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Scuola, il triste destino delle specialiste

Illustre Ministro della Pubblica Istruzione,
sono un’insegnante di ruolo nella scuola Primaria, laureata in Lingue e letterature straniere da 7 anni presso l’Università “G. D’Annunzio” di Pescara. Insegno lingua inglese come specialista da 10 anni nelle scuole primarie teramane. Consapevole della notevole mole di lettere e richieste che le giungono ogni giorno, non voglio chiederle nulla, pretendere niente ma condividere con lei una riflessione. Con mio grande dispiacere ho notato che lei ha abbracciato in pieno l’idea della signora Letizia Moratti in merito alla formazione per i docenti della scuola primaria finalizzata all’acquisizione delle competenze necessarie per l’insegnamento della lingua inglese (art. 1,c 605 lett. e, l.f. 2007). A ciò, si aggiunge la declassificazione degli insegnanti specialisti che, per far economia (tanto il discorso è sempre lo stesso, a prescindere dai Governi), si troveranno ad insegnare tutte le altre discipline, e, nella maggior sfortuna, tutte tranne la propria. Senza nulla togliere alla validità di tali corsi e alla buona volontà di docenti che, taluni dopo 20 o 30 anni di insegnamento su posto comune, hanno deciso di rimettersi in discussione e fermo restante che una prima alfabetizzazione in tal senso è necessaria per gestire tecnologie e informazioni esterne, ritengo che tale conoscenza elementare debba essere limitata solo ad un arricchimento professionale e personale. Sulla mia esperienza, con convinzione, sostengo che il percorso formativo di un docente laureato in lingue straniere, che, negli anni, conti quasi ogni anno di insegnamento, ha frequentato corsi specialistici all’estero, non sia assolutamente equiparabile a quello di un docente che, dopo un corso di 150, 300 o 500 ore si avvale del titolo di insegnante di lingua inglese. Oppure ritiene che i bambini dai 6 ai 10 anni non abbiano delle capacità o potenzialità tali da imparare una lingua straniera al meglio? Li sottovaluta. Per esperienza le dico che i bambini, a questa età, sono delle “spugne”: assorbono il meglio (qualora lo abbiano e siano fortunati). Le voglio raccontare una mia esperienza. Mi chiamo Lia Molini e qualche anno fa ho ereditato una classe terza di bambini che pronunciavano indistintamente three come tree, misconoscendo, dunque, il suono “th”, che, all’università, e nelle partecipazioni a incontri con partner anglosassoni nell’ambito dei Progetti Comenius, ho appreso essere un indispensabile elemento di comprensione, oltre che parte essenziale della fonetica inglese. Oppure vogliamo soffermarci sulle abilità linguistiche? Pensa che un bambino non possa sviluppare quella fluency che magari lei attribuisce solo ai più grandi? Le comunico che i miei bambini di quinta sostengono l’esame di certificazione Trinity annualmente ad un livello che è proprio delle scuole secondarie di primo grado, cioè il terzo. E ho sperimentato che aspirare anche ad altri livelli, ma per mancanza di tempo, non riesco a prepararli. Non sono geniali. Sono solo messi in grado di poter sviluppare le proprie latenti potenzialità. Inoltre, per esperienza, le dico che i ragazzini del Ted College di Ankara parlano un inglese davvero corretto e fluente. Ma hanno insegnanti americani o inglesi, mentre i docenti turchi, laureati in lingue, insegnano la grammatica inglese. Per la nostra situazione italiana mi rendo conto che siamo agli antipodi, ma, mi creda, eravamo sulla giusta strada quando si è data la possibilità ai bambini di imparare l’inglese a partire dai 6 anni e si sono create le figure delle specialiste che, anche se non tutte laureate, si sono professionalmente formate in quanto tali.
Sono davvero rammaricata e demotivata. Dopo 10 ani di scuola primaria come specialista che ne sarà di me? Alla beffa di finire su posto comune, si aggiunge l’impossibilità di accedere a ruoli superiori, per non essere nata nel momento giusto, come si dice. Mi riferisco sia ai corsi abilitanti banditi a dicembre del 2005 che avevano unico requisito quello di non essere assunti a tempo indeterminato ma anche al fiume di corsi abilitanti che nel 2000 furono banditi per tutti gli insegnanti, a prescindere dal ruolo, purché con 360 giorni di insegnamento. Sfortuna ha voluto che io, Molini Lia, mi sia laureata nel 2000, appena dopo che furono banditi i corsi. E oggi, molte colleghe 50enni mi sbattono in faccia le loro abilitazioni in francese e inglese, conseguite con la massima tranquillità ma soprattutto gratis. Altra possibilità: secondo le vigenti normative “acchiappa soldi”ci sono le famose Scuole di specializzazione. Ho sostenuto gli esami di ammissione per poi sentirmi dire che “sono scuole per neolaureati, in quanto la selezione è sulla frequenza”. Sono una docente, consapevole del mio ruolo e delle mie responsabilità, che non mi permettono di frequentare un nuovo corso universitario. Amo il mio lavoro. “Ridaremo dignità agli insegnanti” sono state le parole del Presidente Prodi e non si dimenticano. Perché colpiscono al cuore gli insegnanti che, come me, hanno una missione e vogliono portarla al termine ad ogni costo: quella di fare il mondo migliore, educando i bambini ad essere migliori.
Proprio in questi ultimi giorni di scuola, sto sperimentando la situazione assurda di docente a tempo indeterminato che si trova nello stato di “supplente”. E’ di questi giorni l’amara scoperta di una circolare che invita i dirigenti ad impiegare nelle proprie classi insegnanti che hanno conseguito l’abilitazione all’ins. della lingua entro la fine di agosto. Questa circolare è la stangata finale. Ho perso la maggior parte delle mie classi, alcune delle quali avevo sin dalla prima. Dunque, dopo 10 anni di insegnamento della lingua straniera, e dopo 5 nella scuola di appartenenza, divento una supplente, una “tappabuchi”, fin quando ne avrò la possibilità, perché di anno in anno i colleghi prenderanno le mie classi. Se avessi saputo, non avrei sprecato 4 anni della mia vita a laurearmi in lingue e letterature straniere. Oggi basta un corso per essere insegnante di inglese. E’ dura continuare così. Declassata fino a che non mi costringerete a dimenticare e annullare la mia formazione e le mie competenze linguistiche. Demotivata a tal punto da andare avanti per inerzia. Dopo 10 anni il primo che arriva con in mano una “FINTA” abilitazione all’insegnamento della lingua inglese si prende il mio posto, senza badare ai bambini. Oltre agli insegnanti, i Dirigenti sono davvero senza parole e costretti ad affrontare situazioni spiacevoli tra insegnanti e con i genitori.

Grazie dell’attenzione. Spero di averle offerto spunti di riflessione. Non sono sola e mi impegnerò per farLe sentire la voce di tutti i docenti e dirigenti. Distinti saluti.

Lia Molini

Lettera pubblicata il 28 Giugno 2007. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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La lettera ha ricevuto finora 1 commento

  1. 1
    tessyalba -

    Ho letto la lettera di Lia Molini all’illustre Ministro della Pubblica Istruzione e ho notato, con ovvio rammarico,che avrei potuto firmarla io, vivendo lo stesso disagio e sconforto di insegnante specialista di inglese. Pur essendo di ruolo nella medesima scuola da ben 10 anni mi ritrovo ogni anno classi diverse, rimescolate come carte da gioco, pur di coprire le 22 ore di servizio.La mia laurea in lingue non ha alcun valore,mi sento come Lia, declassata e demotivata.

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