La fine improvvisa di un amore
di
Loredana
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In questo preciso istante, penso e ripenso, provo emozioni trite e ritrite, amori, rancori, ripicche, vendette, ma poi all’improvviso, e come per incanto, desidero ardentemente fare mia la forza comunicativa del silenzio.
Non ha alcuna importanza ribattere ad offese con offese, ad ingiurie con ingiurie; personalmente ritengo che tra le paure del nostro quotidiano, la più forte sia rappresentata dalla solitudine (che a volte ci creiamo da soli, con le nostre paranoie).
Le distanze, la vita complessa, la ridefinizione dei ruoli ci stanno via, via allontanando, fino a farci pesare molto gli spazi vuoti, necessari per pensare. Tentiamo, così, di riempirci di tutto. Ed il frastuono, i rumori sembrano appagare il terrore di rimanere soli. Entriamo in casa ed il primo gesto è quello di accendere il televisore; stiamo per partire in macchina, accendiamo la radio; restiamo da soli con qualcuno, parliamo in continuazione; torniamo la sera a casa ed abbiamo sempre da completare il lavoro o aggiornarci con le notizie del tg.
Il silenzio ci spaventa, la sosta ci terrorizza, fermarsi equivale a perder tempo. Eppure proprio in questa epoca del rumore, ci rendiamo conto che tutto parla, ma poco comunica rendendo sempre più frettolosi i rapporti umani e più autosufficienti quelli professionali. Riappropriamoci del silenzio. Quello espresso dall’attimo taciuto, dall’ansia frenata, dall’ascolto attento del fruscio dei passi.
Comunicare con il silenzio vuol dire smorzare i toni, fare spazio all’apprendimento, creare le condizioni per i sogni, dare la parola a chi spesso non ce l’ha. Vuol dire attendere l’incontro, aspettare i tempi di ciascuno, creare una base di dialogo. Entrare nel silenzio è uscire dalla propria onnipotenza, è chiedere tempo a sè stessi con la certezza di recuperare in dialogo ed apprendimento per ripartire verso ulteriori tappe del viaggio, con mete condivise. Proviamo ad esercitarci quando la fretta ci brucia, l’ansia della reazione ci spinge allo sfog
la voglia di affermarci ci fa prendere il sopravvento. Tre secondi di silenzio e poi riprendere. Ricercare sè stessi nell’ascolto del ripensamento e dirsi che è possibile fare spazio ad una comprensione ulteriore, nata dalla fertilità del pensiero.
Gradualità di silenzi e comunicazione dell’ascolto per poter avvertire la grandezza del confronto, dunque!
Forse deliro, ma questo è per tutti voi. Grazie LUNA per i ringraziamenti 😉 a buon rendere e a voi tutti per l’enorme sostegno
ciao a tutti,
grazie per chi ha commentato il mio post…
sapete che vi dico?
che ho capito tardi la merda di uomo che avevo accanto… merda merda merda… scusatemi…
un eclissato dio del sesso!
eterno peter pan? forse…
mi sono immaginata un mesetto circa dopo la fine della nostra relazione.. piangevo e sentivo la sua mancanza…
giravo per casa come un fantasma.. lo vedevo a cena seduto accanto a me… sul divano… ogni tanto credevo impossibile tollerare che non l’avrei più rivisto..
mentre lui era a spassarsela con un’altra… che gli piaceva proprio!!! mamma mia questa quanto mi piace diceva… ed io?
no scusate un attimo? ed io? mi hai lasciato un mese fa… cazzarola un mese fa… e non ci stava prima di me… è venuta dopo… x cui sta a significare di quanto era libero di testa, leggero, di quanto si fosse tolto il macigno sulle spalle…
io dopo un mese non avevo ancora realizzato.. poi è tornato e per che fare? per passare piacevoli serate…
ragazzi non ho perso nulla
un emerito sconclusionato, egoista, latin lover e cretino.
