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La fine improvvisa di un amore

di Loredana
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14.073 commenti

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  • 5271
    LUNA -

    FRANZ: posso essere sincera? 😛
    Io non ti ho percepito per nulla barocco, nè
    autoassolutorio nè autonobilitante. Peraltro anche se tu fossi stato barocco per me non avrebbe fatto nessuna differenza.
    E se fossi stato autoassolutorio?
    Voleva dire che in quel momento ne avevi bisogno.
    Autonobilitante?
    Idem.
    Mi colpisce di più chi è automassacratorio e autosnobilitante in questo contesto.
    A me colpisce lo stato d’animo che sta dentro alle parole, il messaggio che passa, l’energia che c’è, non il fatto che uno ne parli usando 56 aggettivi o 2.
    Per me uno può scrivere come D’Annunzio o stringato come un cartello autostradale, che in fondo manco me ne accorgo.
    Per iscritto ci si lascia più andare? Meglio! Non trattandosi di una prova di scrittura, ma di un foglio bianco che uno può riempire come gli va questa mi sembra un’ottima cosa. Guai se non fosse così.
    In fondo questo è una sorta anche di diario di stati d’animo e pensieri non privato, ma in qualche modo condiviso.
    Un diario in cui puoi scrivere le cose e poi, anche, dimenticartene. Intendo dire: puoi scrivere con tutta l’enfasi del mondo e il giorno dopo dire: ma guarda te, ieri mi sentivo così oggi mi sento colì.
    E non è un fatto di incoerenza, ma spesso anche di assestamento di stati d’animo, che una volta espressi magari anche si scaricano, o si riordinano.
    Per fare un esempio.

    I proclami, senza niente sotto, non servono a niente. Sono parole meramente razionali che sono come il belletto su una faccia triste. Passami la metafora al femminile, scusa, anche se sei uomo, ma penso che le donne sanno la differenza che c’è tra due modi di mettersi il rossetto.
    Uno è quello per cui te lo metti solo perché devi uscire di casa e non puoi andarci con una faccia che sembra uscita dalla lavatrice, ed è un gesto, si può dire, meccanico.
    L’altro è guardarti veramente allo specchio, mentre lo fai, e compiere quel gesto, anche su una faccia uscita dalla lavatrice, pensando che lo stai facendo vedendo la tua faccia, e prendendoti cura di te. E’ un gesto di cura e amore,non è meccanico. E’ quasi un gesto di “positiva” rivolta contro la lavatrice. E’ andare a cercarsi oltre la lavatrice.

  • 5272
    LUNA -

    LULU, LILLY E NATY: Lulu, ti ringrazio per la tua partecipazione 🙂 di cuore. Ma voglio dirti una cosa:
    secondo te, se io avessi pensato che la sofferenza di questo tipo, di cui si parla in queste pagine, fosse una banalità, io sarei stata qui a scrivere in questi mesi quando avevo l’altra?
    Il mio messaggio è un altro: usare le proprie energie per vivere la propria sofferenza in maniera costruttiva, non distruttiva e autodistruttiva. Sarebbe meglio non soffrire, chiaro, ma una volta che la sofferenza fare tutto il possibile per non imploderci dentro.
    Perché le energie servono. Sempre.

    Ma a Lilly voglio dire una cosa:
    non imploderci dentro non significa combattere contro se stessi quando si ha una giornata no. Significa accogliere anche quella giornata no.
    Prenderla per quello che è. Guardarla per quello che è, con quello che sai oggi di te, rispetto a ieri.
    E’ difficile spiegare cosa intendo dire… lo so… lo so che forse quando hai una giornata no tu hai paura di cascare dentro a un buco nero di cento giornate no, che quando una te nella quale non ti riconosci più, perché aveva degli atteggiamenti compulsivi che oggi ti sembrano assurdi, lontani da te, ma non ancora – magari – abbastanza lontani, sembra fare capolino in un pensiero, in un ricordo, tu ti spaventi.
    Ma non avere paura di chi sei stata.
    C’è una differenza sostanziale tra portare una maschera e sentirsi bene. Se ti senti veramente bene ti senti bene e basta, e quando lo dici a te stessa, il giorno dopo, se hai una giornata no, o un’ora no,o cinque minuti no, non è che il giorno prima ti raccontavi una balla. Stavi bene. Eri vera nel tuo stare bene. Come sei vera nella tua giornata no.
    Chi ha vissuto molestie morali spesso ha un problema… deve recuperare non tanto l’autostima, quanto la sensazione di poter fidarsi di se stesso. Per scoprire che puoi fidarti di te forse devi anche fidarti di te nelle giornate no. E’ per quello che insisto sul fatto che è più utile capire perché certi comportamenti, o certe reazioni, o certe spinte, o certe convinzioni o certe compulsioni si rivelavano disfunzionali piuttosto che farsi un semplicemente un prontuario di cosa è bene fare e cosa no, in cinque regolette.

