La fine improvvisa di un amore
di
Loredana
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perché ci si può confrontare, si possono mettere sul piatto le opinioni, ma una frase come “ti fai troppi problemi” a me sta altamente sulle palle.
Mi sembra il gesso sulla lavagna, agh!
Ora, se una mia amica viene da me e mi dice, mentre io son là che mi faccio un ping pong di pensieri su una cosa che in realtà è semplice, o, per esempio, sul fatto che magari sono stata involontariamente scortese con Tizia, perché sa che io mi faccio molti scrupoli in tal senso, e mi dice: “non farti tanti problemi” con un sorriso, io so che non è l’elefante. Non sta negando quello che sento io, o la mia visione del mondo. Nè sindaca sulle mie decisioni.
Non mi sta dicendo: “sei scema? ma che pare ti fai?”. Non mi sta dicendo che mi faccio “le pare”. In realtà mi sta abbracciando, non escludendo me da lei o me persino da me stessa. Sta sdrammatizzando.
Ma chissà perché, molto spesso, quando le persone ti dicono “che pare ti fai?” primo tu ti rendi conto che la tua non è assolutamente una “para”, ma solo una cosa che senti e pensi tu, e che magari non ti dà nessunissimo problema, secondo che non ha capito (o non vuole capire, o non gli interessa) una mazza di quello che stai dicendo e del perché lo dici.
Tempo fa ho detto di no ad una cosa, assolutamente in modo sereno, ponderato e panzifero, e una (a cui tra l’altro non cambiava na mazza che io dicessi sì o no, ma lei non avrebbe detto no e quindi per lei era inconcepibile come concetto) mi ha detto: tu ti fai troppe pare.
Quando le pare non centravano un tubo. E, mi permetto di dire, fossero pure pare magari se me le fossi fatta per me non erano troppe erano quelle che erano…
Sta filippica per dirti che, per come la vedo io (ma non sono solipsista 😉 quindi puoi vederla in modo anche opposto 😉 io ti direi:
Fatti anche una botta e via se ti va, ma fatti una botta e via con chi non ti fa sentire a disagio e non ti dà quelle sensazioni negative che dici… E diffida da chi vede solo se stesso.
Bacini
Ciao LUNA 🙂
Sai, io sono cresciuta con dei fratelli maschi, sono stata sempre molto a contatto con i maschi, da piccola giocavo e stavo sempre con loro, potrei dire che prima di diventare femmina sono stata maschio, quindi i maschi un poco li conosco, non sono un “universo sconosciuto”, per me.
A differenza, mi pare, della maggioranza che dice che “siamo due universi diversi”, mi sono sempre posta con un: ma no, siamo uguali, non vedevo tutta questa gran differenza.
Insomma, siamo esseri umani, con caratteristiche (entrambi) maschili e femminili.
Negli anni successivi all’infanzia, e tutt’ora, ho sempre avuto amicizie anche maschili, rapporti molto speciali e belli, fortunatamente!
Nella “sintesi” di sopra, in fondo (non si dovrebbe mai generalizzare e io cerco di non farlo) parlo di “certi uomini”: quelli con cui fino ad ora non è che avessi gran che a che fare, fortunatamente!
Quello che voglio dire è che forse sono “abituata male”: sono abituata a conoscere le persone in maniera rilassata e le cose, per me, devono accadere in maniera – anche appassionata certo – naturale, non forzata. Per me quando le cose “funzionano”, accade tutto così semplicemente!
Queste “scalette”, questi passaggi (che percepisco nella testa dell’altro dal suo modo di fare e di rapportarsi) quasi meccanici, stereotipati, sono strani, mi mettono a disagio. E non nego, proprio per nulla, che ci siano molto, moltissimo, anche nelle donne. Lo vedo.
Un mese fa ho conosciuto un uomo stupendo, per esempio, purtroppo non possiamo stare insieme, ma con ciò abbiamo fatto l’alba a parlare e ora ci siamo l’uno per l’altro. So che posso contare su di lui e lui sa che può contare su di me. Eppure lo conosco da poco tempo, ma perché ciò è accaduto? Perché tra noi c’è stata “intimità”, dei momenti molto intensi. A me, davanti a lui, per dirti, sono scese le lacrime, mentre mi raccontava cose tragiche che ha vissuto. Avrei voluto, in un momento, non so, cancellare le sofferenze che aveva avuto.
