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Può capitare di …

Può capitare di scrivere un post nel quale diciamo di come viviamo l’assenza di una persona. Un post nel quale scriviamo che, questa assenza, in senso figurato, è presenza. Poi decidiamo – forse maldestramente. Stupidamente. Ingenuamente – di invitare questa persona a leggere questo post, come a dirle:«Vedi che le cose stanno in questo modo, anziché nel modo che credi tu!».
L’invito viene accolto, ma, tempo qualche giorno, si viene rimproverati per averlo fatto, questo invito.

Poi càpita di essere noi, soggetto di un post. Siamo invitati noi, questa volta, a leggere questo post. Ringraziamo per il tempo, le attenzioni, le energie a noi indirizzati, quindi leggiamo, con piacere, questo post.
Siamo felici per aver letto questo post. Consapevoli, inoltre, che, tempo-attenzioni-energie, non ci siano affatto dovuti.
Fine.

Lettera pubblicata il 15 Ottobre 2021. L'autore ha condiviso 13 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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Categorie: - Relazioni

La lettera ha ricevuto finora 4 commenti

  1. 1
    salvo ruotolo -

    Può anche capitare di non riuscire a darsi una spiegazione delle ragioni – «Perché?», in altre parole – di taluni comportamenti altrui, nei nostri confronti. Come anche di talune cose scritte-dette, nei nostri confronti.
    E, questa spiegazione, non ci viene fornita da chi questi comportamenti li ha tenuti o quelle cose le ha scritte-dette.

    Qui si fa riferimento ai soli comportamenti o cose scritte-dette che, in senso metaforico, non sono propriamente «carezze». Che «carezze» non lo sarebbero neppure fossimo stati noi, a tenere quei comportamenti o a scrivere (o dire) quelle cose.

    Non occorre avere troppi capelli bianchi per capire che non sono poche, in questa nostra vita, le occasioni nelle quali, altri, non ci fornisce spiegazioni ai propri comportamenti o alle cose scritte-dette – oppure siamo noi, a non fornire spiegazioni a nostri comportamenti o a cose scritte-dette! -.
    Credo sia così dalla notte dei tempi. Credo sarà così per l’avvenire. E perciò, dolersene, è forse un po’ da ingenui.

  2. 2
    chiara pellegrini -

    Può essere che le persone semplicemente sbaglino, e lo capiscano, lo ammettano, lo scrivano con colpevole – e irrimediabile – ritardo, e che poi non basti una vita per dolersi dell’errore?

  3. 3
    salvo ruotolo -

    @chiara pellegrini

    Troverei – trovo – eccessivamente severo, e quindi sbagliato, dolersene per una vita intera. Non fosse altro perché, ad uno sguardo lucido dentro noi stessi, un po’ tutti – io credo – abbiamo cose di cui dolerci, per aver scritto-detto-fatto qualcosa che ha procurato, ad altri, una sofferenza piccola o grande.

    Il mio commento si riferiva alla sóla ragione per la quale – o ragioni per le quali -, talvolta – o spesso – teniamo comportamenti. Scriviamo cose – o le diciamo – che, in quello stesso momento o poco dopo, dovrebbero apparirci come non proprio delle «carezze».

  4. 4
    salvo ruotolo -

    Può anche capitare che, le cose della nostra vita, non siano andate esattamente come avremmo voluto. E credo sia maturità – anche maturità – accettarlo.
    Come credo sia maturità convivere con quel «venerdì» quando, inopportunamente, abbiamo fatto quella brutta domanda. Oppure aver dato, ingiustificatamente, quella risposta, evitabile, che ferisce.
    Maturità credo sia anche convivere col fatto che, quel parallelo, lo avvertiamo come improprio. Come ingiusto. Profondamente ingiusto.
    Maturità credo sia anche riconoscere – e accettare – che, talvolta, siamo stati «giudici» forse dagli occhi un po’ «strabici», verso Tizio o Caia.
    Maturità credo sia anche piantarla di scrivere cosa possa capitare. Cosa possa capitarci.

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