    Non so se sono riuscita a spiegarmi…

    “La dignità, l’amore per noi stessi, non è che si perdono una volta e sono persi per sempre”, dice NATY. E questo, cara LULU, è un concetto di importanza fondamentale. Perché mentre ti dilani pensando alla dignità che hai sentito di aver perso in passato, magari non te ne rendi conto… che la tua dignità è già qui, solo che non la vedi. Perché ti guardi ancora con gli occhi di ieri.

    NATY: sul rispetto, e sull’arroganza, anche su tutto il resto concordo. Riflessioni ne ho, ma ci sto… lavorando. (che poi siano sensate o tabanate quello è un altro discorso :P). Scusa, ti rispondo domani con più calma!!!

    Bacioni a tutti

  • 5273
    Lilly -

    Luna, tu dici: “Per quanto riguarda l’intervento provvidenziale di un’altra persona, penso come te che il lavoro sia sempre personale, e quindi non è l’esterno a poter fare il lavoro per te (generico) o a poter salvarti, in nessun modo, se non ti “salvi” tu.

    Ci sono momenti in cui avresti voglia di salvarti ma ti manca l’input. Uso un esempio banale: avrei voglia di mangiare un gelato ma non ho la forza di vestirmi ed uscire a comprarlo. Allora resto lì, seduta, con la mia voglia inalterata ma congelata. Se qualcuno mi porta il gelato lo mangio a quattro palmenti però….
    Questo per dire che a volte la voglia di uscire da certe situazioni c’è, ciò che non c’è è la consapevolezza, la presa di coscienza di avere l’energia per farlo. Ed a questo punto ho espresso il concetto più banale che potessi scrivere, lo so.
    Ma è una logica premessa ad una considerazione che vorrei fare.
    Il parlare DELLE altre persone (e non parlo, per ora, del parlare CON le altre persone) probabilmente non sarà risolutivo (il lavoro su di me lo devo fare io, ok) , ma ti può dare una spinta a prendere in considerazione un qualcosa che magari con il tempo ti incuriosirà, ti spingerà a riflettere, ti farà eleborare una serie di assiomi/teorie/teoremi per cui alla fine ti accorgerai che non è successo nulla ma ti sei trovato un pò più in là rispetto a dove albergavi da mesi….
    Poi scatta l’esaltazione dell’esserti spostato. Poi poi poi….tante altre cose.
    Io scrivevo (scrivo) un diario in cui non solo davo la botta ma mi davo anche la risposta.
    Non era (è) un monologo ma una bozza di dialogo.
    Utile, per carità, però, finiva lì.
    Senza un confronto, senza un appiglio verso un concetto diverso.
    Si….ci sono i libri. Ce ne sono tanti e ne ho letto tanti.
    Però un libro ti butta lì un concetto diverso. E tu lo leggi, magari ti piace, lo fai tuo…..Poi leggi un altro libro, un altro concetto, anche quello ti piace e lo fai tuo. Tanti libri, tanti concetti….. ma vorresti parlarne con qualcuno. Un dialogo produttivo e non un monologo stile ripasso della poesia o un dialogo con te stessa del tipo “me la faccio e me la mangio”…
    Quando però hai tutte le gomme a terra (compresa la ruota di scorta) non è così facile parlare CON qualcuno (almeno….io non ci sono riuscita…).
    Troppa fatica….
    Anche, alle amiche, gli amici, papà, mamma, parenti vari..niente/poco….Fatica immane ma anche soggezione, non voglia di esporsi troppo o di ascoltare il solito maledetto “te l’avevo detto io…..” che scatta di default…..(ed anche tanta insofferenza/indifferenza altrui….diciamola tutta).
    Allora che fai? Una possibilità è: ti infili nel “parlare DI qualcuno”.
    Ora, se lo fai su un autobus ti daranno del curiosone, magari ti mortificheranno e alla fine farai una figura di mer….e andrai via imbarazzato.
    Se lo fai in un forum (come ho fatto io), per un pò stai lì, nessuno lo sa, nessuno ti mortifica.
    Leggi e ti interessi, leggi e ti incuriosisci e poi, piano piano, salti fuori e dici la tua con i modi e le parole che senti tue in quel momento.
    Nessuno ti manda via e tu sei libero di confrontarti.
    Tutto queste parole solo per dire che, si, è vero, “non è l’esterno a poter fare il lavoro per te” però, credo, che , in certi casi (come il mio) l’esterno possa offrirti quel lavoro che diversamente non avresti saputo come andare a cercare….
    Poi, vabbè, il lavoro deve essere personale e sopratutto il soggetto deve essere motivato.
    Puoi dire “mangia” finchè vuoi ad un inappetente e quello, se non ne ha voglia, non mangerà.

