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A passo di gambero: la distribuzione farmaci ai soggetti fragili

Vivo in Toscana e sono la madre di una giovane donna malata di sclerosi multipla.
Per molti anni – come tante altre persone, in situazioni analoghe – ha dovuto rivolgersi al centro distribuzione farmaci dell’ospedale per ritirare il medicinale che la sostiene contro la malattia. Circa una volta al mese, dunque, spostamento in auto, complicazioni di parcheggio, tratto a piedi in tutte le condizioni meteo, attese di fronte al numeratore di chiamata, difficoltà di conciliazione con gli orari di lavoro e con i problemi causati dalla malattia (e spesso ha dovuto ricorrere ad altri per il ritiro).
Abbiamo apprezzato lo sforzo organizzativo compiuto dal SST per assicurare il servizio nei due anni di pandemia, con invio di ricetta elettronica da parte del reparto ospedaliero e ritiro del medicinale nella farmacia più comoda da raggiungere.
Sembrava logico che tale procedura, in sintonia con l’attuale sviluppo tecnologico, divenisse permanente, perché efficiente e perché atto di civiltà a favore di chi combatte con patologie invalidanti e che, spesso, proprio nello spostarsi incontra difficoltà.
Invece, finita l’emergenza, è stato restaurato il vecchio, macchinoso sistema di distribuzione, con tutti i pesanti disagi derivanti dalla concentrazione del servizio negli ospedali.
Di fatto, quindi, pur disponendo di uno strumento alternativo moderno, agile e ormai collaudato, si è scelto di imporre, a persone già tanto colpite, un consistente pagamento per l’assistenza che ricevono: non un palese tributo in denaro, ma un balzello coperto, di fatica e disagio; non è meno scandaloso.
Un ripensamento pare indispensabile.
Maria Teresa Grossi (Pisa)

Lettera pubblicata il 18 Maggio 2022. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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