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Perché alterare le parole altrui?

Trovi il testo della lettera a pagina 1.

Almeno una volta nella vita, credo sia capitato a tutti, parlando o scrivendo ad altri, di vedersi alterate le proprie parole. Cosicché, ci si vede attribuite opinioni o intenzioni, in realtà mai avute.
Non mi riferisco ai casi in cui si generi un qui pro quo, dovuto al fatto che si siano usate parole forse un po’ ambigue, espressioni ermetiche o poco comprensibili. Mi riferisco, invece, alle volte in cui ci vengono attribuite frasi, parole, o appuntati concetti, in realtà mai pronunciati. Mai espressi. Ma con la certezza – molte sono le incertezze della vita, ma qualche certezza c’è! – che si siano usate, quella volta, parole adeguate, espressioni misurate, concetti cristallini. Eppure!
La cosa accade, più frequentemente, nelle liti. Liti, ad esempio, all’interno di un rapporto di coppia, oppure in un rapporto d’amicizia, o nei luoghi di lavoro. Anche nei dibattiti pubblici, ciò accade. Chiunque sia un lettore di quotidiani o riviste, avrà fatto esperienza di quante querelle nascano e si alimentino, piuttosto spesso, tra personaggi pubblici.

Provoca un particolare dispiacere quando, ad alterare le nostre parole, opinioni, etc., sono le persone che amiamo. Le persone che dicono di amarci. E pure di stimarci. Al punto che verrebbe da dire: «Se davvero mi ami e mi stimi, non puoi attribuirmi quella intenzione. Quella opinione!». E talvolta si ha come l’impressione che più si cerca di chiarire, più aumenti l’adulterazione. Come colui che, nelle sabbie mobili, si dimena: crede di uscirne, in realtà vi sprofonda sempre più.

Lettera pubblicata il 10 Luglio 2021. L'autore ha condiviso 13 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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La lettera ha ricevuto finora 16 commenti

Pagine: 1 2

  1. 11
    Eugen79 -

    Si chiama gaslight, lo fanno perché cercano di farti impazzire…non farti manipolare e mandali a quel paese!

  2. 12
    Golem -

    Salvo, fa sempre parte di quell’aspetto interpretativo di natura soggettiva di cui parlavo. La condizione pregiudiziale esiste in quasi tutte le relazioni, sia orali che scritte, e sia in positivo che in negativo. L’esempio del caso della A che passando di bocca in bocca, alla fine è diventato Z ne è un esempio semplice ma significativo. È certo vero che si capisce sempre chi si desidera capire, ma in realtà non lo si capisce, si dà l’interpretazione che piace di più, sempre in un ottica di personale tornaconto. Questo vale anche verso sè stessi. Quanti sono “tolleranti” verso loro medesimi e per le stesse caratteristiche non lo sono verso gli altri? Il fatto è che i rapporti umani sono condizionati da troppi fattori emozionali e di autodifesa, per i quali si riescono a trovare mille modi per giustificarli. Un o una fallita difficilmente riconoscerà le VERE cause di un fallimento, quasi sempre legate a quel “sono” di cui però legge quello che le piace leggere. Siamo sempre lì: interpretazioni.

  3. 13
    rossana -

    Salvo,
    personalmente, distinguo per lo meno l’ambito di riferimento. Non cerco la complessità: è in me, e ne sono ben contenta.

    concentrando il riscontro su:
    “Provoca un particolare dispiacere quando, ad alterare le nostre parole, opinioni, etc., sono le persone che amiamo. Le persone che dicono di amarci. E pure di stimarci. Al punto che verrebbe da dire: «Se davvero mi ami e mi stimi, non puoi attribuirmi quella intenzione. Quella opinione!»”
    penso che in ogni relazione/sentimento, anche nei più forti e nei più profondi, permanga sempre un fondo di duplicità, fra quello che immagini di essere e quello che immagini sia l’altro. talvolta, si è sicuri dell’idea che ci si è fatta dell’altro; talaltra, si comincia a dubitare; in altri momenti si butta lì un dubbio o una certezza a fine di provocare un riscontro chiarificatore.

    a mio avviso, quando queste situazioni si ripetono troppo spesso, il rapporto è finito o sta giungendo a termine. persa la stima, non resta quasi più niente.

  4. 14
    Vivi -

    Sono incomprensioni, normalità.
    Se poi , invece, a farlo è una persona che cerca di scaricare la colpa su di noi, è un’altra storia.
    La difesa più intelligente è rispondere come hai scritto tu nelle ultime righe della tua lettera.

  5. 15
    Adam -

    @Salvo
    Un’altra componente in gioco è il fatto che tutti noi siamo cognitivamente fallaci,costruiti per semplificare, catalogare, trarre conclusioni.
    Creati insomma,piu’ per darsi risposte che per farsi domande.
    Diamo per scontato la semplicità del dialogare, confrontare diverse opinioni,ma è contro-intuitivo accogliere e soppesare un punto di vista diverso.
    Serve uno sforzo attivo di tutti i partecipanti al dialogo,perché automaticamente siamo cognitivamente costruiti per abbracciare quello che ci è affine e rigettare il resto.
    Se poi si entra persino in modalità lite il vicolo ceco è pressoché certo.
    Nessun dialogo,ognuno porta il suo monologo.
    Una lite funge da moltiplicatore che attiva e rinforza tutte le bias cognitive che abbiamo naturalmente(son tante)
    E’una modalità tossica in cui non serve la malafede, automaticamente pieghiamo tutto verso le nostre ragioni.
    La lettera inizia “Almeno una volta nella vita” ma, per me, non è rara la miscomunicazione, bensi l’aver un dialogo genuino.

  6. 16
    salvo ruotolo -

    A me interessava sottolineare le ragioni per le quali si verificano, talvolta, casi come questo – faccio un esempio un po’ banale, nel tentativo di farmi capire -.
    Io scrivo:«Non sono pentito di non aver risposto alla tua chiamata!».
    Il destinatario – o la destinataria – risponde, sempre in forma scritta:
    «Mi hai scritto di non esserti pentito di ciò che hai fatto!».
    Vorrei richiamare la vostra attenzione su questo:
    a) ambedue i messaggi – il mio e quello del destinatario/a – sono nella forma scritta, non in quella verbale;
    b) io non ho scritto:«Non sono pentito di nulla!», bensì:«Non sono pentito di non averti risposto a telefono». Quindi, io mi dico non pentito su una cosa specifica, e non, invece, sull’intero mio comportamento. Se così fosse stato, avrei scritto:«Non mi pento di nulla!».

    Spero che, questo esempio, faccia meglio capire cosa intendessi io quando parlavo di «alterare le parole altrui».
    Grazie per i vostri commenti! 🙂
    Felice domenica a tutti! 🙂

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