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Mi lascia dopo tre anni con tante scuse e poi si dilegua

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Lettera pubblicata il 2 Maggio 2012. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Categorie: - Amore e relazioni

La lettera ha ricevuto finora 33 commenti

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  1. 31
    T.D._ -

    E come si coltiva, l’amore verso se stessi? Intendo quello completamente appagante, soddisfacente? Non è una domanda per prenderti in giro, non sto scherzando. Ho sempre creduto che le più grandi gioie, così come i più grandi dispiaceri derivano dal rapporto con gli altri.
    Dunque, se io non posso rapportarmi più con nessuno, o almeno non serenamente (non mi fido, ho paura di essere tradita, ho sofferto talmente tanto che non riesco più a credere alle relazioni interpersonali), a quel punto..cosa resta?
    Le mie passioni, i passatempi? Sì, ma bastano? Ne siete sicuri?????
    Si può trovare la felicità nella solitudine (intendo quella statica, perenne)?
    Da piccola ero sempre sola, ricordo bene quella brutta sensazione. E’ vero, la solitudine fortifica, ha i suoi lati costruttivi e per certi versi, almeno per me, è diventata indispensabile a volte. Ma vivere un’intera esistenza soli….
    Rinunciare alla paternità non vi spaventa? (Immaginatevi vecchi senza figli)
    Ed infine, siete proprio sicuri che sia definitiva questa realtà, che non si possa proprio cambiare? Non sono domande retoriche.
    Ho la strana sensazione che il meccanismo dei rapporti stia cambiando lentamente ma inesorabilmente…

  2. 32
    sospeso -

    td ama anzitutto te stessa ed impara ad amare chi ti ama. ma senza mettere nelle loro mani il tuo cuore e la tua anima…perchè quella bisogna imparare a darla soprattutto a noi stessi. la condizione dell’esistenza umana è già molto dura di per se…a differenza degli altri animali noi…come per uno scherzo della natura…abbiamo la ragione e la consapevolezza. E per questo ci facciamo domande sull’aldilà o cerchiamo di dare un senso alla vita. ma in realtà le risposte che ci diamo (culturali, religiose..) sono solo un tentativo di appagare il nostro disperato quanto inutile bisogno di sapere. Beh, il problema è che non possiamo sapere un bel niente, dobbiamo solo accontantarci di cio’ che ci circonda e ci viene donato…di essere parte di questa corrente e di questa vita anche se non l’ abbiamo chiesto. Impariamo a gioire delle piccole cose che ogni giorno abbiamo l’opportunità di vivere: vedere un bel paesaggio, un film, leggere, i piedi nella sabbia, l’acqua del mare, il vento che ti accarezza la pelle, la pioggia, il temporale, gli animali, il cibo, la soddisfazione dopo una giornata di lavoro, pulire casa, piangere, ridere, passeggiare, correre, ammalarsi, studiare scienze, culture, conoscere… solo qui sta il senso…senza ipocrisie, speranze, attese…dobbiamo solo vivere finchè ciò ci è consentito. sta solo a noi decidere come farlo. amando senza condizioni o pretese, perdonando, avendo la curiosità di continuare a vivere e, se possibile, per aiutare anche gli altri ad affrontare questa dura condanna all’esistenza …la quale è anche una bellissima quanto unica occasione . c’è un tempo che scorre e ci sarà una scadenza.c’è l’istinto di riproduzione e l’istinto di sopravvivenza. tutto il resto è superfluo. Dobbiamo “solo” imparare a vivere serenamente la nostra vita. credere che da un altro o un’altra dipenda la nostra felicità piu’ intima è un illusione tanto malata quanto dannosa

  3. 33
    T.D._ -

    Immaginavo che dietro a quello che scrivevi c’era qualcosa di molto più grande, è quasi sempre così.
    Il discorso ha sconfinato. Per forza! Siamo il risultato del nostro vissuto, come giustamente dici, della ragione e della consapevolezza. Ma aggiungerei, delle sensazioni, delle emozioni.
    Estremamente bello quello che hai detto, soprattutto la prima parte, l’ho sempre pensato: gli abbozzi di risposte, il viversi le piccole cose, le sfumature e i dettagli che fanno le differenze…per antonomasia e costituzione sono “piccole grandezze” che possiamo vivere solo noi, interiormente essendo esseri unici. Stai parlando di un vivere pieno ma umile, pulsante ma ragionevole, ti par poco?
    A pensarci, in fondo, è quello per cui ho lottato per anni opponendomi e cercando di ribellarmi al conformismo che crede di avere le risposte e soluzioni “giuste” e con questo alibi schiaccia, deride, isola il libero pensiero, il libero agire, la libera espressione, la soggettività dei singoli. Quindi, per coerenza, non posso che essere d’accordo con quel che affermi.
    Nella teoria ti dò pienamente ragione, però riguardo l’ultima parte: non so quanto sia fattibile non crearsi aspettative, desideri, e con loro illusioni, e dunque molto probabilmente disillusioni che a loro volta provocano sofferenza. E’ una catena ciclica …e istintiva. Per onestà, come non possiamo sfuggire alle responsabilità di avere ragione e consapevolezza, non possiamo nemmeno dimenticare le nostre radici animali. Dove ci vedi l’ipocrisia? Nella buonafede, quella pura e profonda intendo, come può esserci spazio per l’ipocrisia? Ipocrita è fingere, ipocrita è mentire, ipocrita è ingannare. E tu fingeresti, mentiresti e inganneresti te stesso costringendoti a non ammettere quello che, spontaneamente, nasce dentro di te.
    Temo che non sia facile come vorresti. Siamo creature complicate, noi esseri umani.
    Da parte mia è l’opposto, “credere che da un altro o un’altra dipenda la nostra felicità più intima è un’illusione tanto malata quanto dannosa”.. temo che ridimensionare questo aspetto per me sarà l’impresa più difficile. Riconosco che questo sì, questo punto devo rivederlo..

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