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CINQUE ANNI BUTTATI AL VENTO
Se si lasciano da parte le sciagurate leggi sulla giustizia e l’ancora più sciagurata riforma costituzionale e si passa in rassegna l’attività del governo dal 2001, quello che colpisce del quinquennio berlusconiano non è tanto quello che è stato fatto, ma tutto quello che non è stato fatto.
In questi ultima anni è divenuto chiaro come non mai che l’Italia è un Paese fermo al palo che rischia di avvitarsi in un lento ed inesorabile declino. Certo non la deriva argentina preconizzata dal Financial Times, ma una progressiva perdita della capacità di sostenere la competizione internazionale, sia sui mercati esteri che su quelli nazionali, di produrre ricchezza e benessere, quello sì. In gran parte si tratta di problemi che risalgono indietro nel tempo, alcuni di carattere strutturale, altri no, e non tutti immediatamente evidenti già nel 2001.
Non si può quindi imputare al governo del centrodestra di essere stato la causa del declino italiano, tesi che pure si sente riecheggiare qua e là. Berlusconi e il suo governo hanno tuttavia una responsabilità forse ancora più pesante: non solo quella di non aver fatto nulla per contrastare lo stallo in cui si trova la nostra economia, cosa già grave di per sé, ma quella pazzesca di essersi ostinati a negare persino che il problema esistesse, e nelle rare occasioni in cui lo hanno fatto ad ostinarsi a dare la colpa a “nemici esterni”, la Cina, l’euro, il Patto di Stabilità e Crescita. Aspettando Godot Come accennato sopra ad esaminarla da vicino la “non-politica” del governo della Casa delle libertà è impressionante.
Partiamo dal caso più eclatante, quello della finanza pubblica. È prassi standard dei governi di mezzo mondo, o almeno di quelli che affrontano periodicamente il giudizio degli elettori, di stringere la cinghia e imporre sacrifici nella prima metà o due terzi del mandato per poi dissipare risorse a fini elettorali all’avvicinarsi delle urne.
Nulla di scandaloso, si chiama ciclo politico, ed è ormai talmente una regola da essere teorizzato nei manuali di economia e di politica economica. Sembra incredibile, ma il governo dell’accoppiata Berlusconi-Tremonti non è riuscito neanche in questo. Preoccupato di apparire come il governo delle tasse e di inimicarsi i lungimiranti imprenditori di Parma e il popolo delle partite Iva, l’esecutivo del “nuovo miracolo italiano”, secondo l’infelice definizione dell’ex governatore di Alvito, ha continuato a spendere e spandere andando avanti a forza di una-tantum, condoni, cartolarizzazioni e quanto altro partorisse ogni settembre la fervida e fantasiosa mente del titolare di via XX settembre. Il tutto in attesa della ripresa che tutto avrebbe dovuto risolvere e che, a guardare le previsioni sfornate ad ogni piè sospinto dal Ministero dell’Economia, sarebbe dovuta arrivare per il semplice fatto di essere evocata continuamente con tassi di crescita che neanche il mago Do Nascimiento si sarebbe arrischiato a proporre. La ripresa, con gran sconforto del miracolistico duo e di altri 56 milioni e passa di italiani, non è arrivata. Altro che Godot…
Nel frattempo interventi strutturali sulla spesa, neanche a parlarne. Solo tagli e taglietti, quanto basta per non superare di troppo la fatidica soglia del 3%. Tanto c’era chi sotto la mattonella aveva lasciato un avanzo primario del 5,7%. E se anche quello non fosse bastato, meglio tentare, con un qualche successo, di sfasciare il Patto di Stabilità e Crescita che rimboccarsi le maniche. Risultato: avanzo primario azzerato e rapporto debito/PIL in salita per la prima volta dal 1994.
