La fine improvvisa di un amore
di
Loredana
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ALONSO: non ne dubito 😉 (sui chilometri… e di buono c’è che comunque male non fanno).
per sensazioni intendevo cosa primordiale tipo mi fa male la panza, mi si annoda lo stomaco, sto bene, sto male, ora la panza è serena…
nel presente.
non, appunto, decodificazione tipo “tempo perduto,quando credi di aver buttato via già abbastanza “te stesso”,quando dentro di te prevale la voglia di recuperare…”.
non cosa semplicissima da fare. Mica dico che mi riesce sempre 😉 😉 però quando riesce è very good 😉
io lancio spunti che servono anche a me 😉
anche l’altra strada del relax è ottima e ognuno trova la sua, momento per momento. E’ anche quello il bello,no?
baci
“io non riesco a perdonarmi quel rimanere attaccato,quel resistere a tutto…quasi fosse una prova di forza e non invece una dimostrazione di assoluta debolezza.
…e forse ancora ora sono impigliato nel ricordo di quel loop mentale in cui io per primo mi sono imprigionato,in cui io ho costruito castelli immaginando una persona diversa da quella che in realtà era”.
Perdonati, Alonso caro.
Noi sappiamo che era, che e’ stata, grande debolezza.
Sono stati, pero’, anche forza, determinazione, costanza e impegno.
Dannatamente e consapevolemente incanalati nella direzione errata ma cmq parte di noi.
Serve possedere queste caratteristiche perche’ l’ amore, una coppia, una relazione hanno bisogno anche di questo.
Tu sai di averle e questo gia’ fa di te un uomo che sa, ha saputo e sapra’ amare…
Ora AMA TE STESSO. L’ unico essere umano cui avresti dovuto amore e sicuramente non ne hai dato abbastanza.
Tutto il resto e’ in te e, quando sara’ ora, sapra’ venire fuori per renderti una persona completa e felice di se’ e di cio’ che ha intorno.
Te lo auguro con tutto il cuore perche’ lo meriti.
Ti abbraccio forte dal web.
ANNA
Ciao carissimi amici, vi ricordate di me?
Non scrivo da tanto, ma vi confesso che vi leggo, mi fa bene leggervi anche se ormai mi son liberata da tempo dall’oppressione …qualche “basso”…ancora persiste.
ANNA un sorriso sincero e tantissimi auguri…
Oggi scrivo perchè c’è questa frase di ALONSO
“io non riesco a perdonarmi quel rimanere attaccato,quel resistere a tutto…quasi fosse una prova di forza e non invece una dimostrazione di assoluta debolezza.
…e forse ancora ora sono impigliato nel ricordo di quel loop mentale in cui io per primo mi sono imprigionato,in cui io ho costruito castelli immaginando una persona diversa da quella che in realtà era”.
Perdonarsi è la cosa che per me è la più difficile da fare.
Oggi, a distanza di tanto tempo, rappresenta ancora un mio “basso”…ma come ho fatto?…ma cosa ho fatto?…ma cosa mi son fatta?…ma come ho potuto permettere di essere trattata così?….e mi esce un senso di rabbia e vendetta assurdo.
Queste son le domande dei mei “bassi” ora a cui non so dar risposta, sinceramente non la so e non trovo scusanti nemmeno nel fatto che ho amato…
un bacione a tutti
riciao a tutti voi…
avevo scritto un post lungo ma l’ho cancellato…rileggendolo mi son reso conto che le mie sono continue ripetizione qui come nel loop che attualmente è la mia vita.
Rileggo le vostre parole e provo a tornare a respirare.
alla fine tutto si riduce al mio fottuto egoismo.
Era così anche nella mia storia d’annata e dannata.
Non riesco ad accettare che lei probabilmente ora sia felice,mentre io,che mi son liberato del “mostro” continuo ad annaspare e rantolare nella mia esistenza.
Il fulcro è che il problema non era lei.O meglio,solo lei.Il problema sono io.Nulla più.