sarà che mi è salita la rabbia…
e spero che rimanga solo questa e non subentri la malinconia, la tristezza, i 34 anni… sono nauseata… che dio mi tenga la rabbia per sempre! facciamoci forza noi. noi che abbiamo il cuore, i sentimenti, i desideri SANI di una vita assieme. stiamo lontani da chi ancora deve approcciare se stessi. a domani! notte
ELENA (ma rispondo così anche ad ANNA… e non è vero che non trovi le parole, a parte quelle che direttamente mi rivolgi sai pure quante volte le hai trovate per me senza saperlo): dici cose molto vere, io amo parole e silenzio, devo dirti la verità. La comunicazione, e anche la comunicazione del silenzio. Talvolta così densa. Amo anche la comunicazione leggera, quella delle risate e dell’ironia.
Amo la compagnia di chi amo, ma anche gli “eremi”, come li chiamo io, li trovo estremamente “ricentranti”, quando ce n’è bisogno. Trovo che spesso una bella passeggiata in riva al mare sia una fonte di ispirazione, anche di intuizione straordinaria.
In stato di equilibrio esco ed entro nel silenzio come esco ed entro nella parola. Forse la gente che mi conosce meno non lo sa, perché socialmente è più facile che io parli, tanto che quando sto più zitta mi si chiede: tutto bene?
Ma, ripeto, amo entrambe le cose, e di entrambe, penso come tutti, infine, sento la necessità. Non in modo morboso, della parola, non del rumore, dello scambio con gli altri esseri viventi.
Passo per quella che riesce a fare amicizia anche al pronto soccorso, nel senso che interagire con il mondo mi piace.
Passo per quella con la battuta sempre pronta e una frase che mi sono sentita dire spesso è:
“Ah, ma voi due vi conoscevate già?”. A parte il tempo che però passo volentieri in silenzio, quando ho un dolore però, come i gatti, è più facile che io mi sposti nel silenzio. Non dico tutto il tempo, ma vado a cercarlo quel silenzio che dici tu.
Però anche il silenzio va maneggiato con cura.
Affinché non diventi implosivo, con il rischio di cascarci dentro.
Diciamo banalmente che è sempre la solita questione di equilibrio.
ANNA, cazzarola… non ti ho risposto, vero? 😛
perdonami, non è che non voglio risponderti, che lancio la pietra e nascondo la mano. ma davvero nei miei silenzi io mi sono imbottita di racconti su questo ultimo anno in particolare. su cosa mi ha fatto male, su cosa mi
capitava, su cosa mi faceva paura, etc etc etc. Poi ho rotto l’argine e penso di essere stata un disco rotto.
Il centro è comunque ricentrare me, risolvere le cose che devo risolvere, e poi, quando ci sarà più quiete lasciare che le risposte arrivino. A volte – spesso – non sono le risposte ad essere complesse, lo sono le domande, che ci facciamo quando siamo in forte tensione, quando c’è troppa carne al fuoco nello stesso momento.
Ti giuro, te lo giuro di cuore, che se ora io ti raccontassi aneddoti, situazioni, contingenze, anche se so che il tuo cuore (e non solo il tuo cuore) mi accoglierebbe, non mi farebbe stare meglio, perché mi sentirei dire (intendo dire da me, non da te, eh) le stesse cose per la milionesima volta.
Invece ho bisogno di sentire la mia voce parlare d’altro, arieggiare.
ARIEGGIARE, yesssss.
E ho bisogno di arrivare all’essenziale.
Ti ringrazio infinitamente per il tuo avermi accolta, e ti prometto che se avrò bisogno non mancherò di chiedere. Anch’io ho molta stima di te, e, anche se siamo diverse, in certe cose ti sento molto affine.
Mi ricentro, promesso. Intanto domani devo andare ad un matrimonio, tra poche ore. E’ il caso che io vada a dormire.
VVB.
