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Una vita dignitosa

Sono una signora di 42 anni sposata con 2 figli di 19 e 15 anni, che studiano, dopo aver perso il lavoro io e mio marito, e dopo vari problemi, non abbiamo piu potuto pagare il canone di 450 euro al nostro padrone di casa, perche non avevamo piu soldi nemmeno per mangiare, ho chiesto aiuto alla caritas, all emergenza abitativa, al comune, al vicario vescovo razzauti, alle case popolari, all assistenti sociali, ma non ho ottenuto niente. Adesso il 16 novembre avremmo lo sfratto con le forze dell ordine e non sappiamo dove andare. Vorremmo se possibile anche un alloggio senza riscaldamento senza gas tanto siamo abituati a tutto cio, anche da fare i lavori li farebbe mio marito, purche ci siano 2 camere matrimoniali, e pagheremo un regolare affitto, massimo 500 euro purtroppo sono le nostre possibilita. Io ho un lavoro assicurato e prendo 650 euro al mese e poco ma x noi à tantissimo, e mio marito ha trovato lavoro assicurato di 1.200 euro al mese. Veramente ho un bisogno urgentissimo SONO DISPERATA. Zona livorno. VI PREGO AIUTATECI AD AVERE E RICOMINCIARE UNA VITA DIGNITOSA GRAZIE. MAILA. C 3393972120

Lettera pubblicata il 14 Novembre 2007. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Categorie: - Me stesso

La lettera ha ricevuto finora 2 commenti

  1. 1
    Pulce -

    Per quanto ne sappia io, ma premetto che sono ignorante in materia, non possono cacciarti da casa, perchè non puoi permettertela, tu non uscire fin quando non trovi di meglio. Non possono sbatterti sulla strada, Siete persone e avete una dignita’.

    Per come la vedo io il vescovo lo puoi tirare sotto in macchina, il clero parla parla ma poi non aiuta le persone bisognose, aiutano solo chi potrà rendergli qualcosa..
    Dove abito io c’è un parroco che negli anni 90 faceva circoncidere chi non voleva fare il militare, tantissimi l’hanno fatto, il risultato? Su 100, 80 hanno fatto il militare perchè non avevano abbastanza agganci.
    Comunque penso che associazioni come ADUC,ADICOMSUM,ASS.Inquilini possano dirti qualcosa in piu’..

  2. 2
    eleonora -

    La storia del Piccolo Carabiniere

    28 settembre 2000: nasce Emanuele

    La storia di mio figlio inizia come quella di tutti i bambini. Nasce da un amore e cresce in una famiglia come tante: mamma, papà, una sorella più grande, i nonni, gli zii.

    E’ un bambino come gli altri, un angioletto pieno di vita e di cose da fare. Va a scuola volentieri, a quattro anni comincia a suonare il pianoforte, studia l’inglese, fa karate, gioca a calcio. E’ appassionato di astronomia e legge i libri di Margherita Hack, che lui chiama “la signora delle stelle”.

    Da grande vuol fare il carabiniere. L’ha deciso il giorno in cui ha visto il film su Salvo D’Acquisto, quello con Massimo Ranieri. Dice che un carabiniere deve parlare l’inglese per svolgere indagini internazionali e deve essere un campione di karate per combattere contro i nemici. Perciò studia e si impegna al massimo. Tutti i giorni vuole passare davanti al monumento di fronte alla caserma di Cologno Monzese intitolata a Salvo, a due passi da casa nostra. E ogni 23 settembre (anniversario dell’eroico sacrificio di D’Acquisto) e ogni 25 aprile gli porta un mazzo di fiori.

    Primavera 2007

    Emanuele ha 6 anni. Frequenta la prima elementare. A marzo cambia scuola. Nuovi insegnanti, nuovi compagni. Lui si trova subito bene, è felice.

    Studia. Corre la Stramilano. Il 17 maggio farà il suo secondo concerto di pianoforte. Gioca. Legge. A maggio diventerà cintura arancione di karate.

    10 aprile 2007: mattina

    Mio figlio ha mal di pancia. Viene il dottore e ci consiglia di andare al pronto soccorso.

    Ospedale San Raffaele. Pronto soccorso. Attesa. Visita. Attesa. Esame. Attesa. Altro esame. Passano così otto ore.

    Emanuele ha paura, è tutto nuovo per lui, non ha mai visto un dottore finora. Si sforza di restare tranquillo, vuol fare l’ometto. Solo lo sguardo impaurito tradisce la sua ansia. Lo tranquillizzo. Si fida di me, purtroppo, sono la sua mamma! Vuol fare il bravo: otto ore di visite e controlli senza un capriccio e senza mai dire no.

    Finalmente la diagnosi: appendicite. Bisogna operare. Subito.

    Lo accompagniamo in sala operatoria, mio marito e io. Lui ci arriva sulle sue belle gambette sane e forti. Sale da solo sul lettino. E’ impaurito ma non versa una lacrima.

    10 aprile 2007: tarda serata

    Tutto è pronto. Gli do un bacio. L’ultimo.

    Aspettiamo in pediatria. Il lettino è pronto da ore. Nessuno ci dice niente. Preoccupazione. Ansia. Panico!

    Ma ecco quattro dottori in camice. Chi sono?

    “Signora, abbiamo avuto un problema: 15 minuti senza ossigeno al cervello!”

    Cosa? Che vuol dire? Aspettate! Se ne vanno.

    Noi non capiamo. Cos’è successo? Un problema! Che problema? Ossigeno? Cervello? CHE VUOL DIRE? Nessuno ci spiega niente. Incubo! Il pensiero si ghiaccia. Poi esplode.

    Terapia intensiva

    Corriamo al reparto Terapia intensiva. Qualcu

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