  • 5274
    Lilly -

    A volte vai in blocco come una caldaia. Sai che dentro di te c’è il tasto rosso del “riarmo” e hai bisogno di qualcuno che ti sollevi il braccio, ti afferri la mano, te la “modelli” in modo che il dito indice sia puntato verso il bottone e ti direzioni il dito. A quel punto sta a te premere il pulsante rosso…..(e alzare il dito, questa volta medio, alla situazione che ti aveva ridotto ad una larva…..).
    Lo sfogarmi, lo svuotarmi, il chiedere, il confrontarmi, l’ottenere delle risposte (non alle mie domande ma al mio appello S.O.S.) di questi mesi….beh….tutto ciò ha alzato il braccio e modellato la mano e puntato il dito.
    Il resto lo sto facendo io contentissima di scoprire di avere dentro di me l’energia per direzionare il dito e premere il bottone rosso.
    Non l’avrei scoperto se quel braccio non fosse stato sollevato. Ed è stato sollevato anche dalle parole di tutti voi (tu, Luna, in primis…..).
    Quanto alle giornate “no”….Il mio problema è un pò, come dire, cretino.
    Vorrei dire folle, cervellotico perchè sarebbero aggettivi più “esaltanti” ma, no… pensandoci bene il termine cretino o idiota o stupido è più indicato.
    La mia paura non è tanto quella di ricadere nel buco nero di cento giornate “no” (un pò si….e beh)…è che ho paura di disattendere delle aspettative che si sono create in virtù di un mio atteggiamento diverso.
    Se rido il giorno prima e piango il giorno dopo per me è plausibile e ragionevole ma solo se a farlo sono gli altri perchè se lo faccio io ho come l’impressione di mandare sia all’esterno che all’interno di me dei messaggi negativi, confusi, poco chiari e da cui diffidare.
    Non so come dire…..
    Per tanti motivi ho sempre dovuto interpretare, nella mia vita, il ruolo del rassicuratore. Magari avevo una paura tremenda, mille incertezze, ma all’esterno doveva passare un messaggio diverso, quello del “Tutti tranquilli, ci penso io”.
    Ed il problema è che non mai avuto nessuno che mi rassicurasse (fin da bambina…) e quindi, nel tempo, mi sono come sdoppiata. Mi rassicuravo da sola per far fuori le paure e le incertezze che altrimenti mi avrebbero ostacolata nell’opera di rassicurazione altrui.
    Il ruolo del rassicuratore è un ruolo che ho sempre interpretato sia in casa che fuori, anche a tutela di persone più grandi di me.
    Tutto questo, negli anni, mi ha letteralmente sfinito. Ed ora, come dici tu (ed hai tremila ragioni) è giunto il momento di cambiare il copione (visto che gli altri, i rassicurati, col fischio che cambiano il proprio!)
    Ma quella sorta di maschera mi si è talmente appiccicata addosso che stento a toglierla come se fosse una tappezzeria che è stata incollata al muro per cinquant’anni.
    Ed in questi momenti di “ristrutturazione” la giornata “no” mi destabilizza perchè mi sembra che tradisca l’aspettativa che avevo creato in me stessa. Come se fossi duplice ed una parte di me mi stesse fregando…..Poi me la racconto, mi spiego e tutto finisce lì.
    Mìììì, comunque, tutte ‘ste Lilly che preparano la coreografia di una vita serena….com’è difficile “organizzarle”….

