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Storia di mobbing

Finanza creativa e mobbing

Giovanni D’Agata – 20-10-2005

Quando l’azienda licenzia un dipendente “scomodo”, colpevole di aver denunciato una clamorosa “frode” ai danni dei consumatori

Ha denunciato l’alterazione, da parte della Compagnia d’assicurazione da cui dipendeva, dei dati relativi ai sinistri e di risarcimenti “gonfiati”a vantaggio di alcuni “fortunati”ed a danno dei molti consumatori.

Ha denunciato la politica della Compagnia d’assicurazione che aveva fissato per ogni dipendente degli obiettivi da raggiungere in termini di numero di sinistri, loro liquidazione e aperture pratiche. Ha denunciato chi imponeva ai dipendenti di alterare i numeri e i dati delle pratiche, aprendo anche due posizioni per sinistro per lo stesso incidente, pur di raggiungere il traguardo prefissato.

Contro questo dipendente è cominciato, prima, il mobbing e poi si è passati al licenziamento.

Questa è, in sintesi, la storia di Giovanni D’Agata, un altro caso di mobbing “paramafioso e violento” nella “tranquilla” provincia italiana.

Ci troviamo a Lecce, negli uffici di una delle sedi della ben nota compagnia d’assicurazioni, La RasService S.c.p.a. Ed è qui che Giovanni D’Agata, ex ufficiale dei carabinieri e funzionario liquidatore presso quell’agenzia, ha sporto la sua denuncia contro la “finanza creativa” dell’ufficio. Sono subito partite le indagini degli inquirenti: il pm della Procura di Lecce, Imerio Tramis, ha aperto un fascicolo d’inchiesta sull’intera vicenda, che poi è stato trasmesso anche alla Procura di Milano, perché nel capoluogo lombardo si trova la sede legale della compagnia di assicurazioni. Gli avvocati di Giovanni D’Agata, Carlo Madaro e Piergiorgio Provenzano, hanno anche presentato un esposto all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato del cui esito ancora non abbiamo notizia. Di più, secondo quanto sostengono gli avvocati dell’ex funzionario, gli atti dell’inchiesta porterebbero alla scoperta di un cartello di compagnie che opera in maniera truffaldina ai danni degli utenti.

La storia di mobbing di Giovanni D’Agata s’inserisce in questo contesto assai complesso, di denuncia di gravi abusi e di inchiesta sugli estremi di associazione a delinquere finalizzata ai danni dei consumatori. Un bel melting pot all’italiana: accusa di estremi di reato, mobbing e poi un licenziamento iniquo.

La storia dell’ex funzionario parte da molto lontano, ed è quella di una professionalità solidamente costruita attraverso gli anni, con molta esperienza. All’età di ventidue anni, nel 1978, Giovanni entra per la prima volta nella struttura di un’assicurazione come libero professionista, per poi essere assunto nel 1986, con contratto a tempo indeterminato, prima come liquidatore e poi come responsabile dell’ufficio. Il suo ruolo prevedeva le specifiche mansioni di ispettore liquidatore della zona di Lecce e provincia, reggendo da solo e senza l’ausilio di impiegati amministrativi, anche parte della provincia di Taranto e Brindisi.

In seguito ai grandi accordi di fusione tra le compagnie assicurative (Allianz Subalpina spa e Ras spa), Giovanni D’Agata viene integrato nella nuova struttura lavorativa della RASSERVICE alle dipendenze di un supervisore di provenienza Ras, e responsabile dell’intero ufficio.

I rapporti tra Giovanni e il suo superiore sono entrati subito, irrimediabilmente, in conflitto; al primo veniva contestata l’uscita dall’ufficio, secondo gli orari contrattuali, ed intimato di proseguire fino a tarda sera anche il venerdì. Nel contempo, egli si rese conto che qualcuno visionava le sue pratiche sulla scrivania, lasciandole poi deliberatamente in disordine affinché lui se ne accorgesse.

