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Società americane incoraggiano il mobbing

Ho letto con molta attenzione quanto ha scritto Carlo Madaro (ma è proprio lui, il noto magistrato?) sulle pratiche di società americane come La McKinsey e altre ben note, nell’incoraggiare il mobbing e i comportamenti aggressivi e discriminatori verso i collaboratori nell’ambiente di lavoro.

Sono d’accordo con lui, perché avevo avuto modo di conoscere e lavorare all’interno di varie società americane, e la mentalità “darwiniana” di mettere i collaboratori gli uni contro gli altri per far emergere i più carognoni, che per loro sarebbero quelli più tosti, produttivi e di “successo”, è tipico in quegli ambienti.

Non solo, ma non poche società di consulenza americane hanno incoraggiato nell’ultimo decennio anche l’espulsione del personale più maturo (sopra i 40-50 anni) dalle aziende, per ridurre i costi sostituendolo con giovani di scarsa esperienza e più basse retribuzioni, senza capire che questa politica miope è alla radice dello scadimento della qualità dei prodotti e alla perdita di clientela di molte aziende, che si sono tagliate le gambe privandosi del personale più esperto e valido, per l’ossessione di ridurre i costi.

Ora però una nota di speranza viene proprio dal mondo angloamericano, dove sembra stiano cominciando a capire l’importanza di creare un ambiente di lavoro cordiale, amichevole e leale, quale garanzia per il rendimento dei collaboratori e quindi per il loro successo economico.

Nel libro best seller: “Il metodo antistronzi”, che ha avuto vasta e recente eco, vengono portati esempi che dimostrano come anche un solo collaboratore sleale, subdolo, aggressivo e ostile verso i colleghi, carrierista…in una parola stronzo, rovina irreparabilmente il rendimento di tutti e avvelena l’ambiente di lavoro.

Tra i vari esempi, si cita il caso di un venditore di successo, ma antipatico a tutti i colleghi e odiato apertamente, che a un certo punto venne finalmente licenziato per le molte mascalzonate compiute. Dopo il suo licenziamento tutti i colleghi resero e produssero di più e l’azienda registrò fatturati molto maggiori di quando il mascalzone era alle dipendenze.

C’è solo da sperare che questa mentalità di condanna del carrierismo spietato e delle mascalzonate verso i colleghi di lavoro si affermi sempre più, e ciò porti presto a una drastica diminuzione degli episodi di mobbing e al miglioramento dei rapporti negli ambienti lavorativi.

Senza dimenticare che il mobbing come forma subdola ma violenta di espulsione di lavoratori che per vari motivi non servono più all’azienda DEVE quanto prima essere proibito espressamente e punito severamente dal legislatore, ciò che ora non è previsto nei codici italiani.

Lettera pubblicata il 17 Novembre 2007. L'autore ha condiviso 6 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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Categorie: - Lavoro

La lettera ha ricevuto finora 2 commenti

  1. 1
    Frida Panebianco -

    io invece ho lavorato per una società Americana che faceva giusto l’opposto le motivazioni per cui me ne sono andata non c’entravano di certo con la Società Americana in questione erano arrivati al punto di no riuscire nemmeno più a tutelarmi è un po’ diverso rimettendoci di fatto ribadisco di fatto perchè l’etica stessa prevedeva atteggiamento collaborativo antistronzo

  2. 2
    Luca -

    Farei molta attenzione a fare nomi di società “a casaccio”. Non capisco come si possa fare a dire che McKinsey incoraggi il mobbing e il comportamento aggressivo verso collaboratori. Fossi in voi cambierei l’articolo senza riferimenti espliciti ad aziende di cui non si conosce la realtà.

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