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Facciamo finta che…

Facciamo finta che ricominciassimo tutti daccapo a vivere ed incontrassimo davanti ai nostri occhi tutto un altro mondo: prima di tutto, un mondo più ordinato, semplice, umano. Un mondo fatto di relazioni lineari, di regole semplificate, di poche parole, e di fatti. Un mondo di gente tranquilla, appagata, credibile, dedita agli altri nella più totale disponibilità, consapevole di avere avuto e di dovere, a propria volta, dare. Ecco, se avessimo incontrato siffatto mondo, certo non ci dorremmo della logorrea quotidiana che ottunde i cervelli e rende rancorosi anche i più abeliani tra noi. Diciamo che il processo degenerativo della nostra condizione di popolo nasce da lontano, e nasce, in particolare, dalla considerazione del sé che ognuno di noi si porta dentro, e che non trova riscontro alcuno nella relazione sociale tra cittadino e Stato. Da circa settant’anni, quanta è la mia vita, da che io ricordi, lo stato mentale degli italioti è stato sempre lo stesso. Ogni generazione ha trovato davanti a sé una organizzazione sociale tesa all’annichilimento di tutti gli altri, salvo i propri figli e collaterali, al fine di preservare il privilegio dei pochi a danno di tutti. Si è reso quindi necessario parlare, scrivere, ciarlare, blaterare pur di non far capire niente a nessuno e preservare la formazione vera per pochi intimi per la reiterazione e la salvaguardia del proprio potere: familistico, di casta, di gruppo e, alla fine, di schiavi di qualcun altro, lautamente pagati, ma schiavi.
Ebbene, oggi, penso, non ho le prove, che siamo arrivati a questo stadio: schiavi lautamente pagati.
Anche la sciocchezza di raccontare ogni storia da destra e da sinistra esprime la stessa tecnica, il tentativo di non far capire, di raccontare qualsiasi cosa per rendere succube il popolo, considerato ottuso e fragile, pezzente e miserabile, corrotto e meschino. E così, siamo arrivati all’oggi, dove anche il potere è stato democratizzato nel peggio: senza formazione, cultura, progetto, dignità, rispetto. E l’Italia è scesa, sempre di più, nel baratro dell’abulia e dello sconforto, senza saper che fare, per impedire agli incapaci di rappresentarla e di non difenderla, anzi, peggio, di ucciderne gli interessi ed annichilire la memoria e le vestigia. Gli incapaci al potere.

Lettera pubblicata il 23 Aprile 2020. L'autore ha condiviso 6 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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Categorie: - Riflessioni

La lettera ha ricevuto finora 3 commenti

  1. 1
    Rossella -

    Non esiste il mondo del quale parli. Esiste Dio che ha riconciliato il mondo a sé in Cristo senza tenere conto dei nostri errori. Il mondo, si vede, è riflesso nello specchio. Questo significa che Dio è tornato a farsi vedere perché Gesù è in procinto di tornare e questa volta non per resistere allo sforzo fisico, intellettuale o all’abbattimento morale dei Suoi fratelli. Il papa ha dovuto soffrire per contrastare il nazismo che si fa scudo di un cattolicesimo agguerrito per alimentare i regimi politico-militari sorti nei paesi che sono in possesso di armi nucleari pericolosissime. L’Amore che è venuto a portare Cristo non si può rompere o spezzare perché ci rende liberi. Le forze dell’Avversario sono state logorate. Nel carcere si diventa persone in gamba; forse neanche Pietro a suo tempo lo era.

  2. 2
    Yog -

    L’importante è essere lautamente pagati, però hai un fondo di ragione: siamo tutti schiavi.
    In giro vedo però parecchi “schiavi” pagati pochissimo, il che è un vero dramma (per loro, agli altri non è che gliene catafotta più di un tot).

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