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Non so dirti quello che tu non sai

Trovi il testo della lettera a pagina 1.

Sono un uomo del dolore: perché l’ho conosciuto, perché con quello degli altri ci “lavoro”, perché l’ho causato!
Vado in barca a vela per sfogare il dolore, per ballare il mio male di vivere, per giocare d’astuzia con quel vento che è contrario al mio camminare e mi fa tremare.
Quando sono in mare, tra lo sciabordio delle onde, cerco un’altra strada per un altro cielo, cerco un orizzonte di libertà e di fiducia come un marinaio dall’impavido cuore che vive sfidando l’impetuosità delle onde, e spesso mi perdo nei percorsi incerti dell’essere uomo. Giovane uomo del dolore!
Da uno psichiatra ognuno attende risposte che abbiano ragione di ogni malessere. Troppe volte questo si perde nel teatro già troppo vuoto della realtà collettiva, ma quelle stigmate roventi del dolore indicibile e dell’angoscia, della tristezza e della disperazione e della fatica di vivere non scompaiono dalla storia di chi ne è assalito.
Questo male di vivere che incontro ogni giorno e che sfida la mia storia, questo urlo angosciato che non si placa e si perde come un alito di vento nelle tenebre dell’egoismo e dell’indifferenza, questo agitarsi terrorizzato su scenari di precarietà che non fanno battere più il cuore. No, non ci batte più il cuore, questa è la verità!
Perché è patologia mentale la depressione, che è espressione della fatica di vivere di chi vuole realmente vivere, e non invece la freddezza e l’indifferenza, che sanno di orrore, con cui si assiste alla morte di chi “senza luna, senza stelle e senza fortuna” “ceca dal terzo piano la sua serenità”, per rimediare la sua lacuna, per dirla col tanto adorato De André?
Perché è follia la schizofrenia, con i suoi deliri e le sue allucinazioni che sono espressioni di un senso che si nasconde dietro l’apparenza del mondo, e non anche la mente di chi, destinato a “curarla”, ritiene di poter ridurre il suo senso di strappo e lacerazione non altro che a “disfunzioni del sistema neuroendocrino ubiquitario”?
Colleghi psichiatri di differenti concezioni mi esortano ad abbandonare la mia “pietà della tenerezza”come dice Pascal, perché nulla può contro le “interazioni neuronali alterate ”, che in questo caso occorre la chimica, servono i farmaci, serve lo sguardo lucido e razionale, serve la distanza emozionale! Tutte stronzate: basta guardare all’esperienza umana e professionale di quel grande uomo e grande psichiatra, di quella mente illuminata che è Giorgio Antonucci.
Ho scelto di essere psichiatra perché un giorno, giovane studente in medicina a Bologna, spaventato ragazzo che si era perso nell’inganno ingenuo del colore azzurro dei suoi occhi, avevo deciso di ingoiarmi nell’animo il gas del tubo di scappamento dell’auto.
Psichiatra perché “mi alzavo la mattina con addosso tutta la stanchezza della sera” (e non parlo di una stanchezza fisica) , psichiatra perché stravolto e sopraffatto da un dolore che, improvviso ma non inaspettato, mi si è avventato sopra e che da allora non mi ha mai più lasciato.
Mi ha sempre intenerito (non affascinato) la figura del medico come di una persona che con la sua COMPASSIONE è l’ideale e doveroso controcanto all’aridità e avidità che stiamo attraversando.
Questo medico, solo, di guardia al turno di notte, a difesa di quel po’ di umanità, di solidarietà, di attenzione agli altri che ancora ci rimangono. Psichiatra anche per questo!
Ma la nostra, è una società del volontariato e non della compassione. È la società di chi concede a ore servigi a basso prezzo con indosso i guanti della prevenzione e il terrore di una contaminazione immaginaria. Questo mondo rigurgitante di umanità scomposta e di umane sofferenze che giocano il loro destino sugli avamposti dell’emarginazione, questo mondo che porta “un volto d’arsura” offeso dalla trivialità trionfante di giorni sguaiati così pieni, carichi, intrisi, onusti di odio, rancore e violenza è compensato da un volontariato operato, per lo più, da gente che si annoia e che non ha nulla da fare e allora va ad assistere allo spettacolo della povertà, va a godersi la tragedia di chi si logora sulla trincea della miseria e dell’abbandono.
