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Il suicidio

di beppino
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14.941 commenti

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  • 9851
    Ele -

    Grazie Eme..!
    Non ti dispiace, vero, se stampo il tuo post e me lo porto sempre dietro in borsa??

  • 9852
    ada -

    ehhhh! come vi capisco.la sofferenza pero’ a volte è anche causa di qualche meccanismo che non va in noi,basta una piccola cura e quelle cosette chimiche che fanno parte di noi vanno a posto(o quasi).
    gli psicofarmci in dosi equilibrate possono farci un gran bene,parola di chi li ha provati.
    non abbattiamoci sempre.

  • 9853
    Eme -

    Ele 🙂 🙂 🙂
    Un abbraccio virtuale (per adesso).

  • 9854
    alessandro -

    Non voglio entrare più in polemica su nulla e con nessuno, basta, per carità, però una cosa vorrei dirla…
    gli psicofarmaci…ormai penso si sappia quel è il mio pensiero in merito, però non nego che, pur non curando nulla, nel modo pù assoluto, agendo sul sintomo un sollievo lo danno, questo sì…e quando si soffre non si può fare filosofia, naturalmente, quindi chi ritiene di doverli prendere che li prenda e che Dio gliela mandi buona.
    Detto questo, evitiamo di ridurre l’uomo e la sua sofferenza interiore a ‘cosette chimiche’, non è proprio così.
    E pensieri come questi, piuttosto diffusi purtroppo, fanno la fortuna dei Cassano e delle farmaceutiche sempre più agguerrite.
    Il Cassano, a dire il vero, fa anche la fortuna dell’Enel…una battuta per dire che questo signore, questo ‘luminare’, ancora oggi ritiene una cosa aberrante come l’elettroschok una ‘terapia salvavita’…e qua uno si zittisce, ma davvero. Come si fa a replicare davanti a un simile delirio?

  • 9855
    Eme -

    “io stavo semplicemente facendo quello che sentivo più consono alla mia persona, senza mascherarmi più”.
    ” negli anni passati pur di piacere ho fatto e mi sono fatta fare di tutto, per non allontanare nessuno. ho permesso anche a gente cattiva di avvicinarsi a me e servirsi a piene mani”

    Non sei stata stupida, Ele. Probabilmente sei stata una vittima della disistima. Ti sei adattata, hai accettato compromessi e sei stata male prima (mentre ti adattavi e accettavi) e dopo (quando hai gettato la maschera).
    Il passato, ormai, è andato. Non puoi intervenirci neppure con la bacchetta magica. Puoi tenere a mente certi episodi come monito per salvaguardarti (non certo per autoflaggellarti). Di più non puoi fare… se non scavarci dentro per “aggiustare” il presente e impostare bene il futuro.
    Il metodo maschera non è servito a granchè (difatti ti si è rotto qualcosa dentro e, in più, ti sei stancata a recitare un ruolo).
    Ora cerca di capire cosa ti occorre per raGgiungere la serenità ed impegna le tue (ora poche ma solo ora) energie a perseguire questo obiettivo ignorando le pippe di chi vede nell’uscita a tutti i costi il rimedio miracoloso ad ogni forma di disagio.
    Stai bene chiusa in casa? Stai chiusa in casa! E sbattitene di tutto e di tutti.
    Vuoi uscire? Esci senza la convinzione di creare un precedente con i pippaioli che da quel momento in poi ti potrebbero mitragliere con richieste di uscita.
    Pensa a te stessa e pensa per stessa. La verità è tutta dentro di te. E nessuno sa di meglio di Ele cos’è meglio per Ele. Neppure Ele stessa, però, se continua a darsi della stupida e a sentirsi inadeguata.
    I bastardi che arranfano a piene mani: sono bastardi, appunto. E non per colpa tua. Sono esseri viscidi, schifosi, che si mascherano con maschere che, però, a differenza tua, sanno portare molto bene. Sono esseri immondi che meriterebbero di implodere all’improvviso senza lasciare neppure un pò di polvere per la ricerca del DNA.
    E tu non ne hai colpa. Non devi essere tu a pagare la loro bastardaggine.
    Forse (e solo forse) potresti avere una sorta colpa se nonostante il senno del poi ci ricascassi…..ma ora come ora colpe non ne hai.
    Non ti sei protetta, ok. Proteggiti ora. Levati dalle scatole tutti quelli che ti creano ansie nella smania di farti star meglio con il solo risultato di farti sentire inadeguata. Non dico di scaraventarli fuori dalla porta prendendoli a sco.... ma, semplicemente, senza vergognarti (perchè non è proprio il caso) spiega loro che il loro metodo miracoloso, in questo, momento, non fa per te.
    Se sono amici capiranno. Se non lo sono avrai fatto un sano repulisti di inutili pro-stress.
    Cerca di ricominciare da capo, avendo come unico scopo il tuo benessere. Sii egoista e sai perchè?
    Perchè l’egoismo delle persone buone porta vantaggio alle persone stesse senza arrecare danno agli altri.
    E’ l’egoismo stronzo, quello che porta alla prevaricazione, al menefreghismo, che fa male.

