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La scuola (contro)riformata

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Dopo la segnalazione dell’amico mmicucci, sono anch’io qui a portare la mia piccola testimonianza – dal punto di vista di un’insegnante di ruolo, questa volta – sulla grottesca situazione della scuola pubblica italiana.
Chiedo scusa se dovrò dilungarmi un po’: la faccenda è intricata, ma istruttiva per chi abbia la pazienza di leggere fino in fondo.
Per farla molto breve, avevo chiesto un’assegnazione provvisoria in un altro comune (insegno in un Liceo Classico del Torinese) perché disgustata dal nepotismo imperante nella scuola – ripeto, pubblica! – in cui sono di ruolo (cattedre inventate di sana pianta per figli e/o nipoti, parenti e amici sistemati come bidelli, etc. etc.: insomma, una storia tutta all’italiana). Nella nuova scuola mi sono imbattuta in una situazione identica, anzi, per molti versi, peggiore.
Il mio rapporto con i ragazzi, veramente studiosi e mediamente preparati, è stato ottimo: abbiamo lavorato molto e bene; alcuni ragazzi hanno anche vinto prestigiosi concorsi. Insomma, pensavo proprio di aver fatto un buon lavoro, e, da quell’inguaribile stupida che sono, immaginavo che questo potesse mettermi in buona luce agli occhi del nuovo Preside (il cui comportamento, peraltro, mi era parso ambiguo in più di un’occasione, per i motivi che dirò in seguito).
Ed ecco la sorpresa. In occasione dell’assegnazione provvisoria delle cattedre per il prossimo anno, benché fossero disponibili più di 20 posti, l’unica cattedra esistente nella mia nuova scuola è stata richiesta da un’insegnante che mi precedeva in graduatoria.
Ho attribuito al caso questo incidente di percorso, che mi ha profondamente amareggiata (i “miei” ragazzi mi mancheranno molto).
Pochi minuti dopo, però, ho avuto un colloquio telefonico con la docente che ha ottenuto la suddetta cattedra, ed ho avuto la sorpresa di apprendere da lei stessa che non si era affatto trattato di un incidente.
Infatti a lei, da tempo in contatto con la mia scuola, era stato garantito che io non avevo nessuna intenzione di continuare la mia esperienza in quella scuola; le era stato perciò suggerito di rilevare la mia cattedra senza preoccuparsi della continuità didattica, che sarebbe stata in ogni caso interrotta. “Non avrei mai chiesto quella cattedra, se non mi fosse stato assicurato che a te non interessava più”, ha concluso.
Mi indigna profondamente pensare che la colpa di tutto questo verrà addossata a me: fra pochi giorni infatti verrà comunicato ai ragazzi che “non li ho più voluti”, il che è non solo falso, ma anche lesivo della mia credibilità personale e professionale.
Già in precedenza, tuttavia, come accennavo, avevo potuto constatare in diverse altre circostanze quanto disinvolta sia, in quell’istituto, la gestione della vita scolastica. Citerò qualche esempio.
Nel mese di ottobre 2004 sono stata sottoposta ad un “processo pubblico” organizzato dal Dirigente scolastico (che per brevità chiamerò Preside, come si continua a fare nella prassi quotidiana) alla presenza di tutti i genitori e di tutti gli allievi della classe, per “discolparmi” (!) del fatto di avere fatto leggere ai ragazzi di quinta “Il codice Da Vinci”, il celebre best-seller di Dan Brown.
Sottolineo, fra l’altro, che la mia intenzione era proprio quella di esortare i ragazzi ad una lettura consapevole e critica di quel libro, che io per prima considero pericoloso per l’eccessiva disinvoltura con cui l’autore spaccia per verità quelle che sono semplici ipotesi, suscettibili di interpretazioni diametralmente opposte. Ma non mi è stato consentito di portare a termine il mio progetto: con un’intolleranza degna del Medioevo più oscurantista, due genitori mi hanno denunciata al Preside, il quale non ha esitato ad organizzare il suddetto processo pubblico, in cui sono stata attaccata in modo brutale e particolarmente sgradevole.
Il fatto che io ne sia uscita a testa alta, scagionata fra l’altro dalla maggior parte degli alunni, nulla toglie alla pericolosità dell’iniziativa, il cui scopo, nelle intenzioni dei promotori, era quello di farmi allontanare dalla scuola (il che, sia pur con ritardo, sembra essere avvenuto).
In seguito, circa un paio di mesi dopo, una sorte analoga è toccata ad una mia collega, scrittrice e vincitrice di diversi premi letterari, processata davanti a tutti i docenti della scuola perché rea di aver fatto riferimento, in un suo libro di successo, alla realtà scolastica che la circondava. Naturalmente l’autrice non ha mai citato nomi: ma chi si è riconosciuto nei suoi bozzetti, a quanto pare, non l’ha presa bene.
Questa seconda iniziativa mi è parsa ancor più incomprensibile di quella in cui ero stata coinvolta personalmente, perché, non riguardando il rapporto educativo della docente con gli alunni, bensì la sua libertà di espressione individuale, risultava ancor più gratuitamente lesiva dei diritti garantiti dall’articolo 21 della Costituzione italiana (“tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”).
Trovo inqualificabile la condiscendenza di cui hanno dato prova i miei ex-colleghi in questa come in altre circostanze: sarebbe stato sufficiente, per impedire il realizzarsi di questa squallida iniziativa, non presentarsi al processo, come io ho fatto; invece tutti, o quasi, vi si sono puntualmente recati su invito del Preside, chi per semplice servilismo, chi per avere la soddisfazione di vedere in difficoltà la talentosa collega, bersaglio anche lei, a quanto mi è stato riferito, di attacchi volgari e offensivi.
Il che, fra l’altro, mi ha dato molto da pensare sul livello morale di quelli che dovrebbero essere gli educatori delle giovani generazioni.
Un altro esempio di gestione disinvolta mi è stato fornito dal Preside in occasione dell’assegnazione dell’ambìta cattedra di latino e greco del triennio. Tale cattedra è stata attribuita ad una collega molto giovane, nonostante fosse stata richiesta, anche per iscritto, dalla docente che vanta il punteggio più alto nella graduatoria interna d’Istituto, un’insegnante di grande esperienza, molto preparata e molto amata dagli studenti.
Alla proteste di quest’ultima il Preside ha risposto che la scelta è stata determinata dalla temporanea mancanza di una classe nel triennio, che fa sì che il totale delle ore a lei assegnabili sia di 16, contro le 18 previste per la cattedra di latino e greco.
Il ragionamento non farebbe una grinza, se non si scontrasse con l’evidenza del fatto che alla collega più giovane è stata assegnata lo scorso anno (2004-2005), per gli stessi motivi, proprio una cattedra di latino e greco di 16 ore.
Senza contare che in quella scuola, in barba alla nuova norma che prescrive di portare a 18 ore tutte le cattedre, vi sono diversi insegnanti che continuano come se niente fosse ad avere orari di cattedra di 14 e 15 ore, veri e propri part-time pagati come cattedre intere. Naturalmente si tratta di pochi privilegiati.
Ho chiesto al Preside chiarimenti su questa insolita procedura; mi ha risposto seccamente che “non erano affari miei”.