    Ciao a tutti. Vi voglio un bene immenso anche se non vi ho mai visto.

  • 5275
    eva -

    ciao se sono in questo sito capirete sicuramente il perchè, vi racconto brevemente la mia storia
    primo anno bello e tranquillo nel fattempo conosco i suoi, gente che si sente di essere sulla tera a 2 gradini sopra noi, ma a me nn mi hanno fatto ne caldo ne freddo, nel senso se capitava d’incontrarci li salutavo altrimenti niente di ke
    secondo anno iniziano i problemi perchè decidiamo di comune accordo di sposarci (io 34 anni lui 40)lo decidiamo NOI, quando lui parla con i suoi c’è il cambiamento totale su tutto quello che avevamo deciso, anzi loro pretendono di rinviare di qualche anno ancora perchè è ancora presto-secondo loro- iniziamo a litigare di brutto, nn cè chiamata, incontro ecc.ecc che io è lui non litighiamo, mentre con me vive l”inferno” a casa sua gli inculcano l’idea che io sono un mostro che nn penso alle sue esigenze e che penso solo al matrimonio.
    Sei mesi fa cerco di fargli capire effettivamente perchè siamo arrivati a quel punto morale della favola SCOMPARE,mi manda un msg dicendomi di lasciarlo in pace che lui con me ha chiuso, l’ultima volta che ci siamo visti mi ha detto che lui è molto fatalista di nn disperare…
    La favola è finita e con la scusa del destino è scappato, nn solo ora mi accusa di avergli rovinato la vita dato che vivendo in un piccolo paese tutti andavano o da me o da lui per sapere il motivo della nostra rottura, io ho sempre risposto che erano affari miei e suoi, lui invece mi ha talmente criticato che ho pensato di essere stata per 2 anni e mezzo con un mostro
    Sei mesi dopo io sono a pezzi, mentre lui quando c’incontriamo e capita spesso mi snobba nel senso che sembra che nemmeno mi conosce
    eva

  • 5276
    LUNA -

    Lilly: 🙂
    “Per quanto riguarda l’intervento provvidenziale di un’altra persona, penso come te che il lavoro sia sempre personale, e quindi non è l’esterno a poter fare il lavoro per te (generico) o a poter salvarti, in nessun modo, se non ti “salvi” tu.

    Mi riferivo al rapporto di dipendenza che si può creare quando pensiamo che sarà un fantomatico principe azzurro o una fantomatica principessa azzurra a riparare a delle ferite o dinamiche che noi non ripariamo per primi dentro di noi. E spesso, inconsciamente, cerchiamo persone che vanno a battere dove il dente duole o comunque, se per esempio, il nostro terrore fosse quello dell’abbandono, potremo tenerci il nostro terrore, con tutte le conseguenze del caso, anche se avessimo qualcuno che ci rassicura 200 volte al secondo del fatto di essere realmente presente o di amarci davvero. E se invece fossimo abbandonati o trovassimo persino qualcuno con la coazione all’abbandono (per motivi suoi) ciò ovviamente non farebbe che girare il coltello nella piaga ulteriormente. Ciò facendo solo un esempio e buttandola giù in poche parole.