Roba da primato. Invece di approfittare dei bassi tassi d’interesse per abbattere il debito, l’incredibile duo è riuscito addirittura a rimetterlo su un trend di crescita. C’è poco da sorprendersi poi se oggi, con i tassi d’interesse di nuovo in aumento, sui mercati si rincorrono voci sempre più frequenti di un possibile downgrading dell’Italia da parte delle agenzie di rating (il che non giustifica naturalmente i catastrofismi di Nouriel Roubini o del Financial Times). La beffa è che tutto ciò non ha avuto alcuna contropartita. Nessun programma di spesa pubblica in grado di rilanciare la crescita, nessun abbattimento del cuneo fiscale, nessun provvedimento serio a favore delle imprese, nulla a favore delle scuole o delle università, nulla a favore della ricerca. Solo un’irrisoria ed inutile riduzione generalizzata delle tasse. Qualche cappuccino al mese in più. Garbage In… Garbage Out Benché ineguagliabile l’incapacità in tema di finanza pubblica, che fatalmente avrà ripercussioni sulla capacità di qualsiasi governo di intervenire a sostegno della crescita a causa del sempre più stringente vincolo di bilancio, non è (purtroppo) l’unica area in cui si è visto il governo prendere fischi per fiaschi.
Nel 2001, il quadrunvirato Berlusconi-Tremonti-Maroni-D’Amato, sostenuto dai fedelissimi Sacconi e Fini, quest’ultimo in inedita versione thatcheriana, decide che tutti i mali dell’economia italiana risiedono nell’eccessiva rigidità del mercato del lavoro. Tesi singolare vista l’elevata incidenza di partite Iva e Co.co.co, per non parlare del 27% o giù di là di sommerso, ma tant’è. D’altra parte in campagna elettorale il premier aveva siglato a Parma un contratto assai ben più impegnativo di quello con gli italiani. E almeno quello andava onorato.
E così, follia nella follia, il governo si imbarca in una estenuante quanto totalmente inutile e priva di senso battaglia contro l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, la cui incidenza sulla presunta rigidità del mercato del lavoro era ed è pressoché nulla. Due anni persi a prezzo di un conflitto sociale che porterà in piazza oltre tre milioni di lavoratori.
Intanto viene approvata una riforma del mercato del lavoro con il nobile intento di eliminare un po’ di lacci e lacciuoli per le imprese e fornire finalmente una tutela alla fascia più debole dei lavoratori: i precari. La riforma, secondo tutte le rilevazioni, non solo dei sindacati, ma anche dell’associazione dei dirigenti risorse umane e delle stesse imprese, si risolve in un buco nell’acqua. La miriade di nuovi contratti non trova applicazione da parte delle aziende che spesso non li conoscono o li giudicano troppo complicati. Persino le società dei call-centre, il simbolo del lavoro precario, decidono di ignorarli quando si tratta di rinegoziare la piattaforma contrattuale. I co.co.co, ribattezzati nel frattempo co.co.pro, non hanno alcuna tutela in più e non solo non diminuiscono, ma aumentano esponenzialmente. E insieme a loro aumentano le “false” partite Iva, in realtà contratti di lavoro più o meno temporanei camuffati. Secondo la Banca d’Italia oggi tra i giovani un quarto dei lavoratori è precario, e tra i neo-assunti lo è addirittura uno su due. Un bel risultato, non c’è dubbio, che non è meppure servito per alimentare la crescita economica. D’altra parte, dato l’errore nella premessa (la bassa crescita è colpa della rigidità del lavoro), non c’è da sorprendersi. Come dicono gli econometrici: Garbage In… Garbage Out. Nel frattempo i buoi sono scappati.
Intanto, mentre il governo si batte lancia in resta per onorare il suo debito nei confronti della Confindustria versione D’Amato, l’Italia scopre improvvisamente di non essere più quella di un tempo. O meglio di essere sempre la stessa in un mondo che nel frattempo è cambiato radicalmente. Le imprese, dopo l’avvento dell’euro, non possono più truccare la partita invocando e ottenendo svalutazioni competitive. Le loro produzioni soffrono in misura crescente la competizione delle economie dell’estremo oriente, Cina in testa. E date le loro dimensioni, e anche la loro limitata visione strategica, non sono in grado di controbattere, al contrario di quelle degli altri principali Paesi europei.

