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Li credevo amici, mi hanno abbandonato

Trovi il testo della lettera a pagina 1.

Era la seconda metà del 2008. Ero appena rimasto solo dopo aver litigato con la mia comitiva d’amici (per sapere di più leggete il mio post precedente “Intrusi tra gli amici”) .
Attesi che si facessero sentire per chiedermi spiegazioni sul mio gesto ma non ebbi più loro notizie. Io, nel frattempo, non ero così distrutto; mi ero allontanato da loro perché non sopportavo il nuovo arrivato Massimiliano.
Per un mese, ottobre, uscii da solo senza sentire la loro assenza. Più tardi, a novembre, vidi per strada un cartello che annunciava l’inizio di un corso di computer nella mia città. Siccome non lavoravo e all’università chi ci pensava più decisi di iscrivermi. Passai l’esame d’ingresso e, l’ultima settimana di novembre iniziai.
Mi recai nell’aula composta da 25 computer quasi tutti occupati e scelsi il mio. Ero terrorizzato perché non conoscevo nessuno e non sapevo come attaccare bottone con i corsisti.
Accanto a me era seduto un ragazzo. Mi si presentò. Fu il primo con il quale strinsi amicizia. Era una persona con grosse conoscenze culturali. Diventammo amici.
M’interessai, con il passare dei giorni, alle sue passioni quali il cinema. Lui era un giornalista. La sua amicizia mi fece sciogliere e pian piano cominciai a legare con altri corsisti. In men che non si dica quella paura che provavo all’inizio non si fece sentire più e mi sentivo felice nell’aver trovato persone nuove con le quali essere amico.
I mesi passavano lenti, il gruppo che si creò comprendeva oltre a noi due un altro ragazzo e una ragazza, entrambi studenti con la passione del volontariato e dell’aiuto verso i disabili e le persone in difficoltà. Arrivò il periodo natalizio e il corso si fermò per la pausa natalizia e lì passai indolore (all’epoca) il fatto che nessuno di loro si fece sentire durante quel periodo. Ripensandoci potevamo uscire, sentirci semplicemente per chiederci come stavamo l’un l’altro, ma nessuno lo fece. Ignorai questa cosa che invece era un serio campanello d’allarme.
A gennaio ci rivedemmo e il corso ripartì. A fini lezioni (ore 21) eravamo soliti a recarci in qualche bar o pub a berci una bottiglia di vino o di birra e parlare del più e del meno. L’argomento principale, ci tengo tanto a sottolinearlo, è sempre il servizio sociale oltre che i centri sociali stessi, i disabili, l’aiuto verso i disabili e i bisognosi, insomma il volontariato in generale. Perché sottolineo questo? Lo vedrete.
Il mio (ormai ex) amico rubava tutta la scena con i racconti legati al suo mestiere di giornalista, io e l’altro ragazzo diventavamo sempre più tappezzeria dinanzi a lui. L’altro ragazzo accettava questo declassamento mentre io, ne soffrivo. Ne soffrivo soprattutto quando cominciai a innamorarmi della ragazza che usciva con noi. Lei pendeva dalle labbra del mio ex amico giornalista e ascoltava in estasi ogni suo discorso.
Pensavo che questo l’avrebbe allontanata da me, io allo stesso tempo non sapevo come comportarmi data la mia timidezza e le mie delusioni passate che mi hanno segnato. Cominciai a soffrire, a casa piangevo, ero pronto al peggio, a un’altra delusione, a un altro no in amore, il mio cuore vuoto era e vuoto era destinato a restare. Le cose precipitarono quando la vidi in compagnia di un altro ragazzo una sera al cinema, la ignorai per tutta la sera parlando con un’altra ragazza per cercare di avere la sua attenzione ma nulla. Il giorno dopo piansi tutto il giorno dal primo pomeriggio fino la sera.
Tutto questo mentre il corso e l’amicizia con queste persone continuava. Fù così che decisi di mia volontà di organizzare le serate ai bar e all’osteria dopo le lezioni proprio per cercare di fare colpo su di lei. Addirittura pianificai una cena estiva presso la mia casa in campagna. Il corso pian piano finì, ed io ero distrutto per quest’amore che non riuscivo a esprimere, piangevo, pregavo Dio giurandogli che le avrei dato la mia anima se mi avesse voluto come fidanzato, le provai tutte per avvicinarmi al suo cuore ma nulla fù utile. Lei era presa dai racconti del giornalista e sono convinto che anche lui provasse qualcosa per lei nonostante fosse fidanzato con un altra e mi parlava di matrimonio prossimo.
Quando la mia regione fu colpita dal terremoto, parlarono addirittura di recarsi lì nelle zone terremotate per intrattenere i senza tetto in ogni modo e con ogni mezzo umano e non. Poi non parliamo degli aiuti donati….
Aprile, e il corso finì. Io caddi in depressione perché è stato un corso entusiasmante e proficuo di nuove conoscenze e amicizie, quel corso lo rimpiango a distanza di un anno e se solo penso all’aula, al corridoio che dovevo percorrere giuro che i miei occhi si fanno lucidi e la mia bocca diventa amara.
Ma la fine del corso fù la fine di tutto. Ad aprile nessuno di loro si fece più sentire. Abituato a vederli 3 giorni alla settimana non seppi abituarmi a stare senza vederli. Cominciai a nutrire le prime paure di una nuova solitudine e perciò bruciavo ogni mio credito al cellulare per chiamarli. Mandavo sciocchi sms del tipo “come stai? ”, ”cosa fai? ”, tutto a posto? ”. Ma dovevo farlo sempre io sennò loro col cavolo che mi cercavano.
A maggio ci fù la fatidica cena a casa mia (io sono uno che mantiene quello che dice, odio chi dice una cosa e poi non la fa senza motivare il suo gesto) e i 3 furono entusiasti, li trattai come dei re facendoli girare per la casa e offrendolo loro tutto quello che potevo dare in cibo e ospitalità. Dissi anche sarei stato felice che quella cena fortificasse la nostra amicizia nel tempo e potesse essere la prima di tante serate insieme.
Sempre a maggio accadde che mi operai a una cisti alla gamba. L’intervento fu pianificato ed eseguito con il mio benestare in un sol giorno. Il giorno dopo fui dimesso e avvisai i miei 3 amici dell’operazione. Loro riposero che avrebbero organizzato una serata in mio onore per festeggiare l’evento. Arrivò il giorno stabilito e prima di recarmi all’osteria ebbi un malore, un calo di pressione dovuto al caldo e ai postumi dell’intervento. I miei mi portarono in ospedale per controlli ma feci in tempo ad avvisarli di ciò che mi è successo. Giorni dopo incontro uno di loro che mi disse che nonostante io non fossi venuto loro avevano bevuto lo stesso. Insomma il festeggiato era in ospedale e loro bevevano e si divertivano.
In tutta l’estate del 2009 li vidi sono due volte e quelle volte parlavano di viaggi, gite al mare con le loro amicizie ed io? Ascoltavo e basta, non capivano che io volevo essere coinvolto nei loro svaghi come avevo chiesto durante la serata a casa mia.
Alla fine di luglio chiesi al mio ex amico giornalista di uscire insieme alla notte bianca che si sarebbe tenuta un mese dopo. Lui mi rispose di si, che mi avrebbe avvisato. Un mese dopo nella data fatidica lo aspettai tutta la sera e non si fece sentire. Ebbi un esaurimento nervoso e distrussi mezza camera dalla rabbia placato a forza dai miei che non capivano il mio comportamento. Lo stress patito portò mia madre a portarmi da uno psicanalista che mi somministrò degli antidepressivi e ansiolitici.
Ero arrabbiato e deluso da questo mio amico e decisi di non chiamarlo e di aspettare sue notizie per vedere a questo punto se veramente era un amico o mi stava prendendo in giro. Aggiungo che a giugno io gli mandai una mail dopo che per 3 settimane non avevo più sue notizie, mi ripose dopo altre 3 settimane dicendomi che aveva avuto da fare genericamente.
Da allora sono passati otto mesi e nessuno dei tre mi ha più chiamato, nessuno dei tre ho più rivisto. Sono rimasto solo.
Parlavano di volontariato, aiuto più deboli e bisognosi e poi mi hanno lasciato solo con i miei problemi e difficoltà senza ascoltarmi e capirmi. Mi hanno usato e mi sono fatto usare che sciocco che sono. Credevo in loro, mi ero “aperto” fino al punto di innamorarmi di quella ragazza ed invece sono stati l’ennesima delusione della mia vita.