Empatia si chiama. Tu sai cos’è, LUNA. Quando c’è, dopo è difficile farne a meno. E quando uno, che conosci appena, prova a baciarti, ti mette le mani addosso, vedi che non ti chiede nulla di te e non ti dice nulla di sé, vedi la “differenza”: vedi l’abisso.
La distanza è un abisso.
Io voglio continuare a chiamarla distanza fra esseri umani, non tra uomo e donna.
Cara LUNA, ti mando un abbraccio…
NATY: 🙂 ricambio l’abbraccio 🙂
e 🙂 per il tuo post.
Sei abituata bene, e com’è giusto che sia, non male 😉
@Io voglio continuare a chiamarla distanza fra esseri umani, non tra uomo e donna.
Sono d’accordo.
Ho la stessa esperienza che hai tu con l’amicizia maschile e infatti quando qualcuno mi dice che l’amicizia tra uomo e donna non esiste penso che nella mia esperienza, per quanto mi riguarda, invece esiste.
Il discriminante è se parliamo di amicizia o no, non tra i sessi.
Se parliamo di voler bene a qualcuno o di un desiderio che ti fa avvicinare ma che crea anche tutta una serie di dinamiche per cui, se sotto non c’è un’empatia più profonda, un affetto più profondo che va al di là, non può trasformarsi in amicizia o comunque quel canale non c’è, non scatta, non è possibile. Può essere anche che sia la passione a non permettere che si trasformi in amicizia, può essere che semplicemente la cosa non possa avere un seguito affettivo di tipo amichevole per tutta una serie di ragioni, ma intendo dire che anche queste sono cose che nascono, muoiono, continuano con una loro spontaneità.
Il dialogo con un’amica o un amico è uguale?
per certi versi sì, per altri anche no, ma se ci sono delle differenze sono differenze che completano, arricchiscono, in modo spontaneo. Non solo un limite, intendo. Non le ho mai vissute come un limite. Neanche quando avevo 12 anni. Il fatto di avere avuto amici maschi mi ha arricchita.
Anche proprio perché anche insieme a quei maschi sono cresciuta.
@Sono abituata a conoscere le persone in maniera rilassata e le cose, per me, devono accadere in maniera – anche appassionata certo – naturale, non forzata. Per me quando le cose “funzionano”, accade tutto così semplicemente!
Idem!
Quando avevo circa 20 anni una notte sono rimasta chiusa fuori casa.
Avevo deciso di dormire in auto. Altro non potevo fare. Non avevo intenzione suonare il campanello di notte alla gente, che mi avrebbe aperto la porta di sicuro, ma insomma…
Mi offre ospitalità un ragazzo del mio rione, un po’ più grande di me, che viveva già da solo.
Ora, so che queste, soprattutto al giorno d’oggi, sembrano le premesse per uno stupro pure con commenti stile “è anche colpa di lei, perché è stata incosciente e se l’è cercata”.
In realtà per come lo conoscevo io, anche se non avevamo mai mangiato pastasciutta insieme, lui mi pareva una brava persona.
E non aveva tutti i torti a dirmi che dormire in auto non era una felice idea.
“Almeno vieni a dormire in auto nel mio parcheggio!” mi ha detto.
Alla fine invece ho dormito a casa sua, sul divano. Lui insisteva che voleva dare a me il letto e lui prendersi il divano, ma io non ne avevo voluto sapere. Mi ha cucinato la cena, abbiamo chiacchierato, e poi come fosse stato mio cugino mi ha chiesto a che ora volevo la sveglia ed è andato a dormire. Io non ho chiuso occhio granché, però di fatto a distanza di anni ricordo quell’episodio con affetto. Al mattino ci siamo bevuti un caffé, gli ho detto grazie, lui ha detto “figurati? di che?” e ciao ciao.
Il giorno dopo quando ho detto dove avevo dormito mi son sentita dire:
“Non posso crederci che non ci abbia provato. Con la nomea che ha, poi!”.
