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Lettera a un politico

E un altro giorno sta per finire. Nella mia famiglia si è soliti, dopo cena, trovarsi tutti insieme, nel salone di casa, a guardare la tv o semplicemente a giocare e parlare delle vicende quotidiane. Ma, oggi, proprio non riesco a fingere che tutto vada bene. Mi chiudo in camera e decido di scrivere queste poche righe di sfogo, perché penso che ognuno di noi ha il dovere e il diritto di contribuire a migliorare questo Paese, anche sottolineandone gli aspetti più critici, perché oggi regna sovrano il silenzio, la finzione, le finte rassicurazioni… ma, come la gente “comune” ben sa, la realtà in cui viviamo è ben lontana dal mondo idilliaco in cui ognuno di noi sperava di vivere.Mi presento, sono Stefania, ho 26 anni e vivo con la mia famiglia in una piccola cittadina in provincia di Torino. Mi sono laureata a ventitre anni nella facoltà di Giurisprudenza di Torino. Nella mia famiglia lavorava solo mio padre così, durante tutto il periodo universitario, mentre studiavo, cercavo qualche impiego per poter essere più indipendente e cercare di contribuire alle quotidiane spese famigliari. Nonostante questo, grazie a tanti sacrifici e determinazione, al termine di un impegnativo percorso di studi, mi sono laureata presso l’Università di Torino, iniziando subito dopo il mio periodo di praticantato presso diversi Studi legali. Ho trascorso due anni a fare su e giù per la città… il tutto per una contribuzione che, nel massimo, ha raggiunto i 300 euro mensili, per 8 ore giornaliere. 300 euro che, considerando le spese per la benzina, il parcheggio a pagamento, svanivano nel nulla.In attesa dell’esame di Stato, ho dovuto, per scelte economiche, abbandonare il “mondo” legale per svolgere i lavori più diversi, dall’addetta call-center alla commessa. Ero indecisa, preoccupata per il mio futuro ma di certo non potevo buttare al vento tutti i sacrifici fatti. Studiavo e lavoravo ancora ed ancora.
È già passato più di un mese dalla prova scritta per il conseguimento del titolo di avvocato e mi ritrovo a casa, senza lavoro e senza speranza, perché in questo Paese non c’è più spazio per il lavoro, non c’è più vita. Passo intere giornate ad inviare curriculum a destra e a sinistra, per qualsiasi attività , e vago per la città, nei negozi, nei supermercati, ma la risposta è sempre la stessa: “siamo desolati, non assumiamo più, è già tanto che riusciamo a rimanere ancora aperti”, “mia figlia è nelle tue stesse condizioni”, “le tasse ci stanno uccidendo”. Nel mio ambito o sei avvocato ed allora puoi sperare di guadagnare un po’ o non vali niente, la paga è sempre la stessa, non interessa se hai esperienza o meno, si parla sempre di 300 euro.
La mia è una voce come tante… per questo vorrei che la gente che leggesse queste righe si facesse sentire, in un unico disperato grido di “aiuto”, nel tentativo di salvare questo Paese che tanto amiamo nel profondo del nostro cuore. L’Italia è fatta da italiani, che hanno sempre lavorato e combattuto; l’Italia non è un popolo di vigliacchi.
È triste fare tanti sacrifici, studiare duramente ed arrivare al termine di un percorso universitario, realizzando di non aver raggiunto nessun obiettivo, di aver ottenuto una laurea in una delle Facoltà una volta più ambite e scoprire di avere tra le mani un mero foglio di carta, senza valore.
È triste vedere i propri genitori con le lacrime agli occhi nel vedere i propri figli senza lavoro, costretti a vivere su una corda con la paura che si possa spezzare da un momento all’altro. È triste vedere un padre che non sa come comprare lo stretto necessario per la propria famiglia. E’ triste vedere i poveri anziani che non sanno neanche cosa mangiare. E’ triste vedere alla tv immagini di ricchi politici che litigano tra loro per le sorti di un Paese che sta cadendo a pezzi, giorno dopo giorno, e vedere video di personaggi famosi che si godono la vita senza aver conseguito alcun particolare merito.
E allora cosa possiamo dire a nostri figli? Di non studiare più ma sperare di diventare un calciatore o una velina? E noi giovani per cosa continuiamo a studiare? Forse per andare all’estero… ormai.
Io però ho deciso di rimanere Qui, per cercare nel mio piccolo di combattere… ho deciso di restare in questo Paese… perché qui sono nata e qui vorrei tanto poter creare una famiglia tutta mia e crescere i miei figli. Ma a noi giovani è stato precluso anche questo, il sogno di poter coronare la favola con la quale tutte noi da bambine siamo cresciute.
Ho 26 anni vorrei tanto sposarmi e vivere con il mio compagno ma mi ritrovo a casa dei miei genitori, perché non posso affittare casa, senza un lavoro stabile, ma soprattutto perché non so quando riuscirò a trovarlo.
Mi chiedo ora come in questo Paese una coppia giovane possa riuscire a sposarsi, avere una casa e dei figli. Come si fa? Oggi non si può essere così imprudenti da mettere al mondo un bambino senza sapere come poterlo crescere.
Quante domande ..forse troppe che non hanno risposte concrete.
Questa non è una lettera solo di protesta ma è una lettera di disperazione che mostra una realtà dove la gente non ha più serenità, si sente abbandonata e non crede più in niente, è costretta a morire piano piano nel silenzio della crisi che ci sta divorando.
Io voglio crederci, crederci ancora ma l’Italia deve risorgere.
Questo vuole essere un appello ai politici che ci rappresentano, gli unici che possono cercare di far cambiare qualcosa, di aprire gli occhi, di smettere di raccontare che la crisi è finita… noi siamo stanchi di parole e bugie. Chiedo ai nostri politici di aprire i loro cuori, pensando, anche solo per un attimo, al panettiere, all’operaio, al militare, all’artigiano, a tutta quella gente onesta che lotta contro le tasse quotidiane e gli ostacoli di ogni giorno, pensando ai giovani che ormai non hanno più la possibilità di crescere e di costruirsi un futuro.
Caro politico… abbandona, anche solo per un attimo, la tua posizione, il tuo potere, il tuo benessere e fai un giro tra la gente, mettiti nei panni di un artigiano che ogni giorno apre la sua bottega e non sa come sfamare la sua famiglia, mettiti nei panni di un padre che non sa più cosa promettere ai suoi figli, mettiti nei panni di noi giovani ed aiutaci a non farci scappare più da questo Paese.
Fate qualcosa di concreto o saremo costretti noi italiani ad emigrare altrove, come sta succedendo ai Paesi del terzo mondo.
Caro Papa… rivolgo questa lettera anche a Te, ti prego cerca di infondere a tutte le persone e soprattutto ai noi giovani la fede per andare avanti, per affrontare la vita di tutti i giorni nell’onestà e secondo i valori che Dio ci ha insegnato. Ho il desiderio di sposarmi per giurare davanti al Signore il mio amore e farmi una famiglia tutta mia, rivolgo anche a Te un grido di speranza per poter credere che la mia favola, come quella di molte altre ragazze, possa ancora realizzarsi.
Stefania, una voce come tante, una laureata senza lavoro ma una persona che ancora vuole crederci.