  • 9856
    Eme -

    Pensa a te stessa, insomma. Se raggiungi la serenità renderai sereni anche coloro che ti vogliono bene veramente. Per sentirsi in compagnia non servono mille amici pesanti da gestire, ne basta anche solo uno che ti accetti per quello che sei anche se, in apparenza, sei “cambiata”, anche se da solare sei ritornata ad essere lunare e chi non sa che di indole sei (ipotizzo) lunare pensa che ti abbia rapito un ufo.
    Ciao, Ele, un grosso bacio! Ed un saluto a tutti.

    Ada: secondo me hai ragione. In alcuni casi (sottolineo alcuni) il disagio psichico ha cause anche di natura chimica ed i farmaci, in questi casi, possono portare le persone ad un equilibrio che gli consente di affrontare con maggior serenità, lucidità e razionalità tutti gli altri problemi che la vita ci mette in mezzo ai piedi.
    Il problema sta nel trovare il medico che non è nè lo sperimentatore pazzo, nè il menefreghista cronico, nè l’ideologo accecato da pregiudizi nati chissà come e chissà perchè.
    Insomma….il problema sta non tanto nella soluzione quanto nel latore della soluzione stessa.
    Se trovi un buon medico hai più probabilità di trovare una buona soluzione.

  • 9857
    nessuno -

    tu che hai provato a tentare di toglierti la vita e non ci sei riuscito !!!! sai perche !!!! non lo vuoi se solo un povero vigliacco !!!!! sei solo un vigliacco che non ha il coraggio di vivere e di tirare un paio di schiaffi alla vita !!! lo fanno tante persone che stanno peggio di te !!! pensa all’africa e fattoi un po di ricerca !!!! guarda gli animali che vengono maltrattati e uccisi da bastardi !!!! o bambini violentati!!! eppure loro vogliono vivere !!!!

  • 9858
    Marquito -

    Sarebbe veramente molto utile affrontare l’argomento “psicofarmaci” senza ripetere gli errori del passato e senza cadere più in inutili polemiche. Mi fa piacere che tutti abbiano espresso la loro opinione in modo pacato e civile ed anche io mi sforzerò sicuramente di fare altrettanto.
    Per quello che può valere la mia esperienza, ho notato che gli psichiatri tendono a dividersi in due scuole di pensiero: quella “pro-farmaci” e quella “anti-farmaci” (generalmente i secondi sono sostenitori accaniti della psicoterapia, oppure sono favorevoli a un approccio di tipo esistenziale alquanto astratto e molto “filosofico”). Io credo che sarebbe bene superare ogni forma di pregiudizio e riconoscere, una volta per tutte, che ogni individuo rappresenta un caso a sé stante e deve essere valutato in base alle sue caratteristiche.
    Ci tengo a precisare che anche io sono scandalizzato dall’abuso degli psicofarmaci che viene praticato dalla cosiddetta psichiatria accademica. Ma una cosa è combattere gli eccessi; altra cosa è privare le persone depresse degli enormi benefici che potrebbero trarre da un uso responsabile e mirato degli antidepressivi. Molto spesso si sente dire che gli psicofarmaci agiscono “solo” (?) sul sintomo, senza rimuovere la causa profonda del problema (mi riservo di discutere più avanti sulla validità di questa tesi, che in molti casi si configura come una vera e propria petizione di principio). Ma anche se questa affermazione fosse vera, il beneficio tratto dal malato resterebbe comunque gigantesco. Ci sono delle circostanze in cui è non solo consigliabile ma addirittura doveroso somministrare al paziente un’ingente quantità di psicofarmaci. Quando parliamo di “eliminare il sintomo” non parliamo di un dettaglio di poco conto e di una bazzecola insignificante; parliamo di una questione prioritaria e assolutamente essenziale, perché il dolore è una faccenda estremamente seria e se noi non rimuoviamo il sintomo esiste anche la possibilità che il paziente se ne vada al creatore. Quando una persona soffre in modo atroce, e rischia seriamente di rimetterci la vita, è assolutamente indispensabile assumere un atteggiamento pragmatico. Prima bisogna spengere l’incendio; poi si potrà discutere su chi sia stato ad appiccare il fuoco.

