La fine improvvisa di un amore
di
Loredana
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Ciao, purtroppo mi rispecchio un poco nella storia di Gianluca: io un po’ come la sua compagna e lui un po’ come il mio compagno. Gli ho dato tutto quello che potevo da subito poiché viveva (e vive) una situazione abbastanza pesante e di emergenza (non è un lutto, ma una specie). Proprio per questo ho ritenuto di “accantonare” me stessa in tutto: e quando dico tutto, dico proprio tutto. Niente lavoro, niente fissa dimora, niente poter curare un minimo le mie amicizie (errori che avevo già fatto in precedenza e che non intendevo ripetere: la mia estrema disponibilità – per le difficoltà sempre presentate dall’altro come priorità assolute – si è sempre vista dopo calpestata come fosse niente), ma solo stare vicino a lui che, dopo un comportamento da vero innamorato, da persona sensibile, gratissima per tutto quello che facevo (esserci sempre, in primis) in brevissimo tempo, si è trasformato in altro… I suoi problemi, che pure procedevano nella direzione di una soluzione, non facevano coincidere a una “coltivazione” del nostro rapporto, nel mentre che gli stessi diventavano “ossessione”: non c’erano che quelli. Era diventato tutto lui-e-i-suoi-problemi; lui-e-i-suoi-problemi. Ho provato, con molta delicatezza, a fargli capire, che il nostro rapporto iniziava a morire, anzi, non stava iniziando (dopo un apparente splendido inizio) per niente… Che lui, a me, non mi vedeva più… Risultato: non mi ascoltava, minimizzava, faceva la vittima se poco poco mi allontanavo per riprendermi, e continuava a volermi lì, sempre con lui, mentre continuava con la sua ossessione (ripeteva le stesse cose in continuazione, non pensava ad altro). Non più una carezza, un abbraccio, un bacio appassionato così, magari d’improvviso… Niente. Non mi vedeva e non se ne rendeva conto. Io capisco tutto, i problemi, le situazioni difficili, ma non capisco quando una persona non ti vede più e dimostra continuamente di non amarti, di perché si chieda “come mai se n’è andata d’improvviso”. Parlo in generale, naturalmente. Le persone, certe volte, se ne vanno perché amano e amano, ma non si vedono corrisposte minimamente. Avrei altro da dire… Quando me ne sono andata ho atteso un segno, ma questa volta doveva essere forte, il segno, perché io ho dato tutto e ora sono vuota, delusa e sfiduciata. Il segno, forte, non è mai arrivato, perché anche lui sarà vuoto, stanco, sfiduciato. E’ arrivato un segno piccolo piccolo piccolo, così piccolo che mi dava la certezza che se fossi tornata sarebbe stato tutto come prima, se non peggio. Ora io mi domando: è amore questo? Finché c’è da prendere, va bene, ma quando sto male io e me ne vado (perché l’altro sta male, giustamente, non gli si può chiedere niente; e giustamente, per come la vedo io: di essere amati non si può chiedere) perché non ce la faccio più, allora le cose finiscono. Va bene, come si dice: messaggio ricevuto.
E gli ho detto “ti amo” fino all’ultimo, cioè fino al giorno prima di lasciarlo. Averlo lasciato il giorno dopo, non significa affatto che quel “ti amo” fosse falso. Purtroppo per me.
Sono incapace di dire ti amo a qualcuno che non amo, a differenza – più probabilmente – del mio ex, il quale oggi mi dice che “non lo amavo abbastanza”. Facile così: finché c’ero, lo amavo, quando non ci sono stata più (non ce la facevo più), non lo amavo.
Naty: queste situazioni dolorose sono sempre molto complesse. E quando dici che avevi bisogno di amore, attenzioni e progettualità anche tu (scusa se parafraso così, in breve, le tue parole, dimmi tu se sbaglio) è assolutamente sacrosanto. Però è anche vero che non ci dovrebbe mai annullare totalmente per qualcuno, anche se lo si ama, come noti anche tu.
Perché conservare il proprio mondo sano è sempre importantissimo.
E’ difficilissimo stare vicino ad una persona depressa o in forte crisi, e credimi che non vorrei darti l’impressione di affrontare il tema in modo semplicistico.
