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Cittadinanza Negata

Caro direttore, 

Mi chiamo Irene, ho 25 anni e vivo proprio qui a Verona. Sulla linea d’onda della recente elezione del nuovo segretario del PD Enrico Letta si è portato in auge il dibattito sullo IUS SOLI e IUS CULTURAE. Nel retroscena vi è tanto dolore e senso di smarrimento molti genitori, ragazze e ragazzi che come me vivono nell’angoscia di non poter avere riconosciuti i propri diritti. 
Mia madre, Joyce, arrivò qui in Italia regolarmente nel lontano 1989 con l’intenzione di esercitare la professione di insegnante d’inglese. A nulla servirono i tentativi di provare ad ottenere una equipollenza della laurea conseguita in Nigeria. Non potendo permettersi di affrontare le spese per integrare gli esami che le avrebbero concesso di ottenere il riconoscimento del titolo dovette accontentarsi di un comune lavoro.
Nel 1992 nacque mia sorella, Franca, e l’anno successivo, dopo 6 anni di fidanzamento, ella decise di sposarsi nel comune in cui tuttora risiediamo, Sommacampagna. Nacqui nel 1996. La situazione familiare di lì a poco degenerò. Mio padre compì aggressioni fisiche e verbali nei confronti di mia madre.
Quand’ero ancora in fasce, poco meno di 6 mesi, mio padre decise di abbandonare il tetto coniugale lasciandoci sul lastrico.
Mia madre riprese a lavorare e in qualche modo, arrancando, riuscimmo a tirare avanti fino a fine mese. Per poterci tutelare il comune mandò assistenti sociali a sorvegliare la situazione. Molto volte arrivarono quasi al punto di toglierle l’affido, ma con tanto amore e molte sofferenze, riuscì sempre a dimostrare di potersi prendere cura di noi amorevolmente.
Nel 1998 mia nonna venne a mancare, pertanto mia madre dovette rientrare in Nigeria per occuparsi del funerale. 
Nel settembre di quello stesso anno Franca iniziò la prima elementare ed affinché non perdesse i primi giorni di scuola mia madre, non avendo nessun famigliare in Italia a cui poterla lasciare, decise di affidarla temporaneamente ad una sua cara amica, mettendo al corrente, ovviamente, chi di dovere.
Mio padre venne a sapere della scomparsa di mia nonna e della dipartita di mia madre. Sfruttando l’occasione della sua assenza un giorno si presentò all’uscita di scuola per prendere mia sorella chiedendo alle maestre di poterla far uscire un po’ prima del consueto. Ignare di quanto stesse accadendo nella mia famiglia, le maestre la lasciarono in sue mani. Egli la Rapì portandola con sé  in Nigeria.
Quando l’affidataria di mia sorella venne per prelevarla a scuola venne a sapere che mio padre poco prima venne a prenderla.
Avvisò tempestivamente mia madre di quanto accaduto. Ella fu in grado di rintracciarla e dopo diversi mesi di contrattazioni Franca potè ritornare finalmente ritornare da noi, deperita, inerme e confusa.
A quel punto mancando per così tanto tempo da scuola, per l’esattezza 11 mesi, venne tolta dai registri scolastici. Di conseguenza ci venne tolta la residenza in quanto vivevamo e viviamo attualmente in una case popolare.
Tornate in Italia mia mamma fece ricorso e poté così riottenere la casa ed il reinserimento negli anagrafi. Mia sorella riprese gli studi e di lì a poco lì cominciai anch’io.
Al compimento del diciottesimo anno di età mia sorella fece domanda di cittadinanza, ma tale fu respinta a causa della discontinuità di residenza. Quindi facemmo ricorso. Il sindaco della mia cittadina, fra l’altro padre di una mia allora carissima amica, disse che avrebbe voluto firmare il consenso alla concessione però in quegli anni era sotto processo e pertanto non volle esporsi ulteriormente.
4 anni più tardi, sulla soglia dei diciott’anni la domandai per meriti sportivi. Ero stata convocata a partecipare agli allenamenti della staffetta che sarebbe stata probabilmente convocata ai campionati mondiali di Atletica Leggera di categoria juniores gara che si sarebbe svolta a Eugene, Oregon nel 2015. Con tale lettera mi presentai in comune domandando la naturalizzazione Italiana col fine di porter partecipare a quell’appuntamento tanto ambito. Nel mio palmares contavo anche la vittoria ai Campionati Italiani di atletica leggera l’anno precedente, nel 2014, nella staffetta 4×100 di categoria allievi, gara che aveva anche segnato il record regionale Veneto. Inoltre contavo anche un 7.63” nella gara dei 60 metri piani indoor che mi aveva piazzata al secondo posto nel ranking nazionale di inizio stagione.
Consta di questi risultati e della suddetta lettera domandai in comune l’avvio della pratica, essendo al tempo atleta di interesse nazionale. Tale mi venne respinta, in quanto anche a mia sorella era stata negata a causa della suddetta discontinuità di residenza. Cercai di spiegare le nostre ragioni. Molto spesso i carabinieri, durante la mia prima infanzia vennero in soccorso di mia madre. Il comune stesso aveva avviato le pratiche di sostegno ai minori mandandoci di continuo assistenti sociali a vigilare le nostre condizioni.
A 18 anni ero troppo piccola e troppo inerme e quindi mi arresi.
Purtroppo mia madre, essendo sempre statale sola a prendersi cura di noi, senza alcun sostegno economico e senza avere alcun altro famigliare a cui affidarci, non riuscì a trovare un lavoro stabile che le consentisse di avere una continuità lavorativa decennale con la quale potesse fare richiesta di cittadinanza.
Ci fu detto che la nostra unica soluzione era quella di lavorare 3 anni, produrre 8000 € di reddito all’anno, fare richiesta ed attendere risposta da Roma, tutto ciò per un totale di 5 anni di attesa. E così facemmo. Io e mia sorella cominciammo immediatamente a lavorare, nel frattempo studiavamo e ci prendevamo cura di mia mamma che, purtroppo, in quegli anni fece un incidente quasi fatale.
Arrivate alla stima prevista ed in procinto di avviare la richiesta nel 2018 cominciammo a raccogliere la documentazione per presentare domanda. Purtroppo arrivò la legge Salvini che cambiò i requisiti portando le soglie ad 11.000 annui e allungando le tempistiche da due anni di attesa a 4 anni, per un totale di 7 anni. Pertanto, non rientrando più in tali soglie dovemmo ricominciare da capo. Nel frattempo mi Laureai in Beni Culturali, continuai a produrre reddito, mentre mia sorella ottenne un lavoro a tempo indeterminato come Bar lady e vinse concorsi che la valsero dei riconoscimenti a livello provinciale.
Cambiò nuovamente la legge che venne ridotta da 4 a 3 anni di attesa.
Nel frattempo a gennaio del 2020 intrapresi un’esperienza di scambio culturale della durate di 16 mesi in cui vissi negli Stati Uniti come ragazza alla pari rappresentando il mio Paese e portando i solidi valori con cui sono cresciuta, quelli italiani. Fortunatamente trattandosi di un visto non immigrativo ebbi la possibilità di parteciparvi. Al mio rientro, poco meno di 5 mesi fa’ feci domanda per un’Università di Fisioterapia a Barcellona mentre nel frattempo mia sorella avviò le pratiche per la richiesta di cittadinanza. Ho ottenuto un posto di assegnazione. Felicissima di questa nuova opportunità, coronamento di tanti sacrifici e studi infiniti, ho cominciato ad applicare per la documentazione necessaria per poter studiare in Spagna. Purtroppo questo sogno mi è stato sbarrato. Per poter studiare in suolo Spagnolo per i 4 anni previsti dal mio corso di studi dovrei rinunciare al mio permesso di soggiorno italiano a tempo illimitato, in cambio di una richiesta di residenza che condurrebbe al rilascio di un “permesso di soggiorno per studi” temporaneo, della validità di un anno. Ovviamente ciò comporterebbe anche alla rinuncia alla cittadinanza italiana per residenza, e quindi ad anni di lotte e sacrifici vanificati.
L’alternativa sarebbe applicare per un visto studentesco che dimostri che io abbia la liquidità necessaria a sostenermi nei prossimi anni; quota che attualmente non detengo e che vorrei poter avere la possibilità di poter guadagnare lavorando durante i miei studi, esattamente come possono permettersi di fare i mie compagni europei a cui tali richieste di visto e requisiti non vengono domandati. Vorrei poter fare domanda di borsa di studio per studiare all’estero, ma purtroppo non essendo ancora italiana non posso fare domanda, nonostante soddisfi tutti gli altri requisiti.

