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Che odio che mi sale verso il mio analista… e poi verso tutti

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Lettera pubblicata il 13 Luglio 2011. L'autore ha condiviso 5 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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La lettera ha ricevuto finora 12 commenti

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  1. 11
    rossana -

    (segue da post 10)
    considerando che uno dei nodi da sciogliere per te e per altri uomini pare essere il rapporto con la femminilità, mi sfogo un po’ io stavolta, scrivendone…

    ancora oggi se un figlio nasce femmina, sono pochi i padri che ne sono entusiasti, e questo “gusto culturale” non potrà non pesare mai per niente sulle spalle di una donna.

    a 5/6 anni, si incomincia a dire a una bambina che non può “comportarsi come un maschio”. a un bimbo si regalano macchinine e aerei, per prepararlo alla conquista del mondo mentre a una bambina si regalano bambole e cucinine, per prepararla alla segregazione che, comunque, anche oggi tocca ancora in maggior misura alla donna (quando un uomo è collaborativo, porta via l’immondizia di casa o impegna il suo raziocinio nel fare la spesa…).

    con la pubertà, si diventa donne per forza di natura. il mestruo le riduce definitivamente alla loro sorte di fattrici, arrecando loro dolore, più o meno forte, ogni santo mese per almeno 4-5 giorni, per decenni. ci si abitua ma non è per niente una piacevole abitudine, che a volte esclude anche da determinati tipi di sport, dove il confronto avviene con i maschi.

    non dilunghiamoci troppo sul partorire: ci si sente semplicemente come se ti stessero squartando. poche ore di travaglio, a mio avviso, anche quando non particolarmente dolorose, valgono anni e anni di normale lavoro in ufficio. segue poi l’allattamento e la dedizione quasi assoluta ai cuccioli per almeno 4-5 anni. e se ci si separa dal loro padre, è più difficile rifarsi una vita con bimbi al seguito.

    dopo tutto questo, in linea generale una donna non è nessuno se non è la moglie di …, la figlia di… o la sorella di… anche quando ha la testa sulle spalle, una sufficiente preparazione culturale, è spesso trasparente agli occhi del mondo se non ha alle spalle un uomo.

    adulta e autonoma, resta sempre in condizioni di inferiorità fisica nei confronti di un maschio (leggi violenza fra le mura domestiche) e non si può muovere liberamente come lui di sera o in luoghi isolati.

    mi sono a lungo vergognata di essere nata donna e ho sempre compreso a fondo il passaggio della quotidiana preghiera dei maschi ebrei che recita: “Sii ringraziato o mio Signore perché non mi hai fatto nè pagano, nè schiavo, nè donna.”

    mi chiedo: come si può temere il confronto con un essere tanto impedito e minorato? tanto povero e misero da essere oggi, con i bambini, la vera classe operaia del mondo? I dati UNICEF parlano chiaro: donne e bambini svolgono i due terzi del lavoro del mondo con un millesimo del guadagno… senza contare che non esiste una prostituzione maschile pari a quella femminile, spesso schiavizzata…

    ci si può stupire se anche la donna desidera e cerca, a modo suo, la sua fetta di felicità?

    a mio avviso, non la si deve temere ma ci si deve piuttosto sforzare di comprenderla. è il prodotto di una cultura millenaria, che solo nella ribellione e nella lotta ha potuto trovare una sua decente collocazione.

  2. 12
    justmyphase -

    Rossana, così come tu ti sei sentita “impedita” e “minorata”, devi anche capire che la stessa sensazione la può anche avere un uomo. Si tratta del rapporto con la propria sessualità. Non sempre i dati storici e demografici possono giustificare il fatto che ci si senta bene (o male) nell’essere nati uomini o donne. Cioè non sono i dati oggettivi a far sì che una persona si senta conseguentemente bene con se stessa. Da quello che scrivi hai avuto un cattivo rapporto con la tua femminilità, così come io ho avuto un cattivo rapporto con la mia maschilità.

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