Assolutamente no. Il problema di uno diventa automaticamente un problema che si riflette sulla coppia, è inevitabile.
Con, appunto, dinamiche molto complesse.
Il fatto è che se la persona che è vicino a te è “ammalata” così come non potrà dare quello che darebbe in condizioni “ottimali” di equilibrio, al contempo potrà tendere a fagocitarti e a non avere misura, anche senza rendersene conto.
ma ammalarti a tua volta (tu generico), annullandoti non servirà a fare stare meglio l’altro.
E, circolo vizioso, tutto quello che togliamo a noi stessi non farà che far pesare in maniera esponziale ciò che l’altro non sa, non può, non riesce a darci, perché di fatto noi per primi non ci stiamo dando quell’attenzione, quell’affetto, che vorremmo l’altro fosse in grado di dare. Continueremo a capire che è l’altro a stare male, ma di fatto saremo noi stessi anche a stare male. Sempre più male. E avremo a volte anche l’impressione che l’altro in qualche modo scelga anche di stare male, di affossarsi nel suo stare male, mentre noi subiamo il suo stare male. Molto spesso come esistono gli alcolisti e i co-alcolisti, esistono anche i depressi e i co-depressi.
(uso il termine depresso, magari impropriamente, per dire una persona in crisi e in forte stato di malessere, ossessionata dai problemi ecc).
D’altra parte dici:
@ho ritenuto di “accantonare” me stessa in tutto: e quando dico tutto, dico proprio tutto. Niente lavoro, niente fissa dimora, niente poter curare un minimo le mie amicizie (errori che avevo già fatto in precedenza e che non intendevo ripetere: la mia estrema disponibilità – per le difficoltà sempre presentate dall’altro come priorità assolute – si è sempre vista dopo calpestata come fosse niente).
E lucidamente noti: errori che avevo già fatto in precedenza e che non intendevo ripetere.
In realtà nel momento in cui si affronta un’emergenza è il momento in cui più ancora sarebbe necessario non accantonarsi, ma, pur dando appoggio, nella misura possibile, conservarsi il proprio spazio sano, anche interiore. Non come egoismo o mancanza di attenzione, ma come preservazione del proprio equilibrio, importante almeno quanto quello dell’altro.
Dicevo a Gianluca della situazione di emergenza emotiva ecc e al contempo dicevo:
@ciò non significa che lei non abbia potuto effettivamente viversela malissimo, e scegliere di andarsene per il suo benessere (cosa sacrosanta).
Immagino quanto possa essere doloroso avere la sensazione di avere amato moltissimo, aver dato moltissimo, anche troppo (troppo nel senso di perdita dei propri confini e del proprio equilibrio interiore, indifferente in quale misura) e per contro sentirsi anche dire di non avere amato abbastanza.
la verità forse è che è proprio quando si conserva anche il proprio equilibrio, autonomo, pur amando, pur dando, che ci si può rendere conto se il rapporto che si è instaurato è di dipendenza da una parte o di reale scambio. In cui ciascuno, magari, dà quel che può, ma in cui uno scambio c’è, in base al rispetto dei bisogni reciproci. E in cui le persone possono sentire, e anche dire a se stesse: può anche esserci l’amore, ma io qui sto male. E questo non è ciò che sto cercando. Non in senso di ideale, ma del fatto che uno stato di malessere, se lo sentiamo, c’è. E allora possiamo anche dirci che siamo in grado di sopportarlo, ma ciò non lo cancella. Possiamo tentare di agire sulle circostanze per migliorare lo stato delle cose, ma per quanto è realmente possibile.
Ci sono anche persone che amano male.
E allora anche se continuamo a chiederci era amore, non era amore, perché naturalmente questa è una domanda che è sempre importante per chi fa un investimento emotivo, affettivo, progettuale, è anche vero che ci sono anche situazioni che si assestano o evolvono su dinamiche di forte squilibrio, insoddisfazione.
Prenderne atto è sempre importante, perché significa che abbiamo il sacrosanto bisogno di stare bene. E percepiamo quindi il fatto di stare male.
Cosa vuol dire stare bene?