Essi’, Lunina, forse siamo affini davvero. Anche io, come te, divento gatta solitaria quando sono ferita, incredula, scossa profondamente. Devo stare sola. E le mie amiche, quelle piu’ care, ormai lo sanno. A me non serve il casino, la gente, il rumore per andare oltre. A me serve tempo mio, che poi puo’ anche essere un soffitto da guardare o musica che mi piace o lacrime che scendono e che solo io so quanto mi facciano bene.
Ieri sera, pero’, ero con loro, le amiche di sempre, e ho raccontato l’ ultimo mese. Lavoriamo sparse e trovarci tutte insieme non e’ sempre semplice. Un po’ di spritz e risate. Le ho fatte ridere di quello che e’ successo. L’ autoironia e’ il mio piatto forte. Con tutte le sciocchezze sentite, abbiamo aggiunto capitoli interi all’ enciclopedia degli orrori. Forse nemmeno tu eri qui ai tempi di Costa e Simonetta. La creammo allora e faceva sorridere, anche se tra le lacrime ( si intitolava : “Anche i passeggeri del Titanic pensavano di andare in vacanza” ). A fine serata, dopo aver scherzato, domanda di tutte : “Ma tu come stai?” Risposta “Mi manca” .
Da li’, silenzio e abbracci veri. Non c’era piu’ da dire nulla. Siamo un gruppo forte e ci siamo raccolte da per terra tante di quelle volte ! A casa, sono stata bene per almeno 15 minuti. Ho sentito la speranza….we’ : 15 minuti non sono mica pochi.
Creo rapporti con facilita’, sono aperta, comunicare e’ il mio pane e poi mi piace la semplicita’ nelle cose quotidiane. A me piace vivere.
Io conosco il mio schema deviato. Ho un’ amica anoressica/bulimica da sempre. Lei si e’ fatta curare, ovviamente, ma sa che non guarira’ mai davvero. Ogni dolore rischia di riportala indietro. Per me e’ la stessa cosa. Trauma da abbandono all’ eta’ di quattro anni ( inspiegabile, lo so ). Era nato mio fratello ma io avevo un padre, una madre, una nonna, una baby sitter ed anche una governante che badavano a me e che mi hanno amata in una maniera esemplare ma io l’ ho sentito lo stesso. Mi ferivo da sola per
cercare attenzione, piu’ attenzione ancora. Alle elementari mia madre doveva venire fuori dalla scuola alle 10:00, ora dell’ intervallo, perche’ io dalla finestra la potessi vedere. Alle 12:30, al suono delle campanella il mio cuore stava in gola : “ e se mi avesse dimenticato?”. Ricordo quel cuore che batteva forte come se fosse ieri. Poi sono passati gli anni e sono cresciuta libera e felice. Poi cambiano le figure di riferimento e, dalla famiglia, ti posti sugli amici, sull’ amore. C’e’ sempre stato un desiderio di perfezione in me che sta ad indicarmi che avevo bisogno di accettazione. Che ne ho bisogno anche ora. Della mia e di quella degli altri. Non di tutti ma certo di quelli che, in quel momento, fanno parte del “problema”, qualunque esso sia. Studiavo sodo non per me, o, almeno, non solo per me, ma perche’ non sopportavo l’ idea che mi venisse fatta una domanda cui non fossi in grado di dare la risposta piu’ corretta ed esaustiva possibile. Il 30 non era l’ obbiettivo. L’ obbiettivo era non fallire ai miei stessi occhi giudicanti. Benevoli verso tutti ma implacabili verso me stessa. Ogni volta che qualcuno se ne va, qualcuno che ho amato, mi sento abbandonata. E’ inevitabile risentire quel dolore e quella paura come la sentivo 30 anni fa. Allora mi buttavo sulle rose perche’ qualche graffio facesse correre 10 persone ( minimo ) ad incerottarmi, oggi, invece, sento solo quel mostro che risorge e mi mangia il cuore: ANNA NON VALI UN c...., ANNA E’ COLPA TUA! E mi viene voglia di spiegare l’ ovvio, di cercare dal mio carnefice la certezza che non sia cosi’. Perche’ quella certezza che cmq sai, non la senti.