Ora, pur tenuto conto che la riforma scolastica attribuisce ai Dirigenti scolastici poteri molto ampi, mi viene spontaneo pormi qualche domanda: per esempio, se ad un Preside è consentito non tenere alcun conto della graduatoria interna, per quale finalità essa viene compilata? Ha uno scopo puramente decorativo, costituisce un innocente passatempo come il cruciverba sulla spiaggia, è un esercizio burocratico fine a se stesso? Credo che sarebbe utile saperlo, quanto meno per non farsi illusioni in proposito.
Ed inoltre: le ore di cattedra sono o non sono 18? E’ possibile, e soprattutto è lecito, che lo siano per qualcuno sì e per altri no?
Infine: non credo che lo spirito della riforma, nelle intenzioni del legislatore, fosse quello di attribuire assoluta discrezionalità ai Presidi nell’assegnazione delle cattedre.
È pur vero che la graduatoria di per sé non sempre fornisce indicazioni attendibili (un docente anziano non necessariamente è più preparato e capace di uno giovane), ma allora si dovrebbero semmai stabilire, in alternativa, altri parametri oggettivi, e non, viceversa, consentire l’applicazione di criteri del tutto soggettivi, all’insegna del principio “sono affari miei” (concettualmente non troppo distante dal motto assolutistico “l’état c’est moi”).
A meno che non si ritenga che l’alternativa al rispetto delle graduatorie debba essere costituita da elementi più pittoreschi, che meglio si addicono ad un Paese di santi, navigatori e pizzaioli, come le conoscenze altolocate, le parentele influenti, il semplice estro momentaneo, l’umore giornaliero e/o la simpatia personale.
Se poi si considera che la simpatia, fra esseri umani di sesso diverso, non sempre dipende in primis dalla preparazione professionale o dalle capacità didattiche, allora, come ognun capisce, tutto diventa molto poco controllabile.
Pongo a questo punto un paio di domande conclusive: esiste un limite alla discrezionalità nell’esercizio dei poteri di un Dirigente scolastico? Resta ancora, al comune cittadino, qualche strumento di tutela contro eventuali abusi, e se sì quale?
E’ una domanda retorica, alla quale non mi aspetto risposta.
Perché per adesso, e fino a prova contraria, l’evidenza dei fatti mi costringe a concludere che di pubblico, nella scuola, non è rimasto altro che il nome.