  • 9859
    alessandro -

    Gli psicofarmaci hanno solo ed esclusivamente azione sintomatologica e non ‘causale o eziologica’, cioè non agiscono in alcun modo sulle cause della malattia, e questo non si può contestare: è verità scientifica, non è una mia verità!
    Detto questo, faccio ora un discorso più generale, in riferimento alla depressione reattiva, quella, cioè, che origina da traumi esterni che però, naturalmente, influenzano il normale equilibrio chimico del cervello.
    Alcune statistiche dicono che il 53 per cento degli italiani soffre di un disagio psichico, per lo più di natura depressiva (34 %), il 32 % assume psicofarmaci il cui consumo è aumentato del 60 per cento negli ultimi 7 anni, e tutto questo vuol dire che la società italiana sta male, molto male al di là della rappresentazione gaia e felice che ne fanno la pubblicità e la nostra spensierata televisione nei suoi programmi di intrattenimento.
    Ma qual è l´origine del male? Freud nell´ultimo anno della sua vita scriveva che ‘per il primitivo è facile essere sano, mentre per l´uomo civilizzato è un compito difficile’, ma attribuiva la difficoltà all´eccesso di regole che governano le società civili, e quindi inseriva la depressione nelle nevrosi, nel conflitto tra norma e trasgressione, con conseguente vissuto di colpa. Oggi, le norme limitative non esistono più, non esistono quasi più gli imperativi morali, per cui ciò che un tempo era proibito è sfumato nel possibile e nel consentito.
    Per effetto di questo slittamento oggi la depressione (reattiva) non si presenta più come un ‘conflitto’, e quindi come una ‘nevrosi’, ma come un fallimento nella capacità di spingere a tutto gas il possibile fino al limite dell´impossibile. E quando l´orizzonte di riferimento non è più in ordine a ciò che è permesso, ma in ordine a ciò che è possibile, la domanda che si pone alle soglie dell’esperienza depressiva non è più: ‘ho il diritto di compiere questa azione?’ ma, ‘sono in grado di compiere questa azione?’.
    Quel che è saltato è il concetto di ‘limite’, e in assenza di un limite, il vissuto soggettivo non può che essere di inadeguatezza, quando non di ansia, e infine di inibizione. Tratti questi che entrano in collisione con l´immagine che la società richiede a ciascuno di noi. Di qui l´ingente richiesta di farmaci antidepressivi che hanno come logica terapeutica quella di sopprimere l´insonnia e l´ansia parossistica, oppure la perdita più o meno estesa di iniziativa, l´inibizione all’azione, il senso di fallimento e di scacco, fattori questi che entrano in implacabile collisione con i con i paradigmi di efficienza e di successo che la società odierna ritiene essenziali per definire la dignità e la significanza esistenziale di ciascuno di noi. Il senso di insufficienza che si fa paralisi, causa prima della depressione, attiva la dipendenza psicofarmacologica, dove le promesse di onnipotenza assomigliano non a caso a quelle che popolarizzano la droga.

  • 9860
    alessandro -

    Il farmacodipendente e il tossicodipendente sono infatti due versanti di quel tipo umano che infrange la barriera tra il ‘tutto è possibile’ e il ‘tutto è permesso’. Essi radicalizzano la figura dell´individuo sovrano, e pagano il conto con la schiavitù della dipendenza, che è il prezzo della libertà illimitata che l´individuo si assegna.
    Ma gli antidepressivi sono in un certo senso più insidiosi delle droghe, perché le molecole delle avide farmaceutiche contro la depressione alimentano l´immaginario di poter maneggiare illimitatamente la propria psiche, senza i rischi di tossicità delle droghe o gli effetti secondari o collaterali degli antidepressivi vecchia generazione. In questo modo lo psicofarmaco, sopprimendo i sintomi della depressione, che è un arresto nella corsa sfrenata a cui siamo chiamati dalla nostra cultura influenzata dal modello americano, accelera la corsa, rendendoci perfettamente omogenei alle richieste sociali.
    Ma a questo punto il rimedio farmacologico al blocco della depressione è peggiore del male, perché, mettendo a tacere il sintomo, vietando che lo si ascolti, induce il soggetto a superare se stesso, senza essere mai se stesso, ma solo una risposta agli altri, alle esigenze efficientistiche e afinalistiche della nostra società, con conseguente inaridimento della vita interiore, desertificazione della vita emozionale, omogeneizzazione alle norme di socializzazione richieste dalla nostra società a cui fanno più comodo robot de – emozionalizzati e automi impersonali, che soggetti capaci di essere se stessi e di riflettere sulle contraddizioni, sulle ferite della vita, e sulla fatica di vivere.
    Tuttavia, questo non vale ogni volta e sempre, così come ogni disagio psichico, anche quello che bisogna necessariamente di un (lieve) trattamento farmacologico, tipo le depressioni psicotiche e le psicosi in genere, va accompagnato con un dialogo psicoterapeutico, sempre! Non si lascia mai la persona in mano (ed in balia) dei soli farmaci.
    Poi si può parlare all’infinito di tante altre cose, e magari sarebbe anche bello ed utile farlo, nel pieno rispetto reciproco!

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