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Lamento di Natale

La pioggia ha concesso una tregua oggi pomeriggio, nonostante il cielo sia rimasto grigio e vagamente minaccioso. Così ho deciso di sfidare la sorte e di concedermi due passi per le strade del mio paese: mi sono voluto imporre, almeno in questa giornata, di rinunciare alla compagnia del tedio e dello sconforto, divenuta negli ultimi tempi fin troppo familiare e opprimente.
Una passeggiata distensiva e non troppo breve, queste erano le mie intenzioni. Ma non ho saputo prestar fede al proposito e sono rientrato dopo pochi minuti. Del resto sono stati minuti intensi e per niente rilassanti: un vortice di pensieri e di sensazioni cui non ho potuto impedire di fondersi con l’atmosfera natalizia che si riesce a respirare anche in un piccolo borgo di provincia.
Ho osservato il cielo per prima cosa e l’ho trovato triste, triste e artificioso: specchio impietoso della mia anima. Ovunque nuvole uniformemente cupe, solo all’orizzonte il pianto di un sole morente con dignitoso riserbo. Poi mi sono soffermato sugli alberi, sulle poche foglie pallide lasciate in eredità dall’autunno: e il loro piroettare senza senso mi ha permesso di prendere coscienza del vento; un vento freddo, ululante, del quale ho preferito ignorare i lamenti.
Allora ho dapprima affrettato il passo, poi mi sono fermato e infine ho deciso di tornare indietro. Ma che potevo fare? Ho avuto paura. Il vento ha cominciato a gridare più forte, gli alberi in preda a una bizzarra frenesia, il cielo – ho notato di sfuggita – si è messo a vomitare sangue. E tutto questo per impedirmi di abbandonare il peso che mi schiaccia, l’angoscia che mi consuma: il tormento dei ricordi, lo stillicidio del “non sarà più”.
Ho ancora paura. Ho paura ogni singolo giorno della mia vita. Per il vuoto che sento crescere dentro di me. Per quello che ha lasciato lei, che mi aveva dato e presto mi ha tolto la speranza e il conforto di una stretta di mano nell’oscurità. Per la mia incapacità di imboccare un sentiero e di seguirlo con perseveranza. Per la mia inadeguatezza, per i miei ripetuti errori, per la mia ostinazione, che mi hanno precipitato in questo abisso di solitudine.
E mi chiedo perché anche oggi queste sensazioni. Perché a me non è concesso di sdilinquirmi nella rassicurante affettazione del Natale, di compiacermi nel tepore del buonismo e dei sentimenti a buon mercato, che non sempre sono difettosi e comunque risultano facili da sostituire. Perché non posso coltivare in pace le mie illusioni, senza vederle ogni volta polverizzarsi e scivolarmi tra le dita nel breve intervallo di una stagione. Perché non mi è permesso di fare il mio presepe con le statuine di polistirolo, la mia Sacra Famiglia, e sputare sangue ogni giorno per impedire che si disfaccia. Perché non una vita che profumi di normalità!
Quanto egoismo nelle mie parole! Quanta pena provo per me stesso! Quanta disillusione nei miei occhi! Non giudicarmi e non compiangermi tu che avrai voglia di soffermarti per qualche minuto sulle farneticazioni di un pazzo in questa mesta notte di dicembre. E accetta se puoi i miei auguri, specie se tu, come me, soffri stanotte per l’assenza di tutto, finanche di te stesso.

Lettera pubblicata il 24 Dicembre 2011. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Categorie: - Me stesso

La lettera ha ricevuto finora 3 commenti

  1. 1
    alleaz -

    Non sono farneticazioni di un pazzo… Non so se fosse il destino che mi ha fatto incontrare i tuoi pensieri ma… Ti capisco PERFETTAMENTE, le tue parole si fanno poesia e esprimono esattamente il mio stato d’animo.
    Sei bravo a dare vita a immagini con le parole.. Immagino che la tua lettera sia uno sfogo fine a se stesso e che non ti aspetti risposte. Ma se cosi non fosse e volessi qlc con cui parlarne rispondi al commento…

  2. 2
    billyparham -

    No, francamente non mi aspettavo risposte. O meglio, avrei bisogno di risposte, di molte risposte, le stesse di cui tutti quelli che frequentano questo spazio virtuale credo siano in cerca. Non sono arrivate in dono per Natale e certo non arriveranno in tempi brevi. Bisognerà aspettare il nuovo anno e riprendere pazientemente il cammino, sperando in meglio. Anche se quando ti rendi conto che niente di quello che ti impegni a costruire con impegno e perseveranza resiste alla prova del tempo, quando ti accorgi che i sentieri che imbocchi conducono sempre, tutti quanti, al punto di partenza, diventa difficile avere fiducia: in te stesso e in ciò che ti circonda. Ti ringrazio, alleaz, per aver letto e risposto e ti auguro serenità per l’anno che comincia. Speriamo davvero che al più presto si alzi un bel vento e che possa liberare il cielo della cappa pesante e malinconica che offusca il cielo di molti.

  3. 3
    alleaz -

    Cavolo è strano trovare scritti i propri pensieri…
    anch’io come tu dici ho cercato quest’anno di essere fiducioso, di trovare la forza di cambiare strada, credere in me stesso e cercare di essere quella persona migliore che da forse troppo tempo avevo dimenticato di poter essere…
    Ho voluto essere fiducioso che qualcosa sarebbe cambiato, che se facendo le scelte giuste avrei potuto ritrovare la serenità sociale e morale, invece niente.
    Siamo alla fine dell’anno e come per tanti tiro le somme di ciò che è e ciò che mi aspettavo dicendomi: tutto questo a cosa mi ha portato… a rimanere sempre più solo.
    Più vado avanti e più la strada divnta difficile stretta tortuosa e terribilmente buia tanto che non riesco più ad essere fiducioso di scorgere da un momento all’altro la luce… ora brancolo nel buio più totale e comincio a sentire la paura di non farcela crescere dentro di me.
    Basta poco per lasciarsi andare, per coricarsi ad aspettare che qualcun altro passi ad illuminarci la strada, sapendo che nessuno passerà mai…
    Spero che questa lunga notte finisca e ritorni il sole ad illuminare quel mondo che ormai vedo solo attraverso ricordi sbiaditi.
    Queste lettere sono solo sfoghi che però hanno il compito di farti vedere ciò che provi rileggendo ciò che scrivi…
    Auguro anche a te ogni bene per i giorni a venire.

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