E.C.

Lettera pubblicata il 24 Agosto 2005. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Categorie: - Lavoro - Scuola

La lettera ha ricevuto finora 6 commenti

  1. 1
    luc2005 -

    Signora, quanto è successo a Lei succede in tutto Italia e forse anche fuori e in tutti i campi di lavoro. Mi creda perchè nella mia vita ho fatto anche l’insegnante. Speri di arrivare bene a sessantanni, finchè sarà così, e si difenda a denti stretti come ha fatto. Se lavorerà bene il frutto si vedrà nei suoi alunni. Non pensi alle favole, ma lavori per la propria dignità. Auguri.

  2. 2
    enrica -

    Cara luc2005, la ringrazio molto per la sua solidarietà. Mi creda, non penso più alle favole da tempo e so bene che la situazione da me descritta è comune in tutti i campi di lavoro; tuttavia non sono ancora così assuefatta e rassegnata da non volerla almeno denunciare. Quanto al fatto che il risultato si veda negli allievi, mi permetta quanto meno un amarissimo dubbio: che effetto pensa possa aver fatto sui miei ex-alunni (hanno solo 15 anni!) l’essere coinvolti in un così squallido intrigo, con tanto di partecipazione ad un processo pubblico in veste di giurati? Pensi che uno di loro, un ragazzo di un’intelligenza assolutamente fuori del comune, ha ammesso che, se il processo si fosse svolto contro una strega nel Medioevo (la strega sarei io), lui avrebbe approvato la condanna al rogo e sarebbe stato tra la folla ad applaudire mentre la bruciavano… Tutto questo ben prima di poter scoprire che non ero altro che un’insegnante di lettere molto appassionata al suo lavoro.
    Che posso dirle di più triste?
    E tuttavia è giusto parlare, è giusto che si sappia, è giusto che anche i ragazzi sappiano.
    La saluto cordialmente.

  3. 3
    vittoria seminara -

    Carissima signora Enrica,
    Mi scusi se lo dico ma lei è proprio una “piantagrane”! (ironico).
    Forse non sa che in Italia, il paese dei “Cachi”,( citazione per altro del celebre autore Elio e le storie tese) tutto procede secondo un ordine senza logica? E di cosa si stupisce? E mi vorrà anche fare credere che lei è una di quelle persone contrarie al nepotismo? (non ci credo) Contraria alle ingiustizie? Magari una di quelle fa il suo lavoro al meglio. Ma che schifo! se lo lasci dire ………….E le hanno fatto anche un processo alle intenzioni, perchè ha promosso un’iniziativa culturale senza scopo di lucro a suo vantaggio, magari solo incoraggiando la nobile arte della lettura? Io non ho parole, guardi sono costernata (ironico) secondo me lei soffre anche di manie di persecuzione………, ma come può pensare che nel nostro paese non esista meritocrazia?….., In un mondo dove anche per fare le cose più semplici c’è bisogno di qualche conoscenza? E mi lasci dire comunque che lei vive anche al nord e si lamenta …., pensi al sud dove la disoccupazione è maggiore del 23%. E la competizione è più accesa. Comunque sappia che al di la dell’ironia lei ha tutta la mia solidarietà, ma mi creda troverà lo tesso atteggiamento in ogni ambiente di lavoro e in tutta l’Italia, e quando cercherà di cambiare le cose o lamenterà coraggiosamente un malessere troverà tutti contro lo stesso. Ma lei non si arrenda, perchè finchè c’è gente come lei e come me che hanno il coraggio di denunciare le cose, forse non tutto è perduto e tutto può ancora cambiare. Buona sera

  4. 4
    luc2005 -

    Sa quanti di quegli spettatori di roghi alle streghe hanno avuto dei rimorsi, come ne avrà quel ragazzo che ha voluto esibirsi in uno show che andava al di là della sua comprensione?

  5. 5
    enrica -

    Bene, sono contenta che se ne parli. E sarò ancora più contenta se altri vorranno portare la loro testimonianza.
    Grazie a tutti.

  6. 6
    anna -

    è vero anche e sopratutto a napoli assisto a casi simili , bidelli e segretari che sono i parenti stretti ddi alcuni professori tutti insieme appassionatamente anche a lavoro e io che ho cercato lavoro perchè ho 2 figlie a carico non ho trovato nulla o meglio a pagamento e manco nel pubblico impiego la dove il gooverno dovrebbe sostenermi come cittadina vedo ogni giorno quei bei signori raccomandati che la fanno da padroni andando a lavorare un giorno si e 3 no evviva il governo evviva l italia

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