Lo scontro maggiore ci fu, poi, quando il capo ufficio tentò di imporgli quelle procedure “farraginose” e non conformi alla tecnica liquidativa e su cui stanno indagando due Procure. In pratica, attraverso aperture fittizie di sinistri, omessa chiusura di incidenti liquidati e imputazione di pagamenti alterati, si cercava di migliorare, sotto il profilo strettamente matematico e statistico i risultati dell’agenzia. Inutile dire, che ad un secco rifiuto a tali procedure da parte del funzionario, i suoi rapporti con il capo entrarono definitivamente in collisione.

Oltre al mobbing ciò che si stava evidenziando erano gli estremi di una clamorosa frode ai danni della collettività.

“Ciò che va ricordato è che tali manipolazioni, se eseguite a livello generale, possono provocare conseguenze a catena, che incidono sul mercato delle assicurazioni, ricadendo sul consumatore, che può giungere così a pagare premi più alti di assicurazione”, sottolinea l’avvocato Provenzano.

Giovanni capì, subito, che questa storia presentava contorni ben più gravi, a chiaro sfondo penale, ed iniziò ad annotare sul suo taccuino le altre procedure che venivano “viziate” all’interno dell’ufficio. Come ad esempio, il pagamento ai medici fiduciari, al di sotto di quanto stabilito dalla legge.

La sua posizione divenne così scomoda da gestire che, ad un certo punto, gli vennero addirittura revocati tutti gli incarichi e sospese tutte le pratiche. Questa notizia lo portò al collasso e all’immediato ricovero in ospedale, dove gli venne diagnosticata una “grave sindrome depressiva reattiva”. Per questa malattia, Giovanni si assentò dal lavoro per più di tre mesi. Si sottopose ad una serie di accertamenti medici, sia psicologici che psichiatrici, che sottolinearono la “correlazione causale con situazioni lavorative avversative del Mobbing”, ricorda il dott.Benfatto che fece la diagnosi di “disturbo post traumatico da stress”.

Giovanni D’Agata rientrò al lavoro nel settembre del 2002 e si ritrovò a non avere alcun incarico da lavoro e nessuno, all’interno dell’ufficio, era disposto a fornirgliene alcuno. Anzi, come da manuale del mobbing, le uniche pratiche che gli venivano attribuite erano le semplice fotocopie delle pratiche altrui.

Arrivò il momento della denuncia presso la Procura di Lecce e Giovanni D’Agata venne anche convocato presso la sede di Milano, dove, apparentemente, fu ringraziato per aver dato comunicazione dei fatti che accadevano negli uffici di Lecce.

Ma si trattò di un bluff: Giovanni rientrò in ufficio e si scontrò nuovamente con il suo capo per un banale episodio relativo ad una pausa caffè non autorizzata, e si “meritò” addirittura quattro giorni di sospensione. Questo fatto provocò altri gravi contraccolpi nel precario stato di salute di Giovanni, che si assentò dal lavoro per altri due mesi.

E’ evidente, in tutta questa faccenda, che sia l’azienda che il capo ufficio hanno svolto in egual misura da”elementi fortemente stressanti”, stigmatizzando di volta in volta i comportamenti del funzionario. E in quest’ottica hanno proseguito, nel tentativo di emarginarlo e di metterlo in chiara difficoltà, sino a portare Giovanni ad un ulteriore collasso ed a una lunga malattia.

Rientrato al lavoro, il “tunnel del mobbing” non era ancora arrivato in fondo: prima gli vennero affidate delle pratiche di agenzie non più esistenti e poi, vennero affisse in bacheca le valutazioni dei liquidatori comunemente utilizzate in quel settore(tempi di liquidazione, percentuale di scarico etc….), dove, lui, chiaramente, risultava ultimo. Lo scopo di tale affissione, in altri termini, non era altro che l’ennesimo atto prevaricatorio e discriminatorio nei suoi confronti. Ma non l’ultimo.

Last but not least Giovanni D’Agata è stato, infine, licenziato. Ancora oggi, sta pagando le conseguenze di questo licenziamento e i contraccolpi psico-fisici che questo grave stato di tensione, vissuto in ufficio, hanno avuto sulla sua salute. La sua disavventura umana e professionale ha fortemente segnato la sua vita e quella della sua famiglia. A Lecce, attende, fiducioso, che la giustizia faccia il suo corso. Resta,quindi, ai giudici l’ultima parola.