Come si è già accennato, i problemi hanno radici lontane, le cui origini vanno rintracciate più nella scarsa qualità del capitalismo nostrano che nella politica dei vari governi. Ma ciò non toglie che i sintomi e le avvisaglie della crisi del Made in Italy fossero tutti lì per chi li volesse cogliere.
Cosa che il governo si è puntualmente astenuto dal fare, continuando a cullarsi nell’illusione della crisi passeggera, salvo poi imbarcarsi in crociate sconsiderate (la Cina, l’euro) quando finalmente ha dovuto prendere atto che di passeggero la crisi aveva e ha ben poco. Così, piuttosto che avviare una politica industriale che avesse come obiettivo di medio-lungo periodo il riposizionamento del tessuto produttivo italiano in settori tecnologicamente più avanzati, l’esecutivo berlusconiano ha continuato a sostenere la validità dell’attuale modello basato su produzioni a basso valore aggiunto, limitandosi sostanzialmente a proporre e perseguire politiche protezionistiche nei confronti della Cina. Ma ormai era tardi e i buoi erano già scappati. Meglio sarebbe stato intervenire quando dazi e contingentamenti facevano parte di un accordo internazionale come il Multi-fibre.
Ma allora forse si era troppo impegnati a fare crociate contro l’articolo 18 o ad approvare leggi vergognose in tema di giustizia per accorgersi che quell’accordo sarebbe presto scaduto e che come conseguenza i Paesi sviluppati sarebbero stati inondati di prodotti tessili cinesi. L’unico altro guizzo d’ingegno è stato il famigerato provvedimento sulla competitività, che tutto conteneva tranne misure a favore del rilancio del sistema produttivo italiano, a meno che non si
voglia intendere in tal senso l’abolizione del visto notarile nel passaggio di proprietà delle automobili. Certo, intervenire su un problema complesso come quello della competitività del sistema imprenditoriale italiano non è facile.
Ma qualcosa si sarebbe potuto fare: incentivare la ricerca e lo sviluppo a livello privato; finanziare quella pubblica o parapubblica; agire su Eni ed Enel perché, invece di redistribuire utili per dare un po’ di respiro alle casse dello Stato, finanziassero programmi di ricerca in campo energetico-ambientale; operare a sostegno del credito per le imprese, soprattutto per progetti innovativi; avviare serie politiche di liberalizzazione, in primis nel settore delle professioni; promuovere e sostenere la presenza delle nostre imprese all’estero; realizzare una politica dell’immigrazione intelligente volta ad attrarre cervelli oltre che manodopera (altro che Bossi-Fini). Insomma, da fare ce n’era e ce n’é. Si chiama politica industriale.
Ma forse era pretendere troppo da Marzano e dal suo successore Scajola il cui ruolo è stato quello di semplici notai di decisioni prese al Ministero dell’Economia. Quest’ultimo intanto non ha trovato nulla di meglio che ricreare surrettiziamente una sorta di moloch che controlla ormai quasi tutte le imprese a partecipazione statale: la Cassa Depositi e Prestiti. Un mostro di dimensioni enormi nelle mani del solo titolare del dicastero di via XX settembre e di fatto sottratto a qualsiasi indirizzo o controllo politico. Tutto questo senza considerare il Mezzogiorno, per cinque anni scomparso dagli schermi radar di Palazzo Chigi e totalmente abbandonato al suo destino. D’altronde come ha autorevolmente dichiarato il Ministro Lunardi “con la Mafia bisogna convivere”.
Amen.

