L’economia italiana, e meridionale principalmente, è alimenta anche da un parco lavoratori autonomi, più singoli che associati, ai quali lo Stato per garantire lo scudo dal Coronavirus sta finendo con impedire la produzione e la percezione di un reddito che pur minimo e misero ha fino ad oggi garantito la sopravvivenza. Le rigide norme imposte hanno dato fino ad ora buoni risultati e la catena solidale ha garantito fino la tenuta sociale
Gli spiragli che dal 23 aprile vengono aperti: negozi per bambini e librerie rispondono certamente ad una logica superiore ma mi chiedo come da questa logica siano esclusi, almeno nei comuni privi di contagi e con obbligo di non allontanarsi dagli stessi, gli artigiani con botteghe che hanno due o tre dipendenti o collaboratori, badanti e colf, lavoratori a domicilio, collaboratori e collaboratrici a domestici, piccoli studi professionali, botteghe rionali, coltivatori diretti, braccianti agricoli e lavoratori forestali ed anziani che si rendono ancora utili assistendo i nipotini o curando l’orto familiare. Tutti questi potrebbero rientrare nel tessuto produttivo continuando ad essere obbligati non soltanto a rispettare distanze interpersonali ma anche l’uso delle mascherine durante le prestazioni lavorative. Basterebbe definire i protocolli di comportamento.Gli italiani durante questo periodo di quarantena hanno ricevute sufficienti istruzioni e certamente non sarà una ulteriore quarantena a garantire in futuro comportamenti consoni.
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Ma basta Francesco, abbiamo capito, però basta.
Fatti, nel caso, eleggere senatore e poi deciderai per noi.
Intanto stattene buono sul divano, come gli altri italiani, in fondo non è certo un supplizio, anzi, hanno chiuso pure le palestre che per quanto mi riguarda mi avevano già stufato e risparmio un 50 al mese.