Ciascuno ha la sua idea, la sua sensazione a riguardo.
Però la verità è che se stai bene o male lo senti.
E che nessuno può mentire a se stesso a riguardo, veramente, neanche se si adatta, neanche se si annulla.
Anzi il fatto stesso di doversi annullare implica uno stato di malessere.
Perché credo che nessun essere umano sia “progettato” per annullarsi in un modo che percepisce sterile.
si le cose che dice Naty assomigliano molto alla mia storia l ‘unica cosa che non e’ comune e’ che io non ho mai fatto mancare baci carezze facevamo l’ amore sempre ed ovunque e che io non parlavo piu di progettare l’ ho accontonato perche’ appunto non riuscivo a risolvere tutte le mie questioni anche legali con esborsi di denaro per non gravare questa situazione su mio figlio e su eventuali altri e su di lei perche sarebbe finita immischiata nei miei casini e visto che e’ segnata da un padre mai esistito e che non gli ha mai dato niente sparito nel nulla per due anni si e’ ripresentato nella sua vita in maniera traumatica… anzi e’ lei che sta pagando il suo soggiorno in albergo perche’ e’ senza fissa dimora e senza lavoro non me la sono sentita di coinvolgerla in altre questioni e poi ripeto in certi momenti e’ difficile comunicare il proprio stato d’animo ! saluti a tutti… dalla sua parte niente di niente sono veramente a pezzi
ciao a tutti,
e da un po’ che leggo le vostre lettere,ed in ognuna di esse trovo una parte di me,della mia storia, finita male dopo due anni con convivenza compresa.come tutti voi ho cercato di darmi delle risposte, a tutte le domande che mi sono fatto sui perché sia andata cosi… chi ha sbagliato di piu’…cosa é mancatoimprovvisamente ad una coppia che si capiva solo con gli occhi,ed in un certo modo sono riuscito a darmi delle risposte dopo che ci siamo lasciati,ed ho iniziato a riflettere lontano da lei dalla sua influenza emotiva..e ho capito che non era la donna giusta per me,e che dovevo lasciarla un anno fa’ quando le dicevo con estrema fredezza e razionalita’ che non eravamo fatti per stare insieme,ma lei ha fatto di tutto per non perdermi,e subendo di volta in volta le mie parole cosi razionali alle quali lei non sapeva darsi una ragione ma pur di stare insieme ci siamo logorati l’animo antranmbe sino a spegnerci,sino a diventare due persone apatiche,insofferenti,l’uno dell’altro,insomma un amore malato.ed oggi io fortunatamente sono tornato ad essere la persona solare..sorridente…gioviale che tutti conoscevano,lei invece no…ci incontriamo nei locali xche’ frequentiamo lo stesso giro,e nel suo volto vedo ancora senso d’insoddisfazione ed instabilita’,ho visto e sentito nelle sue parole un senso di catteveria nei miei confronti al quale non riesco a dare una risposta,e come se la causa di tutti i suoi mali,come il lavoro… che nn trova…l’amore finito fra di noi.. sia stata tutta colpa mia…questo non capisco,perche?perché tanta cattiveria,quando l’ho conosciuta era in cura dal’opsicologo,e prendeva psico-farmaci,per via di stati d’ansia paure varie etc ect…pian pian gli ho ridato una vita serena..senza medicine e medici,facendole ritrovare cio’ che aveva perso…e dandogli il mio amore in maniera sincera..dandole dei proggetti..un futuro sereno…quindi perché oggi tutta questa cattiveria nei miei confronti..e da premettere che lei non é una persona cattiva ed in grado di fare male a gli altri..ma a me a riservato un comportamento diverso da tutti gli altri..ed io non penso di meritare cio’…questo é quello che mi ha lasciato una ferita profonda nell’anima..solo a cio non riesco a dare una spiegazione…
Gentilissima Luna, è tutto esatto.