    Su quanto invece l’esterno possa essere comunque di stimolo, darci elementi interessanti, anche attraverso il confronto, nel momento in cui siamo aperti, e su una certa lunghezza d’onda, persino, l’ho detto tante volte, quando sentiamo una conversazione sull’autobus che nulla ha a che vedere su noi, l’ho detto tante volte come la penso. Se sono qui evidentemente è perché penso che queste cose servano moltissimo. Ciò che non serve, mai, è affidare il timone completamente a qualcuno pensando che ci porterà in salvo. O, meglio, a tutti capita e può capitare… ci sono dei momenti in cui non bisogna neanche cadere nell’eccesso opposto, e saper anche chiedere “scusa, puoi pensarci tu?”, “scusa, guidi tu un attimo che rischio un colpo di sonno?”,in un momento particolare, perché anche ammettere/accettare la propria fragilità e il proprio bisogno degli altri – sano – fa parte dell’equilibrio (e spesso chi ha dovuto badare sempre a se stesso può avere molta paura di essere fragile o di ammetterlo) ma il punto è anche saper riconoscere con chi poter condividere la guida.
    Discorso complesso, su cui magari tornerò meglio.

    Non sono magamagò, è semplicemente che posso immaginare certi stati d’animo, e se ti ho detto quella cosa sulle giornate no è stato perché ho pensato alla cosa del risolutore/rassicuratore ecc.
    Il problema non è affatto cretino, è una cosa molto logica, invece, che tu possa restare/cadere comunque nel “giudizio” e nell'”aspettativa” in questa fase, perché probabilmente sono due punti abbastanza centrali… spesso centrali per i risolutori/rassicuratori, coloro cioè che hanno percepito, nel momento clou della loro formazione, l’esterno come più fragile, e in qualche modo hanno sentito di dover accudire o rassicurare etcc coloro da cui si sarebbero dovuto sentire accuditi

  • 5277
    LUNA -

    o semplicemente si sono sentiti più responsabili di quanto effettivamente erano, molto di più, in determinate situazioni e dinamiche, o hanno dovuto badare a se stessi “per non creare problemi”, o per sedare l’angoscia che certe situazioni provocavano intorno o per trarsi emotivamente in salvo.

    Da ciò derivano molto spesso giudizio/aspettativa.
    Cosa naturale in cui puoi entrare anche nel momento in cui stai facendo un lavoro su di te. E giudizio/aspettativa, forse, è proprio uno dei nodi centrali di quel lavoro.
    Uscire da quel meccanismo. Alleggerirti il carico in quel senso.

    NATY: per combattere intendo non arrendersi, di base. Non arrendersi nella vita, in senso più ampio. Tirarsi su, avere progetti, guardare avanti, con la volontà di non perdersi. Intendo combattere per il proprio bene e la difesa di se stessi nonostante le difficoltà.
    Mi chiedo una cosa… non ho capito bene: la tua sensazione è che tu dimostri disponibilità alle persone, loro sembrano cogliervi l’occasione di approfittarsene e quindi diventano arroganti? Hai notato una serialità in questa cosa?
    O ti colpisce in modo particolare quando ciò avviene e quindi registri in modo particolare quando ciò avviene?
    Hai la sensazione di essere indifesa rispetto alla tua sensazione di disponibilità, come se non si capisse che in realtà tu sai difenderti benissimo, ma semplicemente tendi all’armonia e all’equilibrio e quindi sei disponibile perché ti pare logico che la disponibilità sia un valore ecc?
    Hai la sensazione che le persone si mettano in qualche modo in competizione con te?
    Che in qualche modo ti sfidino per vedere fin dove possono arrivare?
    Che ad un certo punto, di fronte la tua calma, o la tua disponibilità, ti sfidino e quel punto a te non resti che o affrontarli o lasciare il campo?
    La rabbia resta… resta quanto?
    Esattamente cosa ti fa arrabbiare?
    Posso chiederti quanto è importante per te non sbagliare? Sentirti comunque più nel giusto rispetto agli altri che stanno sbagliando intorno?

    Faccio ipotesi, per capire. Rispondimi se vuoi.

    baci a tutti 🙂

  • 5278
    Naty -

    Ciao tutti!

