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Annoiarsi a lavoro

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Lettera pubblicata il 2 Maggio 2018. L'autore ha condiviso 2 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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La lettera ha ricevuto finora 444 commenti

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  1. 271
    Dolly -

    @Gabriele ti ringrazio per le tue belle parole, mi incoraggiano molto. Hai sicuramente ragione e anche io sono felice abbiano riposto questa fiducia in me, una giovane donna appena arrivata in azienda. I primi tempi mi hanno messo molto alla prova e se non fossero rimasti soddisfatti avrebbero certamente ridimensionato le mie mansioni. Spero col tempo di migliorare in tante cose, ad esempio nella gestione dello stress. La pressione è tanta, sicuramente è una sfida bella tosta!

  2. 272
    chibi -

    Ciao Dolly, comunque non c’è mai una via di mezzo!
    O troppo o niente…e in ogni caso possono lo stesso creare delle difficoltà!
    Purtroppo mi capita spesso di “cazzeggiare” su internet per passare il tempo…e la cosa non mi piace per niente.
    Ma è così, ne prendo atto e ciao.

  3. 273
    Beh -

    Beh, leggo la classica frase fatta “mancanza di rispetto per chi il lavoro non ce l’ha”, ma senza voler fare i bacchettoni, il mio consiglio é che se il posto di lavoro sta diventando deprimente, si continua a restarci fintanto che non si trova altro, ovvero si inoltrano candidature ad altre aziende con una prospettiva migliore, senza lasciare il posto di lavoro prima di una conferma d’assunzione. Il lavoro occupa la maggior parte della nostra vita (di regola, a chi va bene, 5 giorni su 7), deve piacere per piacersi nella vita. La questione dei bassi salari, a mio avviso, se si deve lavorare solo per sopravvivere arrivando a fine mese senza 1 euro in tasca, beh, vuol dire che non si è al posto giusto. Bisognerebbe anche smetterla con la scusa del “é già tanto che c’è il posto di lavoro”, ma cosa vuol dire? Giustifichiamo paghe da fame per la speculazione di pochi sulle disgrazie di tanti? É la mentalità che è sbagliata. Non é un reato essere felici e soddisfatti nella vita, anche in quella professionale.

  4. 274
    chibi -

    Si sono d’accordo con Beh, non è mancanza di rispetto, anzi…fosse per me riorganizzerei tutto qui dentro ma non posso…devo stare al mio posto!
    E il mio posto è fatto di una piccola parte.
    Più che altro noto sempre di più che la mentalità dell’imprenditoria italiana del settore artigiano è poco lungimirante…..hanno paura dei cambiamenti, per cui vanno avanti sempre nello stesso modo giusto o sbagliato che sia, sicuramente per chi come me vuole crescere, in questo tipo di aziende non è possibile.
    In parte lo sapevo, ho accettato principalmente per la vicinanza, avevo bisogno di recuperare tempo e denaro speso in benzina!
    Ormai mi sono rassegnata, l’ho scritto solo così per aggiornare la situazione a Dolly.

  5. 275
    Beh -

    Sono scelte: c’è chi lavora in un posto che non piace senza stimoli, ma il salario tutto sommato è buono, quindi se lo fa andare bene. Poi c’è chi ha la fortuna di lavorare con soddisfazione sia professionale sia finanziaria. Invece non capisco il senso di chi resta in un’azienda che tratta male i dipendenti sotto ogni punto di vista, nessuno stimolo, nessuna crescita, oltretutto con una paga di m****. Certe ditte dovrebbero rimanere senza manodopera sull’orlo del fallimento per capire che stanno sbagliando, ma purtroppo troveranno sempre “disperati consenzienti” e nulla cambierà.

  6. 276
    Chibi -

    Si in effetti non hai tutti i torti….certo rispetto ai “fasti”del passato non è che abbia chissà quale stipendio…come dicevo la mia scelta è motivata dalla vicinanza. Certo stimoli pochi per i miei gusti, ma alla fine il pomeriggio libero mi permette di poter seguire la famiglia senza dover chiedere troppo ai nonni. Diciamo che ho trovato un buon compromesso. Però non hai tutti i torti..anzi..io sono drastica come sei tu. Certe aziende dovrebbero fallire per gli stipendi da fame, per il poco rispetto nei confronti dei propri dipendenti a livello di sicurezza…in questi anni ormai ho visto di tutto, e il più delle volte non mi è piaciuto. Nel piccolo poi è più facile rendersi subito conto delle cose che non vanno.