Salvo che per il mio “annullamento”. Diciamo così: la situazione era d’emergenza, avevo più tempo di lui, lo amavo. Volevamo costruire una vita nostra, insieme, all’inizio. Credevo (all’inizio è stato veramente così) che il mio sostegno sarebbe servito ad aiutarlo, nel frattempo. Ovviamente, quando si vive “quasi insieme” (era già una mezza convivenza, in vista di una migliore sistemazione, bloccata da altre priorità pratiche) ci si sostiene nei problemi a vicenda. Questo non significava che io intendessi annullarmi. Quando ho tentato di farglielo capire, che non riuscivo a fare niente per me a causa della situazione, l’ha sempre presa male. Di lì, il mio ritentare a esserci ancora, nonostante la stanchezza. A seguito di questo ulteriore sforzo, un suo peggioramento: in realtà stava ricadendo nel SUO circolo vizioso (problemi suoi di cui qui non parlo, ma ti dico che aveva avuto un rapporto di co-dipendenza…). Quindi una sua reazione di eccessiva rabbia, mai avuta prima di allora, a un momento mio di sconforto. Così me ne sono andata. E’ esatto, Luna: il rapporto stava nascendo sbilanciato. Così forse lo voleva lui. Glielo avevo fatto notare. Ma non aveva, evidentemente, importanza per lui… Così me ne sono andata. Paradossalmente era l’unica maniera per salvare il nostro nascente rapporto d’amore. Se lui vuole restare lì, a pensare al passato e distruggersi, faccia pure: da solo. E’ una scelta sua. Parlava di costruire con me, ma già dopo poco tempo non mostrava di essere in grado di farlo. Ho iniziato a vedere, in coincidenza a questo, che non mi amava. Questa è l’amara verità. Tuttavia non avevo perso la speranza: perché come tu dici se una persona ha dei grossi problemi, può anche amarti, ma non può amarti… E’ un giro di parole che tu penso capirai perfettamente.
Gianluca, come vedi anche la tua ex fidanzata ha i suoi grossi problemi (materiali). Spero che vi potrete riparlare, chiarire e… Amarvi ancora. Ma ti prego, anche poco alla volta, mi permetto di dirti: progetta, costruisci, anche piccole cose alla volta. Non si può essere felici perennemente pensando a tutto ciò che di doloroso ci è accaduto. Tutti soffrono, tutti hanno lutti, separazioni, malattie, problemi economici o, se anche ricchi, hanno ansie.
Vi ringrazio molto delle parole che mi avete riservato.
Naty: grazie a te 🙂 Il mio era un discorso generale sul sostenere, ma non annullarsi, e sulle dinamiche di sbilanciamento, e come sia possibile cascarci anche in buona fede.
Certo l’importante è ascoltarsi, prenderne consapevolezza e uscirne.
Sono d’accordo con te sul fatto che pensare perennemente a ciò che di brutto accade non serva. Immagino ti riferisci anche a quella “fissazione” nei problemi a cui facevi cenno.
Ed è vero che la fissazione non aiuta, perché spesso una boccata d’aria rimette in circolo anche energie e maggiori risorse. D’altra parte siamo anche le nostre esperienze, rielaborate, superate, che fanno parte di noi. E non si può neanche fingere con se stessi di averle superate. E nel caso in cui i problemi siano anche pratici è chiaro che ci si può sentire anche molto responsabili, non solo per se stessi, ma anche per gli altri, nel dover trovare delle soluzioni (mi riferisco al caso di Gianluca).
Intendo dire che ogni esperienza che rompe o comunque scassa un equilibrio (interiore) ha bisogno anche di essere rielaborata, superata in vista del ripristino di un equilibrio. A livello proprio emotivo, intendo.
E penso che l’essere umano abbia anche, in generale, il bisogno o di sentirsi adattato alle situazioni che mutano,nel momento in cui non è possibile cambiarle (come nel caso del lutto e di una malattia cronica propria o di un congiunto, per esempio) o di trovare una sua soluzione per aiutare se stesso a ripristinare l’equilibrio.
Chi è più positivo di base, chi sa compensare meglio, chi riesce ad avere un buon magazzino di energie e risorse, chi riesce a rimanere più aperto, chi in qualche modo sa anche “staccare” sicuramente può affrontare meglio gli eventi negativi.
Tuttavia credo (credo, non è che posso parlare per gli altri, ovviamente!!!) che una “botta” di una certa portata sia pur sempre una “botta”, e che vada riassorbita.
