio per l’anno alle porte.
Cordiali Saluti
Martina da Pisa

Lettera pubblicata il 24 Dicembre 2010. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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