  7. 277
    Gia -

    Ciao ragazze, sono a casa per un appuntamento e mi è venuto in mente di passare di qui. Chibi mi spiace leggere che dopo poco ti sia trovata da capo temo che sia così un po’ per tutte nel nostro settore in piccole realtà, una volta seguite le varie routine mensili il lavoro scarseggia, forse sono cambiati i tempi rispetto al passato e tante cose sono molto più veloci rispetto ad una volta, non so, a me salva che salto da un problema all’altro e quindi in linea di massima riesco ad occuparmi la giornata ma se tutto filasse liscio e se io facessi solo la mia parte sarei nella medesima situazione.
    Leggendo i vari messaggi io non credo che sia ingiusto nei confronti di chi non ha un lavoro o lo sta cercando ammettere di annoiarsi al lavoro, lo sarebbe se il non fare nulla o poco fosse sfruttato a proprio vantaggio per cazzeggiare metà giornata e portarsi a casa lo stipendio, ma da questi messaggi io non vedo altro che uno sfogo dal quale emerge l’esatto contrario…

  8. 278
    Gia -

    “Vorrei avere una mole di lavoro che copra X ore, sentirmi utile, appagata, soddisfatta” sottolineare i vantaggi che questo “noioso” lavoro porta con sé, trovo che sia incosciamente un auto pacca sulle spalla come a convincersi che “nonostante non abbia sufficiente attività per coprire la giornata” la strada casa/lavoro è breve, “nonostante sia spesso obbligata a non fare nulla” non ho colleghi dai quali dovermi nascondere ecc.
    Temo che ogni realtà vada vissuta per essere realmente capita, non è sempre vero che si può trovare altro da fare perché non dappertutto è concesso “uscire” dalla propria mansione, il mio lavoro in parte comporta gestire archivio e scartoffie varie ma è parte della routine nel momento in cui sono “ferma” l’ho già fatto e anche parlare con i capi non è sempre così scontato. Certo chi non ha un lavoro penserà “piuttosto di niente meglio piuttosto”, ma infatti siamo qui puntuali ogni giorno, cinque giorni su sette, non non si tratta di ingratitudine…

  9. 279
    Dolly -

    Ciao ragazze e ragazzi,
    Chiedo un vostro consiglio spassionato nonché punto di vista personale.
    Questo nuovo lavoro mi sta esaurendo e rendendo emotivamente nervosa e triste. Non voglio scrivere l’ennesimo papiro, ma sono in mezzo solo a dei problemi e sto perdendo ogni energia e motivazione. Mi becco tutti i malumori e insulti all’azienda dai clienti, devo gestire gli ordini, il trasporto, aiutare i dipendenti nuovi della filiale a distanza, aiutare l’amministrazione in problemi di contabilità che non mi competono e potrei andare avanti per ore. Il tutto perché, a discapito della fama dell’azienda, non sono capaci di mettere in piede una struttura decente nel paese interessato e assumere un dannato direttore di filiale. O meglio, sono dei mesi che dicono che devono assumere un direttore e sono sei mesi che fanno ricadere tutto il disastro generato sulla nuova assunta malcapitata (io). Ora, il mio contratto scade a fine luglio e io non so più che fare. Mi rovino la vita per chissà…

  10. 280
    Dolly -

    Quanti altri mesi sperando che trovino una soluzione o abbandono la nave?
    Stanno gestendo il problema da cani e le mie speranze verso un futuro roseo qui dentro vengono sempre meno. D’altro canto i miei colleghi lavorano a un ritmo medio e sono sereni, il che mi fa penare che un domani possa stare bene anche io qui. Ma se così non fosse? Se si trattasse dell’ennesima delusione?
    Io sono stanca e ho paura di cadere in depressione. Ci sto mettendo tutto l’impegno del mondo ma lavorare così è infattibile. La direzione qui mi dice di tenere duro, che si risolverà e potrò presto fare il lavoro per cui sono stata assunta. Tuttavia io sono dentro a questo casino e so bene che sono problemi grossi, che non si risolvono dall’oggi al domani… Ho paura di continuare a rimanere coinvolta. Il commento dei miei colleghi è: “purtroppo sei stata assunta nel momento peggiore”.
    La mia precedente situazione lavorativa e l’attuale sono entrambe frustranti, ma in maniera diversa. L’elemento comune è la disorganizzazione totale.

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