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Inter nos (pensando alle interviste di Pasolini)

Provare pietà per gli esseri umani forse è solo un istinto narcisistico, innumerevoli e ricorrenti sono i racconti che mi fermo ad ascoltare, delle volte anche solo di nascosto, prendono forma e mi camuffo in essi tentanto di rivivere gli eventi, così mi distraggo dai miei patimenti e affitto quelli degli altri.
Ho avuto il piacere di interloquire se non intervistare un pluripregiudicato, sono sorpreso dall’umanità di un uomo che ha tolto la vita a 13 uomini, anch’essi criminali, vissuto per una vita intera quasi in 15 metri quadri, le cui parole incantevoli descrivevano una donna, una madre che forse sarebbe stupita anch’essa di tanto affetto e devozione.
Si apri a me senza farmi domande, nel fumo di un locale buio prima delle luci del mattino, c’è una metafora che mi ha colpito molto;

“le parole ragazzo mio? le parole ragazzo mio sono come il ferro, se la tiri fuori devi sparare, se non intendi sparare non la tiri fuori neanche, a meno che tu non sia un quaquaraquà,”.

“La strada e l’amore si somigliano, entrambi hanno leggi non scritte e chi le trasgredisce è destinato a pagare anche con la vita, non tradire mai e se cadi, cedi per difendere ciò a cui tieni e sarai sempre pari nella vita.”

Non intendo farmi circuire da nessuno, ma riconosco il fascino di una rabbia arcaica negli occhi di quel uomo, simil ad un fedelissimo soldato, i cui valori di rispetto l’hanno mantenuto in vita tanto da poter sedersi al mio solito tavolo, dove solitario mi presto a stazionare quando sono triste o inquieto.
Codici comportamentali quindi una sorta di moral di strada, possono far vivere sereno anche il peggiore dei condannati, allora coloro che vivono in pena di rimorsi e delusioni sono artefici del loro male, così si stravolge il mio pensiero e smetto di provar pietà per buona parte delle vicende umane, soprattutto quelle dovute ai sentimenti, riscopro quello che apparente cinismo diviene morale e successivamente legge.
“Ognuno ha ciò che si merita, l’accettazione dell’iniquità del mondo è la base”.

Omicidio e perdono sono due facce della stessa medaglia, agli uomini non è consentito, fatta eccezione per gli uomini di tribunale, di decidere vita e morte.

Ma natura vuole che la pratica sovrasti la teoria e allora:

“Secco, non ti dispiace se ti chiamo secco?!, non so cosa c’entri con questa gente, tu hai violenza nelle parole, avrai sicuramente avuto l’istinto di uccidere qualcuno e facile che tu non l’abbia fatto, forse hai perdonato, tu la pistola ce l’hai ma hai deciso di non tirarla fuori.”

si fermò per qualche istante si guardò intorno sorseggiando quello che credo fosse assenzio.

dissi:
“Noi siamo come gli elefanti, quando avvertiamo l’incombere della morte solitariamente giungiamo a morire nel nostro cimitero ideale, questo è il mio e si mi faccio giudice sulla terra anch’io, medito sul da farsi, spesso qualche aspetto di me è venuto a morire qui magari ferito a morte, ed ho perdonato proprio in quest’angolo.”

“Uccidere un uomo è un peso la prima volta, le volte dopo divengono quasi un piacere, decidere di vita e morte è un po’ come essere Dio”

“Perdonare un uomo è un grande gesto, gli dai occasione di sbagliare ancora ed è un grande lusso, gli uomini ricchi spesso sono avari e non perdonano, per i poveracci è più semplice, si vede che sei poveraccio…”

“tirare fuori la pistola o non tirarla fuori è come essere o non essere, non so se mi spiego.”

Per un attimo fui spaventato da quell’uomo, prima non mi turbava ma le sue parole dette con cosi tanto cuore, mi impressionarono, mi feci più silenzioso e pesai le mie parole con magior intensità.

“Secco, il perdono è una strada tortuosa non credo ner valore cristiano del perdono, non aver pietà può fa di te un condannato dagli uomini, aver pietà e perdonare può far di te condannato dalla vita.”

“siamo tutti egoisti, se no non staremmo al mondo, ma un egoista è un traditore che gioca a carte coperte, le mani che c’hai sono l’uomo che sei e quello che puoi diventare, la posta in gioco non è quello che hai sul piatto, ma il culo che tieni sulla sedia, devi essere bravo a prevedere.”

“Esco secco grazie della compagnia, l’unica cosa che conta davvero è la coscienza se hai fatto tutto quello che dovevi e potevi fa, nessuno te ferma, nesciuno te po’ fa male, nel caso contrario sei no stronzo come tutti l’altri e te lo meriti de sta come stai.”

Ero venuto nel mio cimitero per far morire la mia angoscia e uscito dalla porta tirai un sospiro di sollievo, quel diavolo mi offrì un raro spettacolo, nel fumo vengono a morire le strane idee della gente, qualcuno perdona altri uccidono, ma la morte è inevitabile e spetta a tutti.
Tuttora mi sento più leggero è strano ma ci si affeziona ai propri fardelli qualsiasi essi siano, sono la nostra vita e quando si mettono da parte, pure noi andiamo da parte.
Mi ritornano in mente le interviste di Pasolini quando parla dei carcerati, la voce dei ribelli è vero sgomenta adesso lo so pure io, scuotono e scrollano i pensieri come la neve dalle tettoie.

Lettera pubblicata il 12 Marzo 2012. L'autore ha condiviso 21 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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Categorie: - Riflessioni

La lettera ha ricevuto finora 1 commento

  1. 1
    ramona -

    ma avrai davvero 22 anni..non che abbia una particolare importanza..ma ne avrai davvero così pochi?..

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