Il mostro alla fine è dentro di me,quando riuscirò a vomitarlo starò meglio.
rispetto di me e sano cinismo saranno alla base della cura.
grazie delle vostre parole non avete idea di quanto mi aiutino,ora prometto che per un po’ mi limiterò a leggervi così non monopolizzo la lettera..;)
ps:luna…qualche consiglio di lettura??
grazie in anticipo…:)
ps2:ciao maegherita!!!
MARGHE: forse la questione non è perdonarsi e non riuscire a farlo. Forse la vera domanda è:
perché non ho potuto fidarmi di me stessa?
e il chiedersi: in futuro potrò? Forse sono queste le vere domande che spesso abitano chi ha vissuto in mezzo ad un tornado. E si è guardato allo specchio chiedendosi in qualche modo: perché non riesco a difendermi? Perché mi spengo? Perché mi annullo?
Rimproveri che rimangono, in termini di salvavita che, pare, non sia scattato.
(anche se spesso quello spegnersi era proprio il salvavita che scattava. Perché altrimenti allo specchio una sarebbe stata sorridente. Scattava come poteva, urlando le sue ragioni).
Guardando le cose con il punto di vista di oggi possiamo essere molto severi, ma dimenticando anche le contingenze, magari. Il fatto che si può anche essere così ubriacati dalle contingenze o presi a pugni da vedere fosco. Ecc ecc.
Questo in generale e brevemente.
E’ un discorso complesso, e ora vado di fretta.
Però se c’è un tratto comune tra le persone che hanno vissuto storie magari diversissime ma con delle caratteristiche che riguardano la violenza (che sia verbale, fisica, circostanziale, sensi di colpa, autoinflitta semplicemente non spostandosi dai carboni ardenti, ecc) è la sensazione di rabbia e insieme di debolezza.
Bassa autostima? l’autostima si recupera, ad un buon livello, si alza, spesso piano piano comincia a salire nel momento stesso in cui ci si allontana dai carboni ardenti. Ci vuole tempo, ma lavorandoci su e anche solo vivendo diversamente e riscoprendo una sana quotidianità si recupera.
Ma a volte è il senso di debolezza e di confini che sono stati invasi senza saper mettere freno al pericolo che rimane.
Accade a chi si è beccato un ladro di colpo dietro l’angolo alle volte (“perché quella sera non sono rimasto a casa?”, “perché non ho fatto un’altra strada?”), vuoi che non accada a chi si è sentito derubato da un volto amico, dove avrebbe dovuto sentirsi più al sicuro, e ha la sensazione di essersi fatto rubare qualcosa o se stesso, per un periodo?
La parola perdono implica una severità con se stessi, la rabbia verso sei stessi.
Il grande dentro di sè che se la prende con il piccolo. Che gli urla che avrebbe dovuto agire diversamente.
Ma, ora: se avessimo potuto agire diversamente lo avremmo fatto. Perché nessuno di noi è stupido. Feriti, sì. Ingenui, allora. Con le strategia sbagliate, come no. Non abbastanza in grado di capire l’importanza dei propri sani confini. Non capaci di capire che se qualcuno ti urla nelle orecchie prima ti devi spostare, e poi puoi chiederti perché lo fa. Se non ti sposti sei ubriaco per le urla, e non capisci più un c.....
Più che perdonarsi bisogna capire che c’è sempre tempo per sentirsi più al sicuro. dentro se stessi. Non più sicuri di sè, ma proprio più al sicuro. e non sono sfumature. Imparare o reimparare a fidarsi di se stessi. E’ quella alle volte l'”autostima” che piano piano bisogna ricostruire. Dandosi la possibilità di lavorare nel presente.
Prendersela con se stessi è diverso da accogliere la propria fragilità, con una produttiva indulgenza.
Baci.
Grazie, Marghe !!!! Grazie di cuore.
Alonso, so che le parole non aiutano molto ma ci tengo a dirti che, nel guardare il passato, spesso, io riesco a sentire il valore dell’ opportunita’ che ci e’ stata data.
Prova a sentirla anche tu…
E’ un’ opportunita’ che non abbiamo saputo cercarci da soli ma che altri, con le loro scelte, ci hanno inconsapevolemente donato…
Questa opportunita’ e’ proprio quella di ” vomitare il mostro “.