Giovanni D’Agata

Lettera pubblicata il 3 Novembre 2005. L'autore ha condiviso 6 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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Categorie: - Consumatori - Lavoro

La lettera ha ricevuto finora 26 commenti

Pagine: 1 2 3

  1. 1
    carlo madaro -

    Il mobbing inferto al Sig. D’Agata Giovanni è strategico di provenienza d’oltre oceano e sperimentato nella Enron (lo scandalo americano dove sono coinvolte soc. come la McKinsey e l’Andersen consulting: le stesse,non a caso,di questa storia.)
    Da “American Lies” di Alessandro Spaventa:” In un libro uscito nell’ottobre del 2001 dal titolo THE WAR FOR TALENT, tre consulenti della Mckinsey descrivono l’elemento fondamentale che, a parer loro, distingue le aziende di successo: . Per la Mckinsey e i suoi epigoni il sistema, l’azienda, è forte tanto quanto lo sono le sue star, i suoi talenti. Negli anni Novanta, la cultura del talento si diffonde a ritmi vertiginosi in tutta Corporate America. Le idee della Mckinsey, come sempre, diventano una bibbia, e Skilling ne è uno dei profeti più entusiasti. Il suo staff arruola ogni anno centinaia di giovanissimi diplomati MBA, strapagandoli e promettendo loro opportunità mirabolanti. , dichiara Ken Lay ai consulenti Mckinsey in visita alla sede della Enron a Houston, . Alla base della visione Mckinsey – e quindi della Enron – c’è un processo chiamato ” differenziazione e affermazione ” o, nella più volgare traduzione nel linguaggio enroniano, rank and yank, ovvero mors tua, vita mea. Il meccanismo è spiegato con brutale chiarezza dagli autori di The War for Talent, secondo i quali una o due volte l’anno i dirigenti di un’azienda devono sedersi al tavolo e dividere i dipendenti in tre gruppi: A,B e C.Quelli del gruppo A devono essere stimolati e remunerati ben oltre il loro impegno. Quelli del gruppo B devono essere incoraggiati e aiutati. Quelli del gruppo C vanno rimessi in carreggiata oppure licenziati. Alla Enron, il sistema viene applicato quasi alla lettera. In ogni divisione, per due volte all’anno si riunisce il comitato per la valutazione dei risultati, che assegna a ciascuno dei dipendenti un punteggio da 1 a 5 sulla base di 10 differenti criteri. Ai primi in classifica vengono corrisposti bonus di due terzi superiori rispetto ai colleghi, mentre agli ultimi non spettano nè incentivi nè stock opsions. In certi casi, i dipendenti meno brillanti vengono semplicemente mandati a casa. Il sistema, apparentemente lineare, anche se crudele, è in realtà una specie di prova di sopravvivenza, un attraversamento del Nilo su una corda sottile. A ispirare il meccanismo, infatti, è la cultura del “tagliafuori”, nella quale le fortune degli uni sono legate a filo doppio alle sventure degli altri. E’ fin troppo facile immaginare che cosa succede quando al malcapitato di turno tocca essere esaminato dai colleghi mentre si affanna a spiegare i risultati semestrali sotto un tabellone sul quale campeggia la sua foto. Il sistema si presta anche a manipolazioni malevole. Può accadere che, per mettere qualcuno in cattiva luce, i membri del comitato cambino ad arte le cifre dei contratti. Spiega un ex dirigente della Enron: A causa della complessività dei calcoli, ci possono volere settimane prima di capire che cosa sia stato cambiato. Per allora o il contratto era già stato bocciato oppure venivi licenziato. CHIUNQUE NON ABBRACCI LA CULTURA DEL ” TAGLIAFUORI ” VIENE ETICHETTATO COME UNO CHE “NON CI ARRIVA”, UNO “SCOPPIATO”, UNO “SCARTO” CHE VERRA’ FATTO FUORI AL PROSSIMO GIRO. Le sessioni di valutazione diventano un incubo per i meno spregiudicati, per chi per un motivo o per l’altro non ce la fa, e soprattutto per chi non riesce a realizzare il budget assegnato da Lay, Skilling e Fastow al momento della definizione degli obiettivi. Chi non raggiunge la cifra prevista, quasi sempre fuori portata, corre il rischio di essere “riposizionato”, ovvero, nel linguaggio enroniano, di essere spostato presso un altro dipartimento, per poi essere sottoposto a una nuova decisione”.
    Da quello che emerge dalla lettura dell’emistichio tratto dal citato libro del Prof. Spaventa, il mobbing subito dal Sig. D’Agata è spietato e conseguente alle denuncie di irregolarità poste in essere, presentate all’autorità giudiziaria scaturite dai valori che lo contraddistinguono. Attendiamo l’esito delle decisioni che il Gip di Lecce sta per intraprendere in questi giorni circa il rinvio a giudizio per lesioni colpose ed altro a carico del capo ufficio e forse di altri.