Lettera pubblicata il 17 Marzo 2010. L'autore ha condiviso 16 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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La lettera ha ricevuto finora 33 commenti

Pagine: 1 2 3 4

  1. 11
    luca -

    Amico mio…ti riporto quello che ha risposto a lamentele simili, nn sull’amore per la verità , un mio amico eremita:cosa ti aspetti da chi ha messo in croce il proprio Dio? Tu applichi i tuoi principi che senti giusti e sono anche giusti di fronte alla natura ma nn di fronte a questi esseri. Il tuo errore è valutarti in base al riscontro.Vedi prendi atto che chi hai di fronte con pochissime eccezioni è falso , infame etc etc.Ma per loro questo è un vanto.Se tu pensi di contare per qualcuno allora nn hai capito niente.Tu conti per qualcuno nella misura in cui gli servi per scopi che sono esclusivamente egoistici.E te lo dice chi ha fatto un pò ogni ruolo dal puttaniere allo sposo fedele al lavoratore etc. Se mi permetti senza che ci giriamo tanto intorno , devi fare una scelta: se scegli il sociale devi accettare le regole del gioco ivi incluso come sono gli altri.Quello che tu provi o senti nn conta nulla. Se invece fai la scelta che ho fatto io, beh allora sei solo..prendine atto.Ma nn sentirti giu per quello che presuntivamente hanno gli altri: come fingono con te lo fanno tra loro e spesso la persona che gli dice amore la mattina va col puttaniere di turno la sera..Lamentarti nn serve a niente.Spero ti sia utile

