Il suicidio
di
beppino
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Caro/a Ariah,avevo detto che uscivo dal blog e così sarà.Il tuo sfogo è vero e disperato,nelle emozioni e nelle sensazioni è lì che si trova la più profonda delle verità.L’ingiustizia più grande è che cè chi soffre il mondo e chi si delizia del paradiso anche sulla terra,nè colpe,nè meriti.18 mesi d’inferno fra i 14 ed i sedici anni,senza alcuna colpa,ogni tipo di violenza psicologica e fisica e tragicamente molto più orribile,perdere l’innocenza per dei maiali sadici schifosi…e poi internamenti uno dopo l’altro,mesi e mesi farmaci sballati che ti fanno scoppiare,come un topo in gabbia,e fuori solitudine,disprezzo,allontanamento dalla società “civile”.Poi lavorato tanti anni,ma sempre mobbing perchè appena sanno che stai male,anche se fai bene il tuo lavoro ti saltano addosso come squali.Nel ’96 tentativi di suicidio.alcool fiumi di alcool,la perdita del lavoro.La diagnosi di PTSD,un allucinante sindrome di disturbo da stress post-traumatico.Quello di chi torna dalla guerra.Ciao Ariah,il tuo furore è vero.Lascio il Blog.grazie della tua testimonianza
@David , calma , se lasci il blog , beh , mi dispiace , ma se credi che ti serva , fallo ; in quanto alla Vita , pensaci.Pensaci bene.
@Ariah … gli scriventi nella vita non hanno sofferto un accidente? chi si è perso nella religione e nella codardia? io non di certo.
E tu odi? e lo dici a me ( che ho passato la vita odiando ed ora sono , anagraficamente , verso la fine). Ma tu l’Odio non sai neanche cosa sia!!
Bada a come parti ed a cosa scrivi!
Una caratteristica del forum è l’improvvisa entrata in scena di personaggi in cerca di autore , che sventagliamo come mitragliette impazzite quattro stupidaggini e poi non riappaiono piu’.
Dai Ariah , che non è proprio aria …
Da tanta sofferenza non può venir fuori nulla di buono,, a questo son arrivato. 8 anni a pensare che farla finita è meglio e ancora troppa paura del dolore fisico, che delusione… Sono sempre in attesa della goccia che fa traboccare il vaso. Non è vita questa! Sarà rigidità mentale ma la questione è solo una: ti poni (o ti vien posta) la domanda se intendi accettare le regole sociali e le pene d’amore. Rispondere no è legittimo quanto rispondere si, la fregatura è che non ti han mai fatto leggere il contratto prima, ne tu sapevi cosa avresti deciso in base alle tue sofferenze… se uno è convinto lo si dovrebbe aiutare ad uscire di scena… o almeno si dovrebbe aver rispetto per il suo dolore…
Conosco molte persone che non la pensano come me, ma raramente le invidio. Io sono io, sono le mie esperienze e mi piace pensare che la gente mi prenda sul serio quando dico la mia…
Ciao Ariah, non ti dirò ti capisco perchè tanto non mi crederesti, non ti dirò della mia vita perchè non avrebbe un senso farlo, forse non diresti esattamente “voi che della vita non avete sofferto un c…” o forse no… ma va bene cosi. Il tuo odio per tutti ha una ragione e la tua rabbia per questa vita anche. Certo che moriremo tutti ed il bello è che lo sappiamo, o meglio, lo impariamo presto. Se ripensiamo alla nostra infanzia andando il più indietro possibile fin dove la memoria riesce a condurci e poi ancora più indietro fin dove le sensazioni riescono a portarci, capiremo dove abbiamo scoperto che si muore e se ci proviamo ricorderemo anche cosa abbiamo provato quando l’abbiamo scoperto. Un senso di dolore ? un senso di sofferenza? un senso di liberazione? un senso di perdita? un senso di vuoto? una sensazione di non-senso? ecc.. Perchè non farlo allora? perchè non procurarsi la morte subito, da piccini, sai quanti dolori e sofferenze risparmiate! Chi non muore allora, cresce, diventa adolescente, adulto e poi vecchio, fa parte dell’ordine delle cose che piaccia oppure no. Ma questa è solo una cronologia di età della vita, che non ha tanto senso. Il senso? Il senso forse stà nel percorso, stà in ciò che ci separa dalla morte. In tutto quel tragitto (breve o lungo che sia) che ognuno fa dal momento in cui nasce a quello in cui muore. Cosa si salva? cosa vale davvero? qual’è l’ultima cosa che muore in noi ? Sono domande che mi sono posta e che mi pongo ancora. Da quando mia nonna ha l’alzheimer ho capito una cosa che prima non mi era chiara: credo l’ultima cosa che muore in noi sono le sensazioni e forse le emozioni. La memoria se ne può andare(ed a volte è pure un bene),la razionalità se ne và,ma quella parte istintiva ed irrazionale che ci fa percepire sensazioni è la più forte,la più dura a morire.