Bè, con me non ci ha provato, manco un po’. E’ stato semplicemente gentile. E non ero racchia.
Al di là del fatto che io potessi non piacergli per niente, forse semplicemente lui non era una bestia, nè un cafone, nè uno che doveva provarci per dimostrare qualcosa a se stesso, nè che pensava che io mi aspettassi che lui dovesse provarci. O che ha capito comunque che non era assolutamente il caso di farlo.
Quindi in ogni caso una persona intelligente.
E onestamente tutte le volte che l’ho incontrato in questi anni, nonostante la sua nomea sia sempre la stessa, io ho chiacchierato con lui come ho chiacchierato quella sera lì.
In assoluto relax.
E non ci ha mai provato. Anche se pare che non mi consideri una racchia.
Ciao LUNA! 🙂
Un gentiluomo è stato. Di più, perché ti ha protetto.
A me è capitato di dormire con amici, qualche volta. Non c’era posto e si è dormito nella stessa stanza come fratelli: non ci vedo nulla di male. Credo che – a volte – è a partire dall’infanzia che si crea, più che altro per cultura, la “distanza” tra uomo e donna. Quella distanza che, in realtà, non c’è.
Mi è capitato, ti dicevo. Ho ospitato io quando qualche amico aveva bisogno (tipo capitava nella città dove ero io e si risparmiava albergo e cena, e comunque era in compagnia di una persona con cui aveva un affetto, invece di stare solo in una camera d’albergo o in un ristorante), come sono stata ospitata io quando ho avuto bisogno.
Due volte, due amici diversi, per traslocare da una città, a causa di mie difficoltà (non avevo soldi ed ero senza mezzo) sono venuti da me e mi hanno aiutata. Per esempio: non ho chiesto aiuto a un fratello: sapevo che non è una persona disponibile, perciò col tempo non c’è più “rapporto”, nel senso che lo evito e non gli chiedo mai niente.
Per me l’amicizia è un po’ come l’amore. Con amici, amiche, anche se non ti vedi da tanto tempo, so che se avessi bisogno, se stessi male, potrei contare su di loro. E come con l’amore, non bisogna – secondo me – mai abusare della disponibilità del prossimo.
Credo che i miei amici sanno che se chiedo qualcosa, significa che sono veramente in difficoltà, perciò quando chiedo rispondono.
Una volta, un mio caro amico, era stato lasciato dalla fidanzata, era disperato. Mi chiamava tutti i giorni e tutti i giorni ci vedevamo: pareva che non vivesse più senza me, sembravo la sostituta della sua fidanzata 🙂
Ora sono passati anni, e fortunatamente loro due sono di nuovo e sempre insieme. 🙂
Ciaooo a tutte!!!!
Dopo circa due mesi finalmente mi riconnetto!!Come state?
Questi ultimi giorni sono stati più difficili del solito…mi convinco sempre di più di non essere “normale”…sono come i gamberi..appena penso di aver fatto un passo avanti in realtà mi ritrovo indietro di altri dieci!!
Sono consapevole che la soluzione sia in me ma non riesco ad uscire da questo stato di dolore e tristezza.Sebbene sia passato molto tempo perchè cavolo sto male nel vedere il mio ex che mi passa dinanzi casa con moglie e figlioletto a seguito?Per giunta dinanzi il portone sebbene non ci sia ragion d’ essere di passarmi proprio dinanzi!!!
La sua presenza a 200 metri da casa mia mi sta logorando….qualcuno potrebbe suggerirmi di andar via ma fuggire da cosa?Nella vita mi hanno insegnato ad andare verso qualcosa!!La sua presenza a due passi da me la vedo come una beffa, forse è questo che non riesco ancora a digerire.Lo so che non eravamo sposati ma dopo otto anni insieme si può essere così insensibili!!!Ok l’ amore può finire ma perchè presentarmi un conto così alto??
Scusatemi per lo sfogo.