Contro questo, medico e psichiatra: per vivere un nuovo umanesimo, per armarmi di bontà e compassione. Perché se non conosco cosa fa soffrire lo “sconosciuto che mi passa accanto” come faccio a dire che lo amo?
Psichiatra per cogliere il dolore dell’altro, per capirlo, per rispettarlo, per amarlo, per cogliere il dolore dell’altro come ingiusto, indicibile, intollerabile, per sentire il dolore dell’altro come imperativo a fare qualcosa per alleviarlo e condividerlo, per avere voglia di compassione verso chi si incontra e soffre, per amare la compassione come capacità di sentire il dolore e l’angoscia di un amico disperato.
Io non ho risposte da dare, posso solo regalare “ciò che non ho” come dice il mio omonimo Alessandro Manzoni:
“Occupati dei guai, dei problemi del tuo prossimo. Prenditi a cuore gli affanni, le esigenze di chi ti sta vicino.
Regala agli altri la luce che non hai, la forza che non possiedi, la speranza che senti vacillare in te, la fiducia di cui sei privo. Illuminali dal tuo buio. Arricchiscili con la tua povertà.
Regala un sorriso quando hai voglia di piangere. Produci serenità dalla tempesta che hai dentro.
“Ecco, quello che non ho, te lo do”. Questo è il tuo paradosso.
Ti accorgerai che la gioia a poco a poco entrerà in te, invaderà il tuo essere, diventerà veramente tua nella misura in cui l’avrai regalata agli altri”.
È davvero così! Ho vent’otto anni e più volte ho pensato al suicidio, prima di essere psichiatra e dopo esserlo diventato.
Oggi ho scoperto il mio vento libero e corro felice e leggero nella brezza dei sogni e delle speranze, delle paure e delle debolezze, dei “dubbi e delle incertezze”. Corro, corro in punta di piedi verso infiniti orizzonti di amore.
Non ho la pace dentro: non la posso avere perché ogni giorno vedo letti di contenzione negli inferni disumanizzati degli SPDC (servizio psichiatrico di diagnosi e cura) , vedo occhi storditi dai farmaci neuroplegici, vedo vite ridotte la limite della possibilità di esistere.
Non ho la pace dentro ma credo che non mi sia preclusa la possibilità di essere felice perché sto imparando ad amare comunque la mia vita. Nell’avverbio “comunque” stanno tutte le inevitabili amarezze, le tribolazioni, le angosce che tutti sperimentiamo. “Autopsicanalizzandomi” ho capito che mi era d’obbligo passare dall’attesa vana e impossibile di risarcimenti per le sofferenze attraversate, alla costruzione quotidiana e generosa di momenti che dessero felicità e benessere a me e agli altri. Ho mutato le mie condotte da atteggiamenti di richiesta a quello di un’offerta di me stesso e del mio valore (scarso) , di quel poco che sono e che posso all’altro, agli altri, al mondo.
Mi immergo nel respiro affannato del mondo e senza paura tengo dritta la rotta verso l’avventura della compassione. Senza più concedermi facili comodità nel rischioso mestiere di vivere sfido il rischio e tento l’azzardo e non ho timore di lasciarmi sopraffare dalle sofferenze indicibili e laceranti di tutti coloro che il mio mestiere mi porta ad incontrare perché il loro urlo è il mio urlo.
Questo urlo corre veloce e ardimentoso ad artigliare le coscienze banali che si ostinano a ignorare l’immensa forza del trauma, sempre pronte a giudicare e condannare quelle voci che, seppure in agonia, ancora osano levare un’estrema e appassionata voce di sdegno contro questa tenebra di pregiudizio e diffidenza che accompagna il disagiato psichico. Non mi curo di questo e vivo la mia follia dell’amore. La follia e l’amore di un giovane psichiatra per i suoi “matti”!
Alessandro