Lettera pubblicata il 27 Gennaio 2007. L'autore ha condiviso 20 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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Categorie: - Politica

La lettera ha ricevuto finora 7 commenti

  1. 1
    Fabio47 -

    min...., Bruno !!
    Sono davvero rimasto basito dalla lucida analisi che hai condotto sull’attuale situazione politico/economica italiana, alla luce dell'”operato” svolto dall’esecutivo che poco più di un semestre fa se ne è finalmente andato a casa. Sei molto informato di economia, vedo, e non ho gli strumenti per discutere le tue tesi nel dettaglio, per la mia non approfondita conoscenza dei temi economici trattati, che – peraltro – sono talmente ben argomentati, che sfido un “economista” tipo Renato Brunetta a confutarti. Ma il giudizio politico, quello sì, concorda, per quanto mi riguarda, totalmente con quanto emerge dall’esposizione dei fatti. Senza scendere nello specifico, nei miei interventi, ho sempre puntato il dito sull’assoluta mancanza di strategia e lungimiranza nell’operato del gabinetto Berlusconi, che ha pertanto tirato a campare, navigando a vista, impostando a seconda delle previsioni meteo le proprie politiche, coerentemente con il populismo del “Capo”, che era “panettiere” se incontrava i panettieri, “operaio” se riceveva gli operai, di “sinistra” (roba di questi giorni) se partecipa a kermesse … televisive popolate da personaggi che Lui ha deciso essere di sinistra ed altre chicche che solo la mia memoria (per fortuna, direi) non più freschissima mi impedisce di elencare tutte. Hanno strillato tanto che chissà loro ancora al Governo, cosa avrebbero fatto, al posto dei “succhiasangue” di ora; l’ho già detto tempo fa, avrebbero fatto più e peggio, perché non si poteva altrimenti, pena la bancarotta. Peggio perché portatori dell’incapacità di governare il Paese, nel (pretestuoso) furore ideologico dietro al quale hanno ben cercato di nascondere le loro magagne. Invece di fare il bene della collettività, ci hanno rotto le palle per cinque anni (e continuano a farlo) con i “comunisti”, portando il Paese allo sfascio e sistemandosi ben benino i fatti loro, “dimenticandosi” che erano lì, retribuiti lautamente da tutti noi, comunisti compresi, “anche” per governare. Questi di ora – e anche di questo mi arrogo la presunzione di dirlo da tempo – ci fanno un mazzo così, ma hanno quantomeno delle strategie, non guardano solo a pochi centimetri dal proprio naso, si spera che i sacrifici di oggi servano a campare meglio tutti domani …. Se è vero che la colpa dei guasti economici non è solo di Berlusconi, ma ha radici più lontane, come giustamente osservi tu, è anche sacrosantemente vero che Berlusconi non ha fatto ASSOLUTAMENTE NULLA per risanare il paese, ma anzi, con la sua politica populista del tutto-subito-a-seconda-della-giornata e di come conveniva a Lui, ha lasciato in eredità un Paese sull’orlo di una violenta crisi economica, dalla quale i segnali di uscita non sono per fortuna assenti del tutto come qualche mese fa, ma quanto meno altalenanti … Destra, sinistra … In una società davvero evoluta, il bene del Paese viene prima di tutto ed è per questo che debbo fidarmi di chi oggi prova ad aggiustare le cose. Fabio.

  2. 2
    albert -

    Berlusconi si faceva le leggi “ad personam” per non finire in galera, metteva nel governo gente come Calderoli (quello dei ferri arrugginiti per castrare gli stupratori, quello delle magliette anti-islamiche, quello della “legge elettorale”), voleva introdurre una “Costituzione” che gli avrebbe dato i pieni poteri, come Hitler nel 1933.

    Io non ho votato Berlusconi e mai lo voterò.

    Però sveglia!!!Siamo nel 2007, questa pappardella qui sopra andava bene nel marzo 2006.

    In 7 mesi Prodi ha saputo solo fare una finanziaria da 30 miliardi di euro per continuare a ingrassare i parassiti nel settore pubblico, e far pagare i poveri cristi.
    Sapete che in Campania (Milena Gabanelli, non certo una di destra!) centinaia spazzini dei comuni prendono lo stipendio senza lavorare, mentre lo smaltimento (in discariche abusive) dei rifiuti è appaltato a ditte private camorristiche?

    Sapete che nei comuni, regioni, enti pubblici, ogni volta che vince una coalizione (di destra o di sinistra) si assumono migliaia di persone per fare gli stessi lavori che fanno altri dipendenti pubblici già assunti (amici dell’altra coalizione, sempre da Milena Gabanelli in “Report”).

    In questa finanziaria vengono aumentati i bolli auto per chi non può permettersi di comprarne una nuova (euro 4), vengono aumentati i ticket sanitari, l’IVA sui gasoli da riscaldamento (circa 50 euro l’anno in più, mediamente) , e si vorrebbe costringere anche i pensionati ad aprire un conto in banca per pagare con bancomat e carta di credito, sopra i 500 e poi 100 euro. Quindi pagano i poveracci

    Invece nulla per far pagare le assicurazioni, che in questi anni hanno alzato i premi senza un aumento del volume dei sinistri liquidati, le banche, le cui spese di gestione dei c/c sono le + alte d’Europa, i petrolieri, che alzano o tengono invariati i prezzi della benzina (che per il 70% e fatta di tasse, c’è ancora la tassa sulla ricostruzione dell’Irpinia del 1980!!) anche quando il prezzo del petrolio diminuisce.