  2. 2
    Giuseppe -

    Sono mobbizzato da più di 10 anni con vicessitudini aziendali che stento ancora oggi a credere che possano verificarsi, nell’indifferenza generale.
    i casi di mobbing che ho letto su internet, fanno (fortunatamente per le vittime) sorridere rispetto a quanto ho subito e stanno subendo tutti quei colleghi (pochissimi) che hanno avuto il coraggio di denunciare la verità.
    Ho promosso da quasi 4 anni la prima causa di mobbing contro un’Azienda pubblica.
    L’esperto europeo, Dott. Harald Ege (con 2 perizie), ha definito il mio caso il caso più grave che abbia mai rilevato, tanto da voler scrivere un libro in merito.
    Le collusioni, riscontrate (a livello locale) durante il processo, tra mondo forense, magistratura, INAIL, INPS, perchè non si crei un precedente nel nostro ordinamento, hanno del fantascientifico. Solo le registrazioni telefoniche di violenze e ricatti subiti, hanno evitato il licenziamento dello scrivente e dei colleghi che hanno testimoniato in tribunale.
    Vorrei rendere di pubblico domininio la mia vicenda (di cui sto scrivendo una dissertazione), sia per evitare che certi fatti possano ripetersi sia (nella speranza) che qualcuno possa vergognarsi.
    Ho la fortuna, di essere di tempra e di carattere forte (sono cresciuto dai Francescani e pratico molto sport) e ho sempre conferito alla dignità personale, un valore assoluto.
    Mi chiamo Giuseppe Russo (vivo a Genova).
    E-mail: erick87@alice.it
    Cell. 3492919402

  3. 3
    fortunato zanotti -

    La mia storia lavorativa avversativa inizia e mi cambia la vita il 30 marzo 1995.Un’inchiesta che anca oggi mi perseguita a seguito secondo l’accusa di irregolarità nella mia professione di esattore,pare non avere fine.
    Intanto chi ha inventato questo modo di lavorare si sta godendo l’immeritata pensione e io sono tredici anni che mi tormento.
    (diario di un esattore)grazie

  4. 4
    teresa -

    mi chiamo Teresa, e anche io sono stata vittima di mobbing da circa dieci anni, perche’ penso di essere una persona buona, e debole sempre detto la verita.la scuola mi ha sempre assillato, perseguiotato per ogni cosa, sia per permessi di studio e sia per corsi di aggiornamento, , stando addosso, dandomi per queste miei diritti che chiedevo altri mansioni non a me gradite, di tutto e dipiu’ fino a quando non venne un dirigente uomo che mi ha messo sempre paura e terrore, ogni volta che cercavo di tramettere un mio pensiero o disagio, egli travisva i miei stai d’animo e cosi mi faceva faccia scura ed io capivo che in quel mometo era nero con me, e mi faceva prelevare dalla vicaria e ricevuta in direzione per sfogare la sua immotvita rabbia, eli diventata volgare. poi si sfogava e si calamva, tar noi c era sempre guerra pace, un abisso e per colpa sua, ho avuto uno spavento che si e’ percorso sul mio lavoro, trovandomi contro dirigente, colleghe e genitori, sono stata minaccita fino al punto di entare nel tunnel della pura e di farla farla finita, alla fine dopo tre mesi di terrore e paura sono scappata in un’altra scuola, ma se prima ho subito, pianti, mal di pancia e fortissimi mal di testa ora anche blocco ciclo, ho denunicato due presidi, ma avrei dovuto denunciare anche tante altre persone che mi hanno rovinato e segnata per sempre, ora non no ho la forza di rientare nella miaa scuola di Aprilia, avrei contro genitori, e con la sofferenza di stare male e la colpa di avere anche un genitore malato ed essre sola contro tutti…e la scuola non fa nulla per me, avevo provato a parlare con il ministro, ma questo ascoltemi per sdrada se ne ando,, sembra assurdo quello che mi e’ successo eppure e’ successo….