Lettera pubblicata il 22 Ottobre 2010. L'autore ha condiviso 3 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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La lettera ha ricevuto finora 81 commenti

Pagine: 1 2 3 4 9

  1. 11
    Aria85 -

    Fortunato chi può contare sul tuo impegno di medico e di uomo.
    Mai dimenticarsi dell’anima,che si tratti della propria o di quella altrui.
    Continua a guardare il mondo,così com’è,aspro,doloroso,crudo,con gli occhi azzurri e limpidi.
    Perchè coloro che hanno gli occhi velati da intrugli chimici,non possono farlo.E hanno bisogno dei tuoi.
    Spero,un giorno,di avere l’immensa fortuna di incontrare un uomo come te.

  2. 12
    ventolibero -

    Tennenbaum,la tua è una bella riflessione,tuttavia (mi pare)intrisa di sfiducia e sgomento davanti alla pochezza e miserabilità che il mondo ci propone.Capisco il malessere,capisco l’amarezza,capisco il disorientamento e il sentirsi soli e privi del necessario sostegno,della vitale comprensione.Tuttavia,dato che definisci stupende (lo sono)le parole del Manzoni,guarda all’uomo come “infinita possibilità” come dice Turoldo in una sua poesia,facile a sentimenti di rabbia,vendetta,rancore,capace di male indicibile,di orrori inenarrabili ma capace anche di altro.Mi perdonerai l’accenno biografico:solo per dirti che nella mia pur giovane esistenza ho provato,come moltissimi,intensi malesseri col rancore lì,sempre in agguato ma poi,ho capito…ho capito che se miravo alla salvezza dovevo affrontare la vita come incontro e non come sfida e l’incontro ci porta a ballare la danza della nostra gioia ma anche a a piangere le lacrime del nostro dolore.Non si tratta di essere nè ottimisti nè pessimisti,l’uno e l’altra è sprofondare nello stesso abisso di banalità.Si tratta,a mio modesto parere,di alzarsi la mattina e fare il “proprio mestiere di uomo” come dice Prevèrt.Allora l’uomo e il mondo come “infinita possibilità”.Io ci credo!E tu? Se vorrai rispondere,potresti usarmi la benevolenza,se puoi e se vuoi,di dirmi il tuo nome?Come vedi il mio lo lascio sempre in calce ad ogni intervento. Brian Weiss.Cosa ne penso?Tutto il male possibile.Ho inteso parlare di compassione,di remote profondità dove si annidano laceranti sofferenze,di voglia di vivere nonostante tutto,volontà di vità dove e quando ogni cosa sembra costringerti alla resa e qui ve ne uscite col parapsicologismo da new age?Che Brian Weiss,come Giovan Battista Cassano d’altronde (per dire due poli opposti di una stessa tragica e pericolosa illusione)vengano visti come psichiatri è un’onta che potrà cancelare chi?Non lo so?Cos’è la psicanalisi se non una regressione a quelle tracce nascoste di sè che si cerca di recuperare per costruire una nuova dimensione della propria persona nel mondo.E questo è Freud.L’immenso Binswanger parla,riferendosi alle nevrosi depressive,di “riflusso regressivo di colpa”.Ritornare al proprio senso di inettitudine che si è interiorizzato per riconoscerlo e accettarlo.Accettare la propria fragilità. Lasciamo stare il suggestionismo alla Weiss.Sono farneticazioni allucinanti e pericolose adatte per coloro che si perdono nel turbinio dei propri vaghi malesseri esistenziali.