In fondo, non ce l’ ha messo qualcun altro, ce lo siamo piazzato da soli dentro l’ anima.
L’ abbiamo visto e sappiamo che c’e’…
I perche’ possiamo chiederli all’ amico Freud o al primo analista che abbia il piacere di occuparsi di noi ma, spesso, sono ragioni banali, piccoli traumi di infanzie sostanzialmente normali che impattano su cuori un po’ troppo sensibili…
Spesso e’ tutto li’…
Io ricordo chiaro il terrore puro di essere abbandonata da mia madre. Di essere dimenticata a scuola o chissadove. Proprio io che ho una madre non lavoratrice che null’ altro ha fatto nella vita se non occuparsi di me ! Eppure io ricordo il cuore in gola al suono della campanella alle 12:30, nell’ ansia che lei non fosse sulle scale ad attendermi.
E’ un ricordo forte di quando ero una bambina. Con gli anni la consapevolezza ha superato l’ istinto…cresci e capisci come si muove la tua vita e sai che tua mamma non ti lascera’ mai li’ su quelle cavolo di scale.
Lo sai ma quella paura, evidentemente, ti si attacca da qualche parte per non svanire mai del tutto.
Io e noi abbiamo ricevuto il dono del tempo per fermarci e pensare. Pensare al perche’ ci siamo fatti cosi’ male, alle paure che ci hanno dominato, alle cose che ci hanno terrorizzato, tanto da renderci incapaci di sentirci liberi di cercare il nostro stesso bene.
Magari l’ abbiamo saputo fare con gli amici, a scuola, con il lavoro, ma quando si e’ messo in gioco l’ amore, ecco che viene fuori l’ anima disperatamente vagante alla semplice ricerca del “non dolore”.
Un’ anima che mendica perche’ non osa chiedere ne’ tantomeno pretendere.
O peggio ancora un’ anima che in fondo si aspetta di venire offesa per sentire confermato il proprio non valore e continuare a piangersi addosso o che spera di cambiare il copione per sentirsi vincente almeno una volta nella vita.
Io credo che la cosiddetta FACCIA PER TERRA, nel fango piu’ totale, obblighi a prendere coscienza di se’ e crescere.
E noi qui o l’ abbiamo fatto o lo stiamo facendo.
Come fai a dirti che VA TUTTO BENE quando una persona ti umilia, abbandona, ferisce e tu, anziche’ reagire, senti il mondo che ti crolla contro e l’ unca rabbia che provi e’ verso te stesso ????
Non puoi fingere. Devi accettare che c’e’ un problema dentro noi e non dentro “l’ altro”, che diventa solo un agente scatenante qualunque.
Questa e’ l’ opportunita’ e tutti qui ce la siamo giocata bene !
Ringraziamo la vita anche per questo. Forse, anche se non l’ abbiamo capito subito, e’ uno dei regali piu’ belli che potesse farci
Grazie Luna.
Grazie Anna.
Grazie per aver permesso anche a me di condividere i vostri pensieri, vi sono molto grato. Il leggere questi ultimi post mi da una grande serenità. Che lungo percorso è stato!!
Vi abbraccio e vi saluto con tanta stima.
Mauro
ANNA: com’è vero quello che dici.
Penso che al di là che sia un’opportunità o no si tramuta comunque in un’opportunità, nel momento in cui decidi di uscire dal fango e lotti in modo costruittivo per l’istinto vitale, sano, che c’è in te. Ecco comunque che qualcosa di brutto che ti è capitato, visto che il passato non lo puoi cambiare, può diventare non un fardello da portarti dietro, per farti sentire “diverso”, anche da te stesso, per tutta la vita, ma un’opportunità.
“Vomitare il mostro” rende così bene il concetto da fare impressione. E’ un’immagine fortissima, ma di mostri in effetti si tratta. Mostri che, nel momento in cui li affronti, spesso si sgonfiano come palloncini che avevano sopra disegnata una faccia brutta, spaventosa. Ma finché non li guardi e non li affronti non lo sai.
Molto spesso le persone che hanno vissuto questo genere di inferni soffrono proprio anche del fatto di non riuscire a trovare un “vero” trauma nel loro passato.