    Luna gentile, avrei anche già scritto le risposte, ma siccome sono stata forse un po’ lunga e… non so, per un certo pudore, non è che potrei mandartele via mail? Se non vorrai non importa. Se vorrai, ti metterò qui una mail.
    Grazie per ora.

  • 5279
    Naty -

    EVA, ciao, leggo la tua lettera solo ora.
    Eh, brutta storia, brutti comportamenti. E’ molto triste.
    Correttissimo il tuo rispondere a chi nel vostro paese chiedeva di voi (anche se è abbastanza normale, in un piccolo paese): sono fatti miei e suoi. Anche perché avresti dovuto dire una “sgradevole” verità (che prima o poi verrà a galla da sé, col tempo…).
    Lo so che è dura adesso, ma tra un po’ di tempo, vedrai, inizierai a dirti: l’ho scampata bella! Anzi, brutta!

  • 5280
    LUNA -

    EVA: ovviamente sento solo la tua campana, ma sentendo la tua campana, francamente, mi viene da dire (anche se so che ciò per nulla ti consola) che l’hai scampata bella.
    Perchè la favola, mi pare, si è scontrata abbastanza presto con la realtà, e la realtà concreta e la favola non sono riuscite ad andare molto d’accordo, ah?
    Perché, sai, come considerazione generale, è molto comodo nascondersi dietro il fato.
    Il fato ne combina diverse, e anche toste, ma i protagonisti della nostra vita, anche gestendo ciò che ci propina il fato, siamo comunque noi.
    Ci sono cose che obiettivamente mettono a dura prova le nostre risorse, le nostre energie, il nostro equilibrio, le nostre convinzioni, eccetera eccetera. Ognuno sente quali cose possono avere questo peso. E ognuno di noi, nella vita, si ritrova anche a combattere o a tentare di venire a patti con il fato, prendendo delle decisioni.
    Messa così, come la racconti, più che destino – un elemento improvviso che cambia le carte in tavola – pare un rapporto con i genitori non risolto da parte sua. Una cosa che non sarà nata con una decisione di matrimonio, ma una dinamica vecchia e consolidata.
    E un rapporto non risolto con i genitori non è una gatta da pelare di poco conto. Non per lui e non per chi gli sta accanto. D’altra parte è una gatta da pelare che in qualche modo uno può anche scegliersi di risolversi, se, realmente, gli invalida la vita privata in modo insostenibile. Forse per lui sarà sostenibile visto che se la tiene, forse per lui sarà una cosa da non toccare, per ragioni sue. Questi sono fatti suoi. Sono diventati tuoi nel momento in cui le vostre vite si sono incrociate parlando pure di matrimonio.
    Gli inculcavano un’opinione raccontandogli che la sua vita era diversa da come la stava vivendo?
    In qualche modo, per sue ragioni, motivazioni, pare che lui abbia scelto di farsi raccontare la sua vita. A 40 anni?
    Così è, pare.
    Era accettabile per te?
    Evidentemente no.
    Per lui era accettabile che per te non fosse accettabile?
    Evidentemente no.
    Litigavate di continuo, lo dici tu.
    E non era il destino, era il fatto che qualcosa non funzionava più. e non si riusciva più a farlo funzionare.
    Capisco che ti possa far male come sono state gestite le cose, come avete vissuto le cose, come sia finita, e anche chiederti con chi sei stata per due anni e mezzo…
    sei stata con questa persona, mostro o vittima che sia. Ti piace questa persona? Ci avresti passato davvero tutta la vita, così, come lo vedevi gestire la cosa del matrimonio?
    Avresti passato tutta la vita con un “fatalista” che in nome del destino rifiuta di ascoltare quello che senti tu, opinabile o no che sia?
    Forse non è che la favola è finita, è che lo hai conosciuto meglio. Hai capito che è quello che è, e che non è compatibile con te. Lo hai capito presto, mi sa, ma ci tenevi, e hai visto se c’era margine di miglioramento.
    Siete adulti, consenzienti e non vi siete sposati.Chi ve lo ha impedito, VERAMENTE?
    Meglio così mi pare.

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