  3. 13
    Tiffany -

    @toroseduto
    concordo pienamente, ho preso nota della tua mail ti scriverò al più presto
    Tiffany

  4. 14
    ventolibero -

    Adatto solo per coloro che ritengono il proprio mal di denti più dolorante,più minaccioso e più logorante del tumore devastante di chi gli è accanto. Adatto,oltremodo,alle casse della Mondadori!
    Il suggestionismo e,di conseguenza,l’autosuggestionismo ti dà quella sensazione di sollievo e benessere che poi,inesorabilmente,è scalzata da un senso di profondo vuoto e voragine. Perchè è proprio nell’attimo in cui credi di stringere ben salda una certezza tra le mani ecco che già allora,in quel preciso istante,che ti sta già sfuggendo. E’ lo stesso meccanismo degli psicofarmaci,per questo facevo riferimento a Cassano che non ho esitazioni nel definire come infamia e vergogna della psichiatria. Andiamoci piano,si abbia cautela perchè la psichiatria è una cosa seria,delicata e perciò pericolosa. Può fare enormi danni la psichiatria che non è nè parapsicologismo e suggestionismo (vedi Weiss) nè riduttivismo a mera encefaloiatria (vedi Cassano).La psichiatria può fare davvero molti danni,danni indicibili e,tal volta,irreversibili. Perciò,davvero,facciamo attenzione a quello che diciamo,quantomeno quando lo diciamo in pubblico. Il dolore di cui parlo,un dolore logorante,lacerante,devastante,il dolore dissociativo dello schizofrenico,ad esempio,pensate davvero di poterlo banalizzare in questo modo? Rossana,lo riconosco:esagero con le metafore. Perdonami,non è autocompiacimento è passione.
    La mia formazione si basa sui testi,sulle parole s sui concetti di immensi scandagliatori dell’animo umano:parlo di Binswanger,parlo di Danilo Cargnello,parlo di Minkowskji,di Basaglia ecc.Parlo di tutto l’aorientamento psichiatrico-fenomenologico tedesco. Pagine di profondità abissale,dove domina e trionfa un reale amore per l’uomo.Pagine,parole e concetti di autentio umanesimo.
    Provo disgusto,anche solo al pensiero,di accostare a così tanta bellezza,la spazzatura di Brian Weiss!

  5. 15
    tennenbaum -

    La sfiducia di cui dici essere intrisa mia riflessione c’è, ma più che altro verso l’uomo. Anche se questo argomento l’ho solo sfiorato (anzi, l’ho evitato proprio, dicendo che non intendevo fare una critica alla società odierna).
    Ci tengo però a fare due precisazioni.

    1. Malessere, amarezza, disorientamento e “sentirsi soli e privi del necessario sostegno, della vitale comprensione” non sono proprio ciò che intendevo esprimere. Forse sembra un paradosso dopo ciò che ho scritto. Io mi ritengo tutto sommato fortunato rispetto a molti altri che stanno sulla mia stessa barca, quella che noi chiamiamo “vita”. Per cui non volevo esprimere il mio pessimismo alla luce di un mio personale malessere o di una mia personale solitudine. Sarò presuntuoso (ma almeno non l’unico, visto che non sono certo il primo ad esprimere un punto di vista del genere), ma intendevo esprimere qualcosa di più universale. Più che la condizione del sottoscritto, la condizione umana.

    2. Devo ammettere di sapere ciò che scrivi su pessimismo e ottimismo. So che la vita, di per sé, non fa né schifo né è magnifica. In se stessa è avulsa da ogni giudizio. Ma quello che ho scritto, che indubbiamente non riflette questa assenza di valutazione, è la quanto più “realista” valutazione dell’esistenza che riesco a dare. Certo basterebbe riconoscere che la vita non è né bella né brutta, non è nulla. E infatti questo passo l’ho fatto: so che è così. Ma ho deciso di spingermi un po’ più in là (consapevole che c’è un intervento mio sopra la nuda realtà) e vedere che effettivamente l’uomo non è che trascorra un periodo neutro, né bello né brutto. Se fosse un animale privo di (auto)coscienza, allora, pur soffrendo, l’uomo non realizzerebbe le qualità (brutta/bella) della vita. Ma così non è: l’uomo è da sempre alla disperata e vana ricerca di un senso per la sua vita. Un senso che non c’è e che troppo spesso si inventa (vedasi la religione). Ma la verità è che il senso non c’è: noi cerchiamo qualcosa che non c’è. Ecco perché la vita-che di per sé altro non è che il nulla-fa schifo. Fa schifo non già in se stessa, ma per l’uomo.