  5. 5
    di marcantonio camelia -

    L’ironia della sorte. Avevo il terrore di non farcela a sopportare le umilazioni e vessazioni .Il dirigente dell’INPDAP di Latina , intorno a questo clima invivibile mi ossessionava con continui procedimentoi disciplinari e sanzioni . Mi chiudeva la casella di posta elettronica per anni. Non mi faceva lavorare. Quando si, i colleghi si improvvisavano con aggiornamenti e continue correzione sulle mie pratiche passatemi al limite della scadenza.Emarginata ,chiusa nella mia stanza, con tanto di motivazioni ,dichiarate espressamente dal responsabile ., a motivo del fatto che avevo aperto il contenzioso contro il dirigente e colleghi. A questo punto iniziavo a pubblicare in bacheca sindacale tutte le situazioni subenti nella speranza che i colleghi sindacalizzati capissero in che condizione mi trovavo. In parte la mia situazione era molto visibile visto che ero costretta all’ inattività forzata ed ero ubicata in stanza rumorosa o con materiale di archiviazione giacente sul pavimento.Non sono impazzita proprio perchè mi sfogavo ogni giorno con i miei scritti .Nel frattempo mi ero rivolta alla Procura denunciando il mobbing informatico ed altro. E intraprendevo le impugnazioni di 10 sanzioni in sede civile oltre al ricorso Mobbing (fermo dal 2002). Denunciavo alla Corte dei Conti illeciti amministrativi a danno degli utenti e sulla mia persona. Strano è che nonostante l’esistenza della documentazione circostanziata e inconfutabile sugli illeciti detti , tutti in possesso della Corte dei Conti, la Procura di Latina mi cita in tribunale del giudice di pace per diffamazione e ingiuria nei confronti dei querelanti , senza chiedermi il riscontro della documentazione probatoria. Ironia della sorte mi trovo a difendermi contro le accuse di situazioni descritte su atti interni con tanto di registrazione di protocollo o determinazioni a firma dei dirigenti. Il P.M. in altro fatto , attesta sul decreto di archiviazione , che i precedenti del mio comportamento scorretto si leggono indirettamente dai fatti esposti dal querelante anche se il denunciante ritrattava la querela stessa.Forse si tratta di un processo manovrato? non loso. So soltanto che se sopravvivo è merito di quelle mie reazioni di legittima difesa…