Mica mi hanno bruciato un braccio con una sigaretta.
Mica mia madre andava a bere e mi lasciava a casa da solo.
E altre cose che non elenco, per il rispetto di chi le ha vissute.
E via, dicevo, a fare i confronti con i grandi numeri. Ma a fare i conti anche con un altro aspetto. e cioè che anche chi ha subito quelli che universalmente vengono considerati dei veri traumi (tutti sono veri, i traumi, per chi li prova, sennò non sarebbero traumi, ndr)probabilmente spesso nega e relativizza allo stesso modo il suo vissuto sofferente.
E dimenticando che ciò che fa del trauma un trauma non è la sua grandezza secondo un parametro prestabilito, ma l’entità che una cosa ha avuto per noi, e come si è cristallizzata dentro di noi.
Molto spesso poi si tratta di microtraumi, magari perpetrati, dei quali i genitori, o chi per loro, neanche se tu gli facessi la macchina della verità si renderebbero conto.
O sono cose più grosse, che magari riguardano altre situazioni, ma che loro stessi hanno dimenticato togliendo loro significato per automatica difesa. Anche di non essere stati capaci di proteggere i propri figli, o di porre rimedio.
Uno si sente ferito da qualcosa, va dalla persona che pensa lo abbia ferito, o che è stato testimone, e gli chiede conferma. Ma l’altro nega, in buona fede, o anche solo per difesa, come in guerra.
Io – dice – non sono chi ha creato i tuoi mostri!!! O non ti ha protetto! E queste sono solo sciocchezze! C’è gente che ne passa di tutti i colori, io quando ero nel Klondike ho subito questo e questo, e tu ora vorresti venire a dirmi che il motivo per cui stai male è che quando eri piccola ti sentivi così? ed io che avrei fatto? io manco me lo ricordo quel giorno lì… secondo me te lo stai inventando… tutte scuse…
per dire succede anche questo.
ed ecco che uno si convince che forse non ha il senso della realtà, o è una lagna, una mezza cartuccia che si traumatizza per uno starnuto, quindi fragile, e pure ingrato, a prendersela per così poco con qualcuno che lo ha sempre amato. E gli viene da proteggere l’altro. E magari in futuro proverà la stessa sensazione, quando dirà a qualcuno “tu mi stai ferendo! Così mi fai male…” e quel qualcuno negherà la realtà che sente, e questo lui o lei cercherà continuamente l’oggettività. L’oggettività delle emozioni. Demandando fuori le risposte. E sentendosi dire: tu ti inventi… io non sono così… (perché se è uno è così avrà pure un motivo, e sicuramente si difende). Demanderà fuori, invece di ascoltarsi… di ascoltare ciò che sente e prenderne atto.
Ma il punto è che il trauma, come il semplice sentire, è di base non un fatto oggettivo, ma è un fatto emotivo.
E scusatemi se è poco… perché la differenza non è minima… ed è, nell’affrontare la cosa,o nel vivere il proprio sentire, una differenza che fa davvero la differenza!
detto ciò, a parte questo fantaesempio (che poi tanto fanta non sarà) è anche vero che forse dietro ciascuna persona che ha subito violenza c’è un trauma, strategie sbagliate, un concetto di cosa sia il dare e il ricevere in qualche modo errato, inceppato…
dico forse perché io non sono una psicologa, ovviamente, e quindi che parli chi sa.
Però vorrei, per quanto ne so io, sfatare un mito negativo: la convinzione, spesso errata, che nel momento in cui si va da uno psicologo questi ti rivolta come un calzino e va a cercare, nei meandri del tuo passato, ogni cosa che sia andata storta…
in realtà, per quanto ne so io, è del presente che ci si occupa, di come ci si sente nel presente. Magari rispetto al passato, certo.
Se io provo rabbia oggi perché ieri qualcuno mi ha preso a schiaffoni sto parlando di quello che sento oggi. Anche rispetto a quello che sentivo ieri quando mi prendevano a schiaffi. Ma è sulle sensazioni del presente che lavoro. Sul senso di rabbia, di frustrazione, di paura, di fallimento…
è un fallimento che ho già provato in passato?
non sono scappato perché l’altro ieri la vita non mi ha dato le strategie sufficienti?
