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Il Coronavirus ha stravolto le nostre vite

Il Coronavirus ha messo a nudo la nostra fragilità umana con la vita che può mutare in un amen. Abbiamo capito che le nostre certezze, le nostre abitudini, le nostre agende sono state messe sottosopra. Siamo precipitati inopinatamente in un mondo di incertezze, di preoccupazioni, di grande terrore psicologico per la nostra salute. Questa pandemia ci ha ricordato che siamo finiti e mortali. Ci ha messo di fronte alla cruda realtà: la morte. Medici, infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, presbiteri e tanti altri, ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Questa è un’occasione per capire che ciascuno di noi ha bisogno di aiuto, di dare e ricevere amore. Il poeta e saggista inglese John Donne scriveva nel suo celebre sermone: ”Nessun uomo è un’isola” .Il “coprifuoco” imposto dal Coronavirus ha trasformato le nostre città, quasi sempre rumorose e frenetiche, in luoghi deserti e di un silenzio assordante. Siamo rinchiusi nelle quattro mura domestiche in attesa che qualcuno o qualcosa ci liberi da questo male aggressivo e micidiale. La scienza è in ginocchio perché non riesce ad arrestare questa pestilenza che si ribella ad ogni ritrovato della medicina. La gente ha perso i suoi punti di riferimento imprescindibili. L’economia italiana è al collasso. Un quadro, indubbiamente, offuscato e desolante. Ho l’impressione di vivere un incubo sulla “Nuova Atlantide” :un incubo che ci sta segnando profondamente sia psicologicamente che fisicamente. Ora siamo chiamati tutti a guardare il “chronos” in maniera diversa e inedita. Dobbiamo sviluppare una nuova capacità di uscire da noi stessi, da quella coscienza isolata, frettolosa e altezzosa, per meglio relazionarci con gli altri e per realizzare una società che abbia una visione più simbiotica e più umana. San Paolo diceva: ”L’uomo, nonostante le sue conquiste, resta un mendicante in cerca d’amore”. Ci siamo resi anche conto, in questo duro frangente, dell’inutilità delle cose che ritenevamo assolutamente importanti e vitali. Per non parlare del voluttuario e degli sprechi tuttora in essere. E’ certamente un’esperienza, questa del triste Coronavirus, della quale, chi è sopravvissuto, dovrà farne tesoro per il suo futuro modus-vivendi. A noi la scelta!

Ringrazio vivamente della cortese accoglienza e porgo molti cordiali saluti.
Franco Petraglia – Cervinara (Avellino)

Lettera pubblicata il 7 Aprile 2020. L'autore ha condiviso 16 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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Categorie: - Riflessioni - Salute

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