  6. 6
    Di Marcantonio Camelia -

    Sono dipendente dell’INPDAP Non so quanto resisterò ancora in questo stillicidio psicologico anche da parte della Magistratura! Pongo all’attenzione come è possibile “lecitamente” bloccare fatti di rilevanza penale subenti ovvero manovrare un processo bloccandolo ancora prima dell’ apertura del dibattimento . In qualità di parte offesa e/o parte privata sono pochissime le possibilità per poter impugnare l’ opposizione all’archiviazione in Cassazione . Conseguentemente il Pubblico Ministero consapevole di questo , anche se denunciato (senza riscontro a tutt’oggi) alla Procura di Perugia , stà determinando ,volutamente, la stasi del processo accordandosi con il GIP per l’archiviazione di tutte le mie denucie. Sta di fatto che
    le omissioni del medico competente e del datore di lavoro in INPDAP , per mancata sorveglianza sanitaria di cui alla’art.16 della legge 626/94 e il venir meno all’obbligo di denuncia della malattia professionale da mobbing di cui alle costrittività organizzative decreto del 27/04/2004 ( senza aver esperito indagini) non costituiscono rilevanza penale, secondo la motivazione sposata da entrambi ( PM.e GIP) .( Vedi invece il parere del procuratore Guariniello pubblicato sul Corriere della Sera pochi giorni fa e vedi sentenza della Cassazione in conferma della sentenza del Giudice di Nola ) Non solo Ma Il Pubblico Ministero , Giuseppe Mancini del tribunale di Latina , non ha alcun scrupolo ad accogliere,invece, la rilevanza penale ( reato di diffamazione e ingiuria ) per ogni assunto denunciato dal mio stesso querelato :Dirigente INPDAP di Latin, Mario Specioso . Il quale conferma il mandato di incarico legale -esterno alla Figlia Fiorella del Manicini . In sostanza voglio dire che fatta la legge fatto l’inganno. Non dandomi il P.M. e il Gip la possibilità di costiturmi parte civile bloccando,appunto, il processo prima ancora dell’apertura del dibattimento si è voluto evitare le indagini .Quelle del Giudice di merito . Centinaia sono i documenti indiziari occultati dal Consulente di fiducia del PM in ogni dove durante l’ispezione durata tre ore a fronte di maltrattamenti durati 16 anni .Come mai? Quanta gente è nelle mie stesse condizioni ?

  7. 7
    gene -

    Il tempo passa e tu mobbizzata perdi a poco le tue energie .Non è vero. Il Mobbing è conosciuto e ben sapenso le conseguenze le Aziende invece di intervenire ti affossano.
    E se sei mobbizzata dai Dirigenti di una grande Amministrazione Pubblica come l’INPDAP. Allora non hai scampo .Ha appoggi in ogni dove: se chiami l’ASL questa fa finta di non vedere ;se ti rivolgi all’Ispettorato ironia della sorte è anche locatario dello stabile INPDAP che sperare?
    Se ti rivolgi alla Consigliera di Parità del Lazio, questa telefona ai sindacati che non confermano chiaramente! Le fa finta di non sapere che non sono una fonte attendibile.
    Se ti rivolgi all’ISPELS ti dice la Fattorini che non può far nulla.
    Se ti rivolgi al Procuratore questi chiude il caso in fretta e furia perchè sei matta!. Il tempo passa e anche il termine prescrizionale si avvicina.
    Se vai dal giudice e gli dice che il mobber , davanti a Lui, non ti fa lavorare .Allora ti risponde: è la prassi basta che la pagano.
    Se dici al giudice che ti hanno trasferito contro la tua volontà ti risponde hai un carattaraccio e dai fastidio, che ce ne frega se tu volevi rifiutarti e non te lo hanno permesso?
    E se ti senti rimproverare dal giudice: La smetta di fare tutti questi ricorsi. Ma sono impugnazioni di sanzioni disciplinari? Allora smettetela tutti.
    E se il giudice revoca il mandato della CTU perchè pensandoci bene è troppo costosa!
    LA GIUDIZIA NEL TRIBUNALE DI LATINA……

  8. 8
    roy -

    IL MOBBING E’ IL CANCRO PROVOCATO DAGLI UOMINI

    Ormai quasi non fa più nemmeno notizia.

    Te ladevi cavare da sola.

  9. 9
    melania -

    Sento sempre più spesso parlare di un Mobbing in INPDAP di Latina.
    Non so se stiamo parlando della stessa persona. I siti ne parlano molto. E’ raccapricciante che non si faccia ancora nulla?
    E’ almeno un anno che lo conosco questo caso. E dalle pubblicazioni si deduce che nessuno è intervenuto ……..

  10. 10
    fortunato zanotti -

    e se dopo tredici anni per il povero esattore ci fosse pure la condanna?Il mobbing da chi sarebbe condotto? Dallo Stato,dall’azienda o dal sistema.Io trovo piu’ responsabile quest’ultimo perchè racchiude molte cose.Racchiude l’indifferenza delle Istituzioni verso i mille problemi della giustizia che non si vogliono mai affrontare anzi sembrano siano tutte pilotate per far uscire bene i mandanti.Se paga il solito nessuno,pazienza,co...... lui (io) che non ci ha pensato prima!(udienza prossima 25 gennaio) diario di un esattore

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