    Andrea

    P.S. Scusa se pare un linguaggio filosicheggiante (mi riferisco a tutti i “di per sé”), ma ho solo cercato di essere il più chiaro possibile nella mia riflessione.

  6. 16
    ventolibero -

    Andrea,eri già stato abbastanza chiaro,adesso hai ulteriormente delucidato e ti ringrazio.
    Perdonami la presunzione,ma avevo colto che non ti riferivi ad un malessere personale e che la tua era,lucida e vera,una riflessione sullo stato effettivo della vita umana. E’ una tua visione e la rispetto.
    La condivido (in parte)anche però,rilancio,cerchiamo di cogliere quei residui di bene che comunque ci sono. Anche nel peggiore degli esseri umani,anche in quelle esistenze che ai nostri occhi si presentano come limitate e imperfette ma che cercano il loro senso in tutto ciò che noi ci ostiniamo a non voler vedere perchè,tranne pochi spiriti capaci di libertà,tutti noi riusciamo a non vedere quello che non vogliamo vedere. Ma,direbbe qualcuno,”chi ignorantemente pecca ignorantemente si danna”. Ecco:la mia umile esortazione è quella di non condannarci a questa dannazione.
    Aria,non faresti un grande affare ad incontrare uno come me! Sì,cerchiamo di conservare il nostro sguardo limpido e puro,non perdiamoci nel vortice degli inganni che spesso,a me è successo e potrà risuccedermi,fanno da facile alibi a tutte le nostre meschine mancanze. Vivi l’incanto dei tuoi venticinque anni ma ricorda sempre che la vita,purtroppo,non è quel genere di opera d’arte. Andrea ha ragione!
    Buona domenica a entrambi!
    Alessandro

  7. 17
    tiffany -

    @vento libero
    ti rispondo dopo, ora vado a meditare,cosi evito di essere troppo dura con te.

  8. 18
    Aria85 -

    Ventolibero,
    purtoppo vivo sulla mia pelle la consapevolezza che la vita non è propriamente un sogno.C’è molto più disincanto in me di quanto si possa supporre in relazione ai miei (appena) venticinque anni.
    Ho avuto a che fare con la tua ‘sfera’ diciamo così,che avevo appena quattordici anni.Diciamo che sono dovuta crescere un po’ in fretta.
    Ed è per questo che ti dico di cercare di conservare qualcosa di pulito nel tuo modo di guardare la vita,e soprattutto ciò che ti circonda.
    La vita non è una grande opera d’arte…ma qualcuno diceva che ogni uomo è artefice del proprio destino.
    Forse non è del tutto vero,ma se tra tanti tormenti,desolazione interiore,disillusioni,smettiamo tutti di cercare qualcosa per cui valga la pena vivere,allora che ci stiamo a fare a zonzo su questa terra?
    Per raccontarci l’un l’altro quanto fa schifo la vita?
    Io,che ho lottato con la morte appena adolescente,cerco di essere in questa vita qualcosa che somigli più ad una piccola luce che ad una grande ombra.
    E in te leggo qualcosa di simile.L’impegno e l’amore che investi nel tuo lavoro e nella cura dei tuoi pazienti mi sembra un sorriso alla vita,una speranza,non un pessimistico abbandono ad una realtà disincantata.
    Buona domenica anche a te.
    Alessandra.