Un abbraccio a tutte
Scusatemi per lo sfogo
Ciao Giusy,
io ho la fortuna di non incontrare mai i miei ex. Molti anni fa incontrai il mio primo grande amore e ci sono stata male una settimana… Eppure la decisione di lasciarci (anche per lui era finita, ma non aveva il coraggio di rompere) la presi io… Questo per dirti che immagino che debba essere veramente dura, è umano quello che provi, vedere il tuo ex con una nuova compagna e un figlio. E’ dura e non so cosa dirti, forse solo (anche di fronte oramai a una nuova compagna sua, a un figlio), che dovresti provare a iniziare a pensare alla tua di vita. Una nuova vita. Esci, distraiti, fatti nuovi amici, questo solo mi viene da dirti. Poi è chiaro che ognuno ha i suoi tempi per “elaborare il lutto”… Un piccolo passo alla volta.
Ciao Giusi. Non so se inconsciamente ho adottato la filosofia del “trovare una giustificazione SI a tutti i momenti NO” ma, opinione mia, credo che i momenti tira & molla non siano altro che il riflesso di quanto siamo state vere e sincere durante una storia.
Lo so il momento del passo indietro è doloroso. Doloroso come una chiappata per terra.
Ma non credo proprio che cambierei il dolore dell’aver provato un qualcosa con l’anestesia del non sentire più nulla.
Spesso gironzolo per i cimiteri, tra le vecchie tombe. Guardo le foto di gente morta sessanta, settanta, ottant’anni fa e cerco di pensare a tutte le cose che hanno vissuto, che hanno provato, che hanno pensato, sognato, sperato e che sono andate perse insieme a loro e insieme alle persone che le hanno conosciute.
E’ come se volessi regalargli ancora un’opportunità di dire “io sono stato qui e ho vissuto così”.
E’ vero! Non li ho conosciuti, non posso sapere la storia, i loro pensieri, qualcosa della loro vita.
Mi limito a vestirli con le immagini che nascono nella mia mente guardando i loro occhi, i loro vestiti, le loro espressioni.
Sarebbe assurdo che non facessi lo stesso con me stessa. Sarebbe assurdo che seppellissi per sempre il mio vissuto passato nell’idea di poter vivere meglio il presente ed il futuro.
Ogni tanto torno indietro, mi guardo come se guardassi un’altra persona ed assisto alla mia storia.
A volte piango come quando si guarda un film romantico in tv. A volte mi incazzo. A volte mi deprimo. A volte il male sembra troppo, la soglia di sopportabilità del dolore diventa inesistente. Ma se non provassi nulla proverei un male ancora maggiore. Quel nulla renderebbe inutili anni di vita. Quel nulla si trascinerebbe in un buco nero troppi momenti troppo importanti. Momenti che mi hanno “modellato” nel tempo, mi hanno costruito, mi hanno fatto diventare come sono.
E non ha importanza se l’opera di “modellamento” ha prodotto un buon o pessimo o mediocre risultato.
Qualsiasi cosa siamo o siamo diventate/i dobbiamo in ogni caso tutelarci.Se diventiamo insofferenti nel buco nero ci finiamo anche noi…
Luna in un post ha detto una sacrosanta, semplice verità.
A volte le strade si dividono. Senza un perché, senza ragione.
A volte la necessità dell’addio è reciproco. A volte no. A volte solo uno soffre, a volte uno soffre più dell’altro.
Sarebbe meglio non capitasse. Ovvio!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Ma quando capita dobbiamo sforzarci di dare un perché al dolore. Un perché che non lo renda inutile e che ci dia qualcosa di buono oltre all’ineliminabile sofferenza.
Ci sono cose che capitano anche se smanettiamo come dannati per non farle accadere. Perdere la persona che si ama è una di queste. Soffrire perché è capitato pure.
E allora guardiamo dentro alle cose. Cerchiamo il lato buono perché, cavolo cavolastro cavolone , c’è!!!! Ben nascosto ma c’è.
E se non c’è inventiamocelo. Come una favola. Come un qualcosa che tenga noi stesse al riparo della rigidità, dall’indifferenza, in attesa che capiti qualcosa di buono……
Occhio!Non mi sono rincogl…..non è che che mi sono bevuta il cervello e scambio un calcione nel cu per una carezza……
Mi sono semplicemente resa conto che il male fa meno male quando dovendolo subire e sopportare lo si guarda da più prospettive.
Ciao Naty, Luna, Lulu, Giusy, Tina, Mary e tuttituttitutti.