Può darsi.
C’è un mostro da vomitare, ancora dentro.
Se si riesce a vomitarlo facendo da soli meglio, ma se si rischia di girare in tondo meglio farlo da soli, comunque, ma con qualcuno che può aiutare a leggere la mappa. Che è sempre la propria. Perché la vita è la propria. E il proprio sentire lo è.
CIAO MAURO 😀
“Non capaci di capire che se qualcuno ti urla nelle orecchie prima ti devi spostare, e poi puoi chiederti perché lo fa. Se non ti sposti sei ubriaco per le urla, e non capisci più un c…..”
……..E quando le urla cessano, magari di colpo, e 99 su 100 non perchè ti sei spostata ma perchè si è spostato lui con una violenta indifferenza……ecco, quando le urla cessano provi la stessa sensazione che un agorafobico prova in mezzo ad un campo.
Perchè quelle urla erano comunque un qualcosa di fermo, di sicuro, di certo, di così imgombrante da riempire tutto. Anche lo spazio che avremmo dovuto dedicare a noi stesse. Anche lo spazio della nostra autostima, dell’amore che dovremmo provare per noi prima di poter amare chiunque altro.
L’eco delle urla ti rimbomba nelle orecchie per tutto il tempo che ti occorre per trovare dentro di te quel punto fermo che all’improvviso se n’è andato via.
E quando lo trovi o almeno capisci che esiste ed è solo nascosto in qualche punto recondito del tuo animo, quando senti l’esigenza di trovarlo a tutti i costi….è in quel preciso istante che le urla diventano sempre più lontane, e che il contorno di quel viso che ci ha fatto tanto male ma che continuava a a stare lì, fisso nei nostri pensieri, comincia a sbiadire.
Fino a sparire.
A volte il punto fermo sono urla.
A volte è l’ironia che offende ma affascina e a cui non sai, non vuoi, ribattere, a volte è il silenzio che raggela, a volte è la provocazione portata all’estremo, altre volte, invece, è l'”ingenuità” che intenerisce, che fa sentire importanti, imprescindibili.
Sono tanti i modi in cui “loro” entrano dentro di noi e ci occupano.
Io sto combattendo una lotta non che non è più per lui, non è contro di lui ma contro quella parte di me che all’epoca (e anche dopo….per parecchio tempo)ha preso una colossale svista, una gigantesca fregatura, un’emerita incul…..
Ma è una lotta buona perchè quella parte non la voglio soffocare o uccidere ma solo curare, “riparare”, rimettere su strada con il motore completamente revisionato.
Non voglio diventare dura, fredda ed egoista per paura di soffrire ancora.
Voglio continuare ad essere me stessa, con la mia ingenua bontà, la mia voglia di dare. Ma voglio saper dare anche a me stessa.
Quindi caro Alonso & co. (me compresa)….credo che nessuno di noi abbia nulla da perdonarsi, nulla di cui accusarsi, nulla da cui redimersi.
Le nostre storie sono tutte diverse. Sono diverse le premesse, le circostanze, l’indole, le reazioni, i tempi di reazione (qualunque essa sia).
Però credo che esista un minimo comun denominatore: ognuno di noi ha solo molto da capire e da conoscere di sè stesso.
Credo che persone come Luna, Anna etc non abbiano cancellato il dolore, le cicatrici che i tipi ci hanno lasciato in loro ricordo.
Credo che abbiano studiato sè stesse, il proprio dolore e che abbiano imparato prima a conviverci
e, poi, addirittura a sfruttarlo.
Come se fosse un bastardissimo trampolino duro come il marmo che distrugge le caviglie ma ti fa saltare verso l’alto.
Dobbiamo imparare da loro il non darsi addosso, il non bastonare la sella (noi) perchè quel porco dell’asino (lui/lei) ha tagliato la corda scappando a gambe levate.
Grazie Luna per essere come sei e per come sai trasmetterlo, per la tua foga, per il tuo esserci sempre.
Grazie Anna perchè “ci sei riuscita” e non te ne sbatti le palle di noi poveracci che stiamo risalendo la china.
Un bacio a tutti!