Ad oggi mia sorella ha compiuto 29 anni ed io 25. Abbiamo finalmente tutti i requisiti per applicare alla cittadinanza ma ci si prospettano altri 3/4 anni di attesa prima della naturalizzazione. Ciò comporta che a 32 anni lei ed a 28 anni io, sempre che le leggi non cambino di nuovo, riusciremo finalmente ad essere riconosciute italiane anche a livello legale.
Ora mi domando come sia possibile che per avere questo diritto dobbiamo attendere 14 anni Franca e 10 anni io?! Mi chiedo come sia possibile che nonostante io e mia sorella ed orami anche mia madre, Joyce, parliamo, pensiamo, gesticoliamo in italiano ma ancora siamo considerate straniere. Ero ad un passo da rappresentare l’Italia a livello mondiale. Amo il mio Paese seppur sia consapevole che non sono voluta. Abbiamo studiato, lavorato, pagato tasse e siamo state buone cittadine. È con grande sdegno e tanta rabbia che io e la mia famiglia supplichiamo aiuto. Non vogliamo più aspettare per poi ricevere l’ennesima porta in faccia. Vogliamo riconosciuti i nostri diritti. Abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile.
Vi preghiamo di darci una voce perché per troppo tempo ci è stato negato quello che crediamo sia di nostro diritto. Vi preghiamo di aiutarci a darci una voce.
Cordialmente,
Irene & Famiglia.

Lettera pubblicata il 12 Ottobre 2021. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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