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Lettera di una ventenne all’Italia

Cara Italia, più che mai sento il bisogno di scriverti.
Qualcuno prima di me, la cui eco risuona nel mondo invadendo i cuori di ritmo e bellezza intellettuale, scrivendo per “ver dire”, ti dedicò una canzone intrisa d’amore e passione.
Non ho la capacità né la presunzione di scriverti qualcosa di simile, ma non riesco a non riflettere su quanto le preoccupazioni degli italiani di oggi coincidano con quelle del Petrarca. Il poeta si chiedeva come mai in un Paese dalla storia altisonante e dalla natura che come madre premurosa t’avvolge e protegge c’era chi s’ostinava a venderti a mercenari. Si chiedeva: perché i signori del potere non si accorgono del “Bavarico inganno”? Perché non riescono a capire che i soldi non comprano la fedeltà ma solo marionette, eventuali voltagabbana?
Già perché, Italia, dopo secoli ricorrono le stesse domande?
Tu sei il mio Paese: pronunciavo strani fonemi ed ora nelle tue terre le parole mi rendono libera, camminavo a gattoni e sul tuo suolo duro ho imparato a tener la schiena dritta e la testa alta, e tra le mille difficoltà ed altrettanti inganni che la nostra società ci presenta, credimi, non è per niente facile!
Due anni fa scelsi d’iscrivermi alla facoltà di lettere e filosofia. E anche questa che dovrebbe essere la scelta libera di ogni uomo e donna è stata inizialmente travolta da perplessità. I politici italiani si armano di fogli A4, occhialini rigorosamente sulla punta del naso ed inarcando il sopracciglio con alterigia e scetticismo, sentenziano che le facoltà umanistiche non rendono sul mercato, che con la cultura, unico nostro prodotto, non si mangia.
Sai è difficile spigare a questi personaggi che decidendo di dedicare gli studi della mia vita a te, alla poesia che t’ha fatto grande, all’arte che ti è dolce ornamento da secoli, ho fatto una scelta d’amore nei tuoi confronti quello stesso amore che avrebbe dovuto animare loro nel proporsi come quelli che si sarebbero spremuti le meningi per renderti migliore.
So di aver fatto la scelta giusta per me e per la mia società, l’impegno e la passione permettono di fare grandi cose, ma mi biasimi se rifletto sulle offese che questi signori ci fanno? Non dovrebbe proprio la politica farci sentire protetti nel momento in cui siamo chiamati a decidere della nostra vita?
Ma qui non è così. Ogni passo che fai ti senti schiacciato da un gran senso di colpa: forse quello che fai non renderà, forse i tuoi studi, le tue giornate spese sui libri non riusciranno mai ad affrancarti dai genitori e renderti indipendente. Perché funziona cosi? Non è una Paese malato questo?
Cosa vogliono fare? Metterci alla prova, porci dinanzi le più grandi difficoltà? Distruggere i nostri sogni e giorno dopo giorno umiliarci? Bisogna che stiano attenti però, perché questa forza che nel frattempo inconsapevolmente e paradossalmente cresce dentro di noi, potrà rivolgersi loro contro; infondo quanto altro ancora potremmo sopportare, quanta rabbia tu Italia sarai capace ancora di contenere prima di arrivare al limite massimo?
Italia, io soffro nel vederti svenduta come merce di fine stagione, soffro nel vedere calpestata la costituzione ogni giorni di più. M’infervoro quando vedo che ai magistrati si risponda non in tribunale, ma attraverso sedicenti scoop vecchi di vent’anni. M’infervoro nel sentire dalle intercettazioni che una poco di buono disprezzi il sacrificio dei lavoratori, sostenendo che mai potrebbe lavorare per soli mille euro al mese. Qualcuno a queste bambole di cartapesta ha spiegato che sono “i fessi” che lavorano per mille euro al mese a mandare avanti il sistema Italia? Si è sforzato di chiarire che queste persone quotidianamente fanno i conti con mutui, tasse, pianti e umiliazioni nel chiedere sacrifici e rinunce ai loro bambini, mentre un assegno di 7000 euro e più viene loro intestato? Tutto questo è avvilente per ciascuno di noi, per la nostra dignità. E la politica, di qualsiasi colore e con qualsiasi ruolo dovrebbe impedirlo, indignarsi con noi, capendo che lì, in quel ruolo che profitta migliaia di euro mensili ci sono solo per rappresentarci, che il mandato non è eterno.
Mi appresto a crescere e lo studio e l’impegno mi porteranno ad un futuro: le mie labbra non si schiuderanno per toccare quelle di un ricco ultrasettantenne, ma si apriranno per urlare la vera storia delle donne. Il mio corpo potrà piegarsi per tendere la mano a chi ha bisogno, ma mai per soddisfare le voglie di un bieco anziano. Indosserò i miei abiti perché non ho bisogno di mettere in scena deplorevoli teatrini fingendomi chi non sono. Amerò nel rispetto dell’incontro dei corpi perché siano i sentimenti a determinare ogni gesto e non la degradante perversione. E come me tantissime altre donne così. E con un appello all’Italia che soffre ma non si piega, concludo con le parole di Petrarca nella speranza che la sua lungimirante poesia possa oggi trovare realizzazione nei fatti.
“Virtù contro a furore
Prenderà l’arme, e fia el combatter corto;
Ché l’antico valore
Nell’italici cor non è ancor morto. ”
Giulia Fasano.

Lettera pubblicata il 5 Febbraio 2011. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Categorie: - Cittadini - Me stesso

La lettera ha ricevuto finora 1 commento

  1. 1
    colam's -

    bello – in bocca al lupo

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