Non vado piu’ da nessuno per farmi ripetere quel che gia’ so. Come te, Luna. Siamo in equilibrio instabile e conosciamo i nostri punti deboli, cosi’ come conosciamo i nostri punti forti. Adesso arieggiamo : sappiamo stare a questo mondo e mille cose sono li’ a dircelo. Aspettiamo, nel nostro silenzio, di risentire il suono di quelle mille cose….VVB
Carissima Anna vado un po’ di fretta, ma mi hai commossa. Sì, il tuo dolore viene da lontano, ma tesoro devi affrontarlo! Non hai detto come sono adesso i tuoi rapporti con tuo fratello e soprattutto con tuo padre! Racconta il seguito di quel trauma. Non sono Luna (che peraltro adoro!), ma ti sono ugualmente vicina, ti abbraccio forfe forte. Fatti forza:)
cara ANNA2010
capisco perfettamente l’idea dell’abbandono e del sentirsi sempre responsabili di ciò che gli altri vorrebbero da noi.
Per anni sono stata vittima dei miei e del senso di colpevolezza, di irresponsabilità e di disagi che mio padre e mia madre si rinfacciavano.
Ho avuto un’infanzia dove, se non c’era nonna a prendersi cura di me, nessuno dei miei riusciva a farlo.
Quando nonna è deceduta avevo 16 anni, periodo di adolescenza e di attaccamento a lei.
Lei è stata quella che mi ha cresciuta, mi capiva come essere umano, capiva le mie debolezze e i miei silenzi.
Un grande vuoto, ma a distanza, a saputo trasmettermi valori.
Ricerco a tutt’oggi quella stabilità, quella comprensione, quel mettersi accanto senza remore ed in silenzio.
Purtroppo in un modo, dove tutto è corsa, non ci si ferma neppure ad ascoltare.
Oggi è un giorno di quelli che vorresti tornare indietro, tornare bambina, sulle ginocchia di qualcuno, dove pieghi la testa e fai sonni profondi senza sentire
l’angoscia penetrarti.
Vi voglio bene
cara anna,
come ti capisco… ho letto il tuo ultimo post… stasera leggerò gli altri…
i drammi e i traumi del passato escono sempre fuori.. è il modo in cui ci approcciamo alla vita, ai rapporti primordiali dell’infanzia che ci porta poi a vivere le cose in un determinato modo…
io ho sofferto molto da bambina…. mia madre era molto malata.. per cui spesso e volentieri non c’era tempo per me. per farmi sentire bene. per farmi sentire l’amore.
però voglio dirti una cosa… te la dice una che era disperata fino a ieri… certe cose si possono superare…
io ieri sono andata da una psicologa e comincerò questo percorso lungo e faticoso… ma non voglio piu’ soffrire all’eccesso… e guarda, che io ho sofferto come un cane per una persona arida…
una persona che ho reso bellissima perchè rendeva le cose bellissime. una sua dote. ma altro non c’era. per cui a 34 anni mi ritrovo a non saper valutare anzitutto le persone… e a riprovare dolori enormi ad ogni addio… e magari fossero solo addii. perchè poi so cose che mi feriscono, so di altre donne.. mentre io ero (e sono) a casa a piangere…
per cui bisogna avere fiducia nella vita …. ma fiducia in noi stessi… dobbiamo cercare di costruirci le nostre difese, le nostre barriere e metterci prima di ogni cosa. io non l’ho fatto. anzi, ho messo prima lui di tutto, prima di capire realmente di cosa avessi bisogno io…
ora leggerò la tua storia e ti scriverò dopo
nel mentre vi abbraccio a tutti e tutte
mi piacerebbe tanto incontrarci noi anime ferite!!!!!!