  2. 12
    alisee -

    L’amicia esiste se tu hai bisogno dell’altro
    e l’altro ha bisogno di te
    e se il perdersi ha un costo emotivo.

  3. 13
    rossana -

    Alisee,
    sì, anche per me è così (post 12), persino in amore!

    mi sto chiedendo quanti anni hai… azzardo: una quarantina?

  4. 14
    Golem -

    Alisee: “L’amicizia esiste se tu hai bisogno dell’altro
    e l’altro ha bisogno di te
    e se il perdersi ha un costo emotivo.”
    “Anche per me è cosi…persino in amore”. E con quello non corrisposto in cui ne basta uno, come funziona?

  5. 15
    alisee -

    Beh, hai quasi indovinato, brava.

  6. 16
    Suzanne -

    Rossana, io invece penso che l’amicizia e l’amore nascano proprio laddove manca il bisogno: io ti vorrei accanto perché, nonostante non abbia bisogno di te, renderesti la mia vita migliore. Il bisogno trae in inganno e ci fa sembrare luccicanti persone che in momenti di minor fragilità vedremmo opache. Questo non significa che non si abbia mai bisogno dell’altro, ma, secondo me, un sentimento sincero non può nascere e durare come mutuo soccorso nelle difficoltà.

  7. 17
    rossana -

    Suzanne,
    nel pieno rispetto della tua visione, che considero idealistica, nella mia esperienza ho dovuto purtroppo constatare che si mantiene una relazione, sia in amicizia che in amore, fino a quando il bilancio di quanto si trae da essa rappresenta un saldo in positivo, di qualsivoglia genere.

    nel momento in cui si arriva all’incirca al 50% di buono, già il rapporto traballa. scendendo oltre, è pressoché destinato a finire.

    quindi, poiché c’entra un bilancio, c’entrano anche delle necessità. che possono essere sì relative e non materiali ma che hanno comunque un loro peso, anche inconscio.

  8. 18
    Golem -

    Suzy, mi hanno cassato un post col quale confermavo che quella “condizione” che descrivi è la sola sufficiente e necessaria per chiamare amicizia l’amicizia e amore l’amore. Solo con quello stato d’animo può crescere sano un rapporto. Ma non sarebbe neppure il caso di sottolinearlo, se non fosse che il “bisogno” è la condizione più frequente in quelle “ricerche”, e pertanto tutto quello che sta a valle di quell’istanza viene vista come “normale”, compresi gli squilibri e le incomprensioni che ne derivano. Ho già troppe volte fatto l’esempio dei ciechi e dei colori, ma è l’unico che può dare l’idea del perchè si conosce solo quel “modo”.
    Se amo una persona, dalla quale sono riamato con lo stesso mio stato d’animo, NON mosso dal “bisogno”, il bilancio sarà sempre in attivo, perchè quello che si dà sarà sempre TUTTO, e vale per entrambi quando il rapporto é in equilibrio. Si è come vasi comunicanti.
    Quando scrissi che non c’è una unità di misura per l’amore vero, è perchè questo, se è vero, o c’è o non c’è. E quando c’è questo c’è tutto, al 100%. Chi lo vuole misurare fa parte del foltissimo gruppo dei “normali”, che non sanno dare un volto a quel sentimento e usano quello che trovano nel manuale delle “normalità”. È normale.

  9. 19
    alisee -

    Suzzanne penso che purtroppo
    l’analisi di Rossana sia
    più realistica.
    quando le cose vanno bene, va tutto bene.
    Nel momento del bisogno si avrà una visione
    più realistica di quell’amicizia.
    Sono i fatti che contano, non le parole.

  10. 20
    Suzanne -

    Rossana il bisogno è ben diverso dal trarre vantaggio in un rapporto. Il bisogno è necessità e quindi in un certo senso dipendenza; tutt’altro è invece trarre vantaggi ( psicologici, emotivi, intellettivi) da un’ amicizia. La mia visione sarà idealistica ma si basa su amicizie trentennali, quindi sulla mia esperienza. Viene la depressione a leggere sempre queste visioni tragiche e disilluse delle relazioni umane.

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