    E questa si chiamerebbe “Lenzuolata”??? ahahahahaha
    Ma come? Le commissioni di max scoperto le pagano chi può permettersi gli scoperti (i ricchi), le classi bonus/malus rimangono già ora invariate al cambio nella maggior parte delle assicurazioni, i costi di ricarica dei telefonini sono un’inezia rispetto ai costi del traffico telefonico, la benzina nei supermarket costerà poco o nulla di meno, (senza contare le code) perchè il prezzo lo decidono le multinazionali, non i benzinai ecc., ecc.

    Tutto fumo negli occhi con cui Prodi ha voluto far credere di aver fatto qualcosa , quando in realtà ha fatto una finanziaria doppia rispetto alle necessità per continuare a ingrassare i suoi amici, senza toccare gli sprechi del pubblico e con “liberalizzazioni” ridicole, che varranno lo 0,00005% del PIL a dir tanto.

    Ma i gonzi esistono proprio per farsi gabbare.
    Anche se il signor Prodi così facendo regalerà alle destre almeno 3 governi, alla prossima legislatura.

    SVEGLIATEVI!!!

  3. 3
    albert -

    Aggiungo solo (dimenticavo) che in questi ultimi anni sta prendendo piede la tendenza dei governi inetti e menzogneri a scaricare le colpe dei loro fallimenti sui predecessori.

    Berlusconi e Tremonti se la prendevano con l’11 settembre (anche quando, dopo il 2003, tutte le economie crescevano, ad eccezione proprio di quella italiana), con il buco dei conti ereditato dal centrosinistra nel 2001, ecc., per giustificare le promesse non mantenute

    Oggi la tendenza si rovescia, e passata la campagna elettorale Padoa Schioppa e Visco fanno una finanziaria ammazza-cavalli, da 30 miliardi di euro, invocando il buco del centrodestra per alzare le tasse, però poi prendono atto che c’è un record nelle entrate dei conti pubblici.

    Quello che non cambia per entrambi è il vizietto di scaricare sul governo precedente le loro incapacità.

    Mi domando: ma allora De Gasperi e i primi governi nel dopoguerra, quando l’Italia era un cumulo di macerie fumanti, e tutto era distrutto, cosa avrebbero dovuto dire?: “Ragazzi, qui non facciamo nulla perchè è tutta colpa del fascismo!”

    Politicucci da 4 soldi.

  4. 4
    Bruno -

    questa pappardella, come tu la chiami adrebbe data come risposta a chi sa solo criticare..

    Prodi ha fatto un finanziaria da 30 mld..? vero!
    Non va bene il settore pubblico? vero.
    La politica di sinistra è sbagliata? vero.

    vedi, ho racchiuso in tre solo righe la sintesi delle tue 2 risposte alla mia pappardella.

    Criticare non basta, bisogna agire, proporre, rischiare in prima persona, come ad esempio: non pagare tasse inique, non acquistare benzina a prezzi simili, andare a Roma e scaraventare tutta la melma dal balcone..
    e questo è solo l’inizio..
    tu saresti disposto a rischiare in prima persona?
    Rischieresti una decina di anni di carcere?
    Rischieresti il tuo posto di lavoro o la tua attività?
    sei disposto a fare qualcosa?
    Allora ne potremmo parlare, altrimenti si rischia di rimanere soli nella collera e nel criticare senza costrutto.

    Gennaio 2006, tremonti e la trimestrale taglia 500 euro al mese (dico al mese) alla classe operaia settore privato e nessuno ha mosso un dito, nemmeno gli operai.. tutti a criticare senza agire, urla schiamazzi e poi silenzio, rassegnazione. La verità è una sola: gli italiani sono un branco di pecore senza offesa per gli ovini.

  5. 5
    albert -

    non credo sia necessario arrivare a tanto, e non credo che arrivare a buttare melma sui politici servirebbe a qualcosa.

