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La scuola, telegraficamente no

Gentile Direttore Enrico Mentana,
ho seguito la trasmissione in cui Milena Gabanelli nel Data Room parlava della gestione dell’apertura delle scuole.
Avevo letto l’articolo della stessa Gabanelli sul Corriere, con una “chiusa” a dir poco meravigliosa in cui chiedeva scusa ai ragazzi delle superiori perchè non si era riusciti a portarli a scuola.
La Sua emittente ha però avuto l’opportunità, alla trasmissione della Gruber, di avere ospite il Presidente Conte.

Sinceramente avrei immaginato che una delle domande d’esordio sarebbe stata sulla scuola ed in particolare sulla scuola superiore che in molte Regioni, fra cui la mia Toscana, è chiusa da oltre un mese, mese che pare destinato a prolungarsi e che va a sommarsi ad un anno scolastico, interrotto il 4 marzo, in cui, se non fosse stato (e spesso non lo è stato) per la buona volontà dei professori, non si sarebbe fatto nemmeno quelle tre ore di DAD con cui siamo giunti alla fine dell’anno.
Ecco, le scuole superiori, i licei per capirsi, le scuole dove, presumendo, forse a torto, che i ragazzi possiedano già strumenti culturali minimi, si dovrebbe coltivare il pensiero, la capacità critica, consentire l’accesso a strumenti culturali che non siano la mera alfabetizzazione, SONO CHIUSE e non ci sono dati che dimostrano che il contagio avvenga a scuola.
Il Prof. Locatelli l’altra sera, da Fazio, ha detto che il contagio nelle scuole ha una influenza minimale sull’incremento dei contagi, contando invece quello che accade fuori.
Ecco, nella trasmissione con il Presidente Conte, la scuola è stata relegata per ultima, dopo lunga digressione sugli sci (per carità comprendo perfettamente la ricaduta in termini economici della chiusura degli impianti da sci), addirittura dopo il punto di Paolo Pagliaro, dicendo al Presidente “telegrafico: sulla scuola?”.
Dopo aver sentito anche il Data Room, ma da sempre perchè io credo nella scuola e nel fondamentale diritto all’istruzione, non a caso sancito dalla Costituzione, e ci credo da “privilegiata” quale sono che, pur da famiglia modesta, ne ha avuto accesso, non posso accettare che sulla scuola si possa essere “telegrafici” perchè dietro c’è una generazione che è chiusa in casa, privata dell’accesso alla scuola, costretta ad “accontentarsi” di quel falso surrogato di scuola che è la DAD o DID, che dir si voglia. Una generazione privata di socialità, che si accontenta di quella virtuale delle videochiamate sulle varie piattaforme, perdendo ogni capacità di relazionarsi su un piano reale con i compagni, di confrontarsi in scambi di opinioni reali, relegati ormai a “chat”.
Ed è inquietante che questa generazione non abbia nemmeno voglia di ribellarsi, che faccia lo sciopero per “aggiustare” la DAD e non per tornare a a scuola.
Sono reclusi e non si ribellano, quando la reclusione è la pena massima (fortunatamente, di più non c’è) prevista dal nostro codice penale.
Non si può essere “telegrafici” sulla scuola, non lo si può essere quando si invoca la necessità di una cultura “di ribellione” al machismo imperante per le donne, quando si invitano a prendere coscienza della propria identità, della propria dignità a di che tutti noi andiamo invocando, anche la stessa conduttrice della trasmissione in questione e su cui insiste spesso anche Lei e la dott.ssa Gabanelli, non si realizza perchè per molti e soprattutto per molte, quando non c’è il dialogo a casa (e lungi da me assolvere l’abdicazione al ruolo genitoriale che trovo una aberrazione di questi tempi), solo a scuola trovano accesso a strumenti che non hanno a casa.
La scuola deve essere l’argomento su cu non ci si esprime telegraficamente, ma approfonditamente, chiedendo conto di cosa in concreto si è fatto per supportare la riapertura delle scuole, un elenco di “fatti”, di cose dati alla mano, non di stanziamenti ( che evidentemente sono rimasti lì), inchiodando alla riposta chi non ha fatto nulla per quello che tutti sapevamo essere il nodo principale, e cioè i trasporti, per consentire che quella sicurezza che c’era (perchè c’era) dentro le scuole ci fosse anche mentre si andava a scuola. Come, con maggior tempo a disposizione, farebbe Milena Gabanelli.
Sono consapevole che la DAD fa comodo a molti: fa comodo a chi si fa suggerire all’amico via whatsapp, fa comodo per i post it, fa comodo perchè ‘si fa il compito con il libro sotto il banco e soprattutto si spera nel libera tutti di fine anno, adducendo come motivo del passaggio automatico la questione del mancato accesso ai device.
Ma non fa comodo al futuro. Al nostro futuro.
Non fa comodo a valori in cui chi come me crede: la cultura, la capacità critica, il rispetto del prossimo in una dialettica vera, la capacità di esprimersi, una società meritocratica in cui non prevale il più furbo, ma il più bravo.
Mi sono sentita dire che “un anno di DAd non farà male perchè ci passeranno la vita al computer”: fermo restando che faccio l’avvocato e che mi auguro con tutto il cuore che mia figlia scelga una facoltà scientifica in cui la tecnologia certo sarà importante, crederò sempre fermamente e incondizionatamente che il cervello e la formazione culturale non passino e non possano passare da un computer. Il computer sarà solo uno strumento, il cervello umano, il pensiero, la capacità critica è il “motore” di tutto.
Se questa estate si fosse lavorato sul trasporto e sulle possibili soluzioni con le aziende di trasporto (e qui più che a Conte toccava alle amministrazioni locali), forse le scuole non sarebbero state le prime a chiudere anche a questo giro. Di questo va chiesto conto.
Telegraficamente no, non si può accettare.
Chi non ha fatto niente per il trasporto e ha contribuito alla chiusura della scuola, dopo che per tutta l’estate dirigenti e insegnanti si sono dati da fare per far tornare i centimetri “dalle rime buccali”, non può non risponderne.
Diamo spazio a chi fa giornalismo e inchiesta come Milena Gabanelli con una puntata speciale “Ripartire dalla Scuola”. Ce n’è bisogno, più di cenoni, pranzi e botti di capodanno.
Ci giochiamo una generazione.
cordiali saluti e grazie per l’attenzione
Letizia Martini
p.s. per correttezza ho scritto anche alla redazione di Ottoemezzo, ovviamente ignorata. Neanche una risposta “telegrafica”.

Lettera pubblicata il 2 Dicembre 2020. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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