Pure consapevole che ogni storia è diversa, e ogni persona sa per sè, leggendovi io mi sono “identificata” sia con le parole di Gianluca che con le tue.
Con le tue perché so cosa significhi avere a che fare con qualcuno che ha un problema e sta in chiusura, implode, si fissa, ma al contempo pretende di poter essere ciò che gli viene di essere e che siano gli altri ad adattarsi completamente.
Al contempo mi sono identificata anche con Gianluca, perché avendo avuto di recente un lutto e una serie di problemi contingenti, pur essendo una persona positiva, e una che sin dal primo giorno ha compensato (cioè non si è chiusa al mondo, ma è rimasta in apertura, e ha continuato a coltivare il fuori, anche in relazione al dentro) ho provato e provo sulla mia pelle quanto “botte” di questo tipo siano davvero delle grandi “botte”. Che anche se non ti fissi hanno veramente bisogno dei loro tempi. E nelle quali, come dice Gianluca, uno può essere consapevole del proprio stato d’animo, gestirlo come meglio può, trovando anche in corso d’opera il proprio modo, per riequilibrare stati d’animo e situazioni
ma non è sempre è possibile far capire il proprio stato d’animo all’esterno, o si può avere la sensazione di non riuscire a farlo capire. E ci sono anche degli stati d’animo che si comprendono in corso d’opera, e stati fisiologici di dolore, stanchezza, confusione, assestamento… un grande mix. Forse anche perché davvero si vorrebbe riuscire a far tutto, a essere come sempre, ma di fatto non si può. Completamente non si può. Ma proprio anche per una questione di energie. Non si può non perché ci si fissa, o perché non si vuole, o perché si indugia eccessivamente nei propri problemi, ma perché ci sono delle questioni da risolvere interiormente, nel presente. E allora sentire che qualcuno comprende è anche riposante, non nel senso di stare sugli allori, ma empatico. Che qualcuno capisca che ce la stai mettendo tutta, ma che non puoi fare la maratona di new york, anche se ti piacerebbe. E che non ti faccia pesare il fatto che non puoi, perchè entrambi sapete.
Lo so, dico cose ovvie… 😉
Da parte mia voglio dirti, comunque, che assolutamente comprendo anche il tuo punto di vista (per quello che posso, chiaramente, leggendo alcune righe su un forum che tu hai espresso, e che saranno solo una parte della parte, e che io ovviamente interpreto a modo mio), perché nel momento in cui ti parlo di questi stati d’animo ti dico anche che penso che comunque, pur ricevendo sostegno, appoggio da parte di chi ti vuol bene, e anche una corretta (corretta) dose di comprensione istintiva per il fatto che una persona con una caviglia slogata non può correre la maratona di new york e che sta attraversando un momento difficile e atipico, e che può avere ragione di dire dei no e dei sì che gli sono chiari nel proprio ripristino dell’equilibrio, la responsabilità del proprio equilibrio è innanzitutto e sempre personale. Nel rapporto con se stessi e con gli altri.
E ciò è veramente importante, secondo me.
Perché se ti rendi conto di questo rispetti i tuoi tempi e i tuoi modi, il bisogno di solitudine e di apertura, ed è giusto che tu lo faccia presente, ma al contempo rispetti anche gli altri, come individui a te vicini, ma comunque anche a sè stanti, che vivono le loro vite, le loro gioie, i loro problemi e le loro esigenze emotive, esattamente come te. E che hanno il sacrosanto diritto di avere il loro tempo anche per loro!
Hai presente che gli altri se ti vogliono bene ci sono, nella misura in cui è loro possibile esserci, con generosità, e che possono esserci per condividere la boccata d’aria di cui hai bisogno quando torni dalle tue battaglie, e persone con cui ti puoi “riposare” e ammettere che sei stanco. Ma non persone che si annullano perché tu hai un problema.
In questi mesi io ho avuto dei problemi e anche molte persone a me vicine. Terribile. Ma anche un momento sia di sostegno reciproco che di rispetto dei confini e delle energie di ciascuno. La cosa migliore che abbiamo fatto insieme, oltre a parlare certo, è stata ridere, ed evadere insieme.
Baci.