  9. 19
    Tiffany -

    @ventolibero
    Ok cercherò di non essere troppo dura,sai anche una persona dall’indole buona può ,a volte ,risultare un pò cattivella..
    ma non ho intenzione di essere finta quindi per il rispetto che ho nei miei confronti,ti dirò ciò che penso.
    Mi dissocio completamente dai tuoi ultimi post,sei stato arrogante,insensibile,presuntuoso.
    Come una persona come te che critica il cinismo dei suoi colleghi mi casca proprio nel pregiudizio?
    EH no!! caro ventolibero allora sei tu che non sei quello che dici di essere,un animo umile e sensibile non può chiamare spazzatura le persone che non la pensano come lui
    puoi citare tutti i nomi che vuoi,non ti farà onore nè ti migliorerà se poi disgusti chi nella vita fa altri studi o altre scelte.
    Scusa ma chi ha parlato di New Age?Il tuo discorso è fuori luogo,si denota una certa ignoranza riguardo all’argomento.Stai semplicemente imponendo il tuo pensiero.
    Quindi io sarei una suggestionata?Una che si perde nel turbinio dei suoi vaghi malesseri?
    Forse hai ragione,d’altronde sei tu il dottore,quello che si è formato “sui testi”sei tu che devi dare la soluzione,decidere cosa sia o non sia pericoloso per una banda di ignoranti quali noi.
    Ma forse oggi non ti chiederei più un consiglio perchè nemmeno tu sai quello che dici
    Credo di essere una povera anima libera,e ascoltare senza giudicare mi ha reso così,solo se apri la mente puoi dichiararti libero,perchè le catene le abbiamo in testa,e stavolta mi sei sembrato un pò troppo chiuso,quindi incatenato,quindi con la mente chiusa.
    Non tratterò mai l’argomento ipnosi su questo sito per il rispetto delle tantissime persone che si sottopongono a questa terapia,perchè ci sono persone come te colme di pregiudizio,che sparano a zero senza il minimo segno di sensibilità e\o conoscenza.
    Se tutto è marcio sia tra i tuoi colleghi sia tra i tuoi non colleghi chiedi il perchè a te stesso,non chiederlo a noi,perchè ogni risposta se non è di natura pessimista non è di tuo gradimento.
    Io(scusa se mi permetto di esprimere un opinione)credo che la vita sia meravigliosa,ed è fatta di equilibri,e ,cosa più importante :Ha un senso,ma prima di poter parlare con te di questo argomento dovrai ancora navigare molto per i tuoi mari..
    Arrivederci Tiffany

  10. 20
    ventolibero -

    Alessandra,portiamo lo stesso nome e tu sai qual è il suo significato: “protettore degli uomini”. Nel mio caso,come dice quella “mente deragliata” del mio amico Cesare che è un enologo (infatti lo vedo spesso e volentieri molto “allegro”) e quindi per lui vale il detto “in vino veritas”,il mio nome è il mio destino.
    Vedi,a parte l’ironia,prima di aver la pretesa di “proteggere” gli altri salviamo noi stessi cercando,scusa la ripetizione e l’autocitazione,di non concederci facili comodità nel rischioso mestiere di vivere. Spesso è forte il proposito di incrociare le braccia a lasciarci trasportare dalla corrente,ma a quel punto quale valore di noi stessi potremo mai scoprire? Le tempeste della vita sono tante,troppe,innumerevoli e come vedi anche qui c’è chi cerca le scorciatoie,le facili vie traverse,c’è chi cerca di sgusciare via furtivo. E’ lampante l’esempio di tutti coloro che venuti a lasciare un commento alle mie parole hanno palesato la loro infatuazione per fantomatiche “terapie” d’accatto che non ti fanno approdare a nulla. No,non funziona così! Quando siamo nel pieno vortice della tempesta,quando siamo sopraffatti da onde impetuose che sovrastano le nostre forze è proprio in quel momento che dobbiamo darci il coraggio e la dignità di nuotare. Ogni persona che incontreremo riceverà da noi ricchezza e miseria,male e bene,amore e rancore. In questa ambivalenza che accompagna il nostro agire,con Roberto Vecchioni in una sua splendida canzone,possiamo dire “perdonami del male,ricordati del bene”.
    In conclusone,cara Alessandra,anche in risposta a Tiffany (con simpatia) e agli altri “regressivi” lasciami citare le parole di un collega molto più autorevole di me che in apertura di un suo libro del 2005 così dice: “Non dar retta a chi ti indica le scorciatoie,prova a osare strade difficili. Fa crescere dentro di te rabbia e sete per l’inquietudine. Non buttarti via,impara a dannarti senza perderti”.
    Non permettiamo a nessun Brian Weiss di profanare il nostro dolore!

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