Lettera pubblicata il 21 Gennaio 2014. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Categorie: - Lavoro - Me stesso - Politica

La lettera ha ricevuto finora 3 commenti

  1. 1
    rob -

    Hai presente l’arca di noè..?
    hai politici non frega un c.... dei tuoi problemi!!
    APRI GLI OCCHI!!!!

  2. 2
    Rossella -

    La partecipazione emotiva dei lettori delle riviste di gossip mi sembra preoccupante. Da questo punto di vista tra tutti i commenti salvo quelli che negano l’universalismo del modello etico diffuso e magari criticano la mise da loro giudicata troppo banale o comunque poco inerente al contesto inteso come ambiente sociale. Le coordinate dipendono dal contesto sociale perché la carriera non può essere una prigione. L’immagine diventa per il lettore una sorta di muro. Non mi appassiona la storia d’amore perché in cuor mio so che questi personaggi hanno esigenze comuni a tutti i mortali, a maggior ragione mi domando come queste esigenze possano naufragare in un mondo esotico in cui determinati usi e costumi sono quasi un percorso obbligato quando scegli di essere un personaggio pubblico a 360°. In quanto al resto penso che sognare a occhi aperti non sia sbagliato, ma non so fino a che punto una persona interessata a manifestare in tutto e per tutto il suo pensiero (e alla libertà più in generale) non dovrebbe entrare più di tanto nella vita delle persone. Lì dove ti senti un niente. E’ chiaro che non ti piaceranno mai se non hai, non dico l’intelligenza, perché mi sembra offensivo, ma il buon senso di restare nel tuo punto di vista di lettore di giornali. Il più conveniente per te e per tutti. Questo modello a tratti discutibile ti porta a conoscere il tuo senso etico. Un discorso diverso vale per la religione.

  3. 3
    Rossella -

    Ma anche qui le responsabilità degli altri ti portano ad essere più responsabile nel tuo privato. Anche se molte cose sono difficili da capire e occorerebbe più discrezione. Nasce così il precedente che giustifica la violenza domestica. Questo sinceramente non mi va bene. La presenza di laici durante i lavori del concilio ci ha abituati a discutere della vita della chiesa in senso gerarchico, ma ciò che accade in alto non dovrebbe interessarci perché ogni riforma comincia dalla base e produce un cambiamento che si espande nella società tutta. Solo alla fine si comprende quanto di quello che cade dall’alto viene da Dio.

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