Vogliamo morire quando non vogliamo più provare nulla,ma moriamo davvero quando non riusciamo più a provare nulla.
Per quanto sembra paradossale, anche la rabbia è una energia vitale, assolutamente. Sai,dietro un monitor e con una tastiera davanti è molto facile,ma ricorda che dietro alle parole ci sono delle persone che forse son qui per ragioni(di base) molto simili alle tue. Io non penso che tutti coloro che son al di là di questo monitor siano meritevoli di odio, ma questo è solo un mio pensiero personale da persona molto ignorante. Tu odia tutti se vuoi,indistintamente odia anche le persone che non conosci se ti serve a sfogare la tua rabbia ed il tuo dolore. Mi sbaglierò, ma sono convinta che tanti capiranno, anche senza dirti nulla.
Io scrissi di peggio,non qui…scrissi di peggio.
p.s. Mi è venuto in mente un film: il curioso caso di Benjamin Button. La vita è capovolta, giovinezza e vecchiaia sono capovolte ma il senso alla fine non cambia. La vita è una lotta comunque. Se ti và,guardalo.
Non è necessario violentare il corpo in un attimo. Basta condurre la vita con una tristezza infinita dentro mentre fuori si mostra il possibile per andare avanti ma diventa sempre più difficile. Sono 25 anni e più che soffro per il suicidio di mio fratello. Sono 25 anni che vado avanti con ansiolitici. Sono 25 anni che mi prendo in giro da solo. Sono 25 anni he lavoro, lavoro, son divorziato ormai da diversi anni con un figlio che comunque vedo. E’ come se il pieno di benzina durasse sempre meno. Mi sento sempre più stanco, svuotato, i giorni, e settimane passano senza lasciare traccia. Mi chiedo se forse non è il caso di guardar mi allo specchio e smetterla di prendermi in giro facendo finta di vivere quando muoio giorn per giorno come una candela che è accesa da troppo tempo. Forse è più dignitoso farla finita prima che tutta l’energia
vada via, prima che diventi tutto inutile, prima che il mio corpo si svuoti, prima di essere un morto che cammina.
Cara Silvia è un luogo di dolore,di delirio,di esperienze tragiche e terribili,di persone che non riescono a perdonare nè a perdonarsi.Poi non ci vediamo,non sappiamo niente di noi,io credo che l’unico modo di affrontare certe cose sarebbe intanto conoscerci meglio,guardarci in faccia e vedere,rendersi conto delle emozioni,della sofferenza che si ha di fronte.Poi per esempio chi soffre di PTSD (per fare un esempio)dovrebbe incontrare altri che soffrono di quella particolare patologia,i gruppi nati in America dopo la guerra del Vietnam,riuniscono persone che in genere hanno vissuto lo stesso dramma.Quì si può dire…”Resisti,migliorerà,la vita è bella,tutto cambierà in meglio ecc…”Non si può affrontare un argomento così delicato così.ciao
Un blog, una lettera che ha come titolo “il suicidio”,certo che è un luogo di dolore. Internet ormai è un vero e proprio impero, si trova di tutto e di più, chi si sofferma in certi luoghi, chiamiamoli pure se vogliamo luoghi di dolore, lo fa perchè spinto da qualcosa, a volte è qualcosa di molto forte, qualcosa che non l’abbandona mai. Si Jena, “Non si può affrontare un argomento così delicato così.” Credo tu abbia ragione, ma questo è il limite del mezzo virtuale e lo sappiamo un pò tutti. I gruppi che riuniscono persone che hanno vissuto lo stesso dramma o dramma simili,incontrare altri che soffrono della stessa patologia secondo me può aiutare (anche molto se il gruppo è quello giusto) ma ha altri tipi di limite. Basta esserne consapevoli. La mia personale esperienza nei gruppi “d’aiuto” la definirei un’odissea, ma probabilmente dipende dal tipo di patologia o forse più verosimilmente dipende dal mio tipo di carattere e personalità. E magari son stata anche un pò sfortunata ad incontrare persone che, si ,avevano il mio stesso inquadramento come patologia, ma nessuno ti fa un inquadramento sulla sensibilità e…dopo un pò le differenze in fatto di sensibilità son venute fuori in maniera prepotente. E non dico maggiore o minore sensibilità, solo ho avvertito davvero troppa distanza ed ho chiuso perchè mi sono accorta che mi facevo ancora più male. Ma questo è un fatto mio, e come già detto penso dipenda moltissimo da me e dal mio carattere. Purtroppo certe esperienze della vita difficilmente sono capibili da chi non le ha vissute in prima persona, e purtroppo l’empatia vera non è qualcosa che si può imparare. Ci son fatti che ti cambiano in una maniera impressionante, a volte stenti a riconoscerti. Alcune cose induriscono molto una persona e ti ritrovi con una specie di corazza del sopravvissuto, quella che probabilmente ti permette di essere ancora tra i vivi.
Ciao Silvia, anche io pensio che sia una questione di carattere oltre che di fortuna. Se dovessi entrare in un gruppo di aiuto probabilmente incrementerei i miei problemi. Non tanto o non solo per un fattore di timidezza o di arroganza. Quanto perchè ognuno sa per sè, hai i suoi problemi, il suo vissuto e il fatto di parlarne con altri “disgraziati” del proprio stampo non so quanto possa aiutare.
Anche perchè, poi, ognuno, quantomeno nella fase iniziale, parla di sè e non è disponibile all’ascolto. Vuole svuotare un sacco e lo fa con chi, a sua volta, vuole svuotare il proprio sacco.
Tanto vale parlarsi allo specchio. Almeno non ci si interrompe.
Senza contare il rischio di sentirsi bacchettati perchè c’è sempre quello che è o la pretesa di essere più “disgraziato” di ten e parte con quelò “pensa a me che….”.
Almeno….questa è la mia esperienza. Salvo rarissimi casi in cui ho trovato ascolto mi sono sempre trovata nella condizione di ascoltare quando ho avuto a che fare con gli altri.
E dopo un plò ci si rompe. Già ci si rompe. Ci si isola. E
Io ho fatto parte di un gruppo di aiuto,mi ha aiutato,poi però vado via e il mio senso di colpa per essere stato un debole,un codardo e tutto questo mi ha sconvolto la vita.Sul mio comodino non c’è la foto della mia ex compagna,ma soltanto le mie foto fino a 14 anni,il trauma è così profondo che fa parte di me,questo sarà fino alla mia morte credo,per cui niente e nessuno può convincermi di essere stato fortunato ad essere sopravvissuto alla tragedia,il cosiddetto dramma del sopravvissuto,vale per un reduce di guerra quanto per tanti altri sfortunati,parlarne qua o in una stanza con altre persone…insomma c’è un punto di non ritorno,le persone ti possono dare nuove idee,aiutare per un lavoro per nuove attività…poco più…I famosi tornati “mai tornati” dal Vietnam.Purtroppo è così soffro del PTSD,un disturbo di cui si parla molto,il PTSD non ha una precisa collocazione,si può stare meglio,si migliora anche molto.Da quanto ho letto l’8×100 delle vittime di una tragedia soffre di ptsd.Se leggi su Wikipedia capirai meglio.ciao.grazie
Ma come si fa Silvia ad uscire dal PTSD?Mi suiciderò?Io penso di sì,quando non ci saranno più i miei.come si fa a vivere