    Io ho una modesta proposta: intanto cominciamo a far vedere che è ora di finirla con questa “illusione” dei politici di avere sempre una % di votanti dell’80% e oltre alle elezioni politiche.

    Il politico pensa: “beh, tanto questi protestano, ma poi al momento del voto corrono tutti perchè temono che non votando prendano + voti quelli della parte opposta”

    E così possono poi permettersi di fare quello che vogliono, di raccontare in campagna elettorale quello che vogliono, (io giudico inaccettabili e truffaldine in particolare le promesse di Prodi sulla ricerca, quando poi TAGLIA DEL 20% I FONDI ALLE UNIVERSITA’! Che la destra non facesse nulla per ricerca e cultura si sapeva, ma Prodi).

    Se alle prossime elezioni cominciassero a votarli di meno, ci penserebbero di + prima di fare quello che vogliono.

    Scusa Bruno, ma non penso che gli italiani siano tutti “pecoroni”.
    Nella scorsa legislatura a Scanzano Jonico la gente ha fatto blocchi ferroviari fuori casa per giorni perchè il generale Jan, nominato da Berlusconi a occuparsi dello smaltimento dei rifiuti radioattivi, voleva sotterrarglieli vicino a casa loro.

    E anche i taxisti che dalla sera alla mattina si erano visti messi di fronte al fatto compiuto, cioè il decreto che rendeva carta straccia le licenze pagate 200 milioni e più, poi hanno fatto i blocchi e ottenuto modifiche.

    Quanto agli operai, io mi chiedo, visto che nella scorsa legislatura si parlava di diminuire il precariato, e visto che ultimamente Montezemolo è venuto a dire in TV che è giusto che anche gli operai partecipino ai profitti, perchè i sindacati non si battono per un riconoscimento di incrementi in busta paga legati alla crescita dei profitti nelle aziende?

    Ma questo devono farlo i sindacalisti che invece si preoccupano solo di fare la ritenuta in busta paga e di fare carriera nel sindacato o negli enti, e poi nella politica (come Bertinotti, che per poco faceva saltare l’Unione perchè voleva a tutti i costi la presidenza della Camera).
    Che può fare il singolo operaio? Incatenarsi? Darsi fuoco?

    E poi, sempre a proposito delle condizioni della classe operaia italiana, smettiamola di dire che le aziende italiane sono poco competitive perchè non investono in ricerca, innovazione, qualità…tutte balle!

    Come puo’ un’azienda tessile cotoniera italiana competere con le magliette che arrivano dalla Cina, dove la gente lavora in schiavitù 12-14 ore al giorno per un pugno di riso? Che qualità vuoi mettere sui prodotti tessili di consumo, le scarpe, ecc.?
    Mi spiace, ma sulle merci vendute a prezzi stracciati da Paesi dove si violano i diritti umani dovrebbero mettere dazi enormi, su questo anche Tremonti ha ragione.
    Ma c’è la solita ipocrisia: siccome molti imprenditori italiani investono in Cina e delocalizzano, allora lasciano i piccoli che non possono delocalizzare a grattarsi.

  6. 6
    Domenico -

    Caro albert, è verò che la gente va a protestare, ma per i propri interessi. Ogni categoria pensa in casa propria. Secondo me occorre interessarci dei problemi di tutti. Ma non credo che i tassisti scenderebberò in piazza per sostenere un altra categoria. Io non credo negli italiani perchè sono egoisti. Ci sono così tante ingiustizie in questo paese che servirebbe una vera è propia rivolta popolare. Ma la gente guarda passiva. Molte volte ho visto commenti del tipo:andate a lavorare invece di scioperare sempre. Li ucciderei. Il problema non sono i politici ma la gente che molte volte è come i politici.

  7. 7
    Bruno -

    Albert: “Che può fare il singolo operaio? Incatenarsi? Darsi fuoco?”

    Assolutamente NO!
    L’operaio, Potrebbe incendiare e dare fuoco..
    Cmq.. almeno su questo argomento, sono daccordo con Domenico:
    In Italia ognuno pensa per se e dio è in vacanza.
    Secondo te, la legge bersani sui taxi è sbagliata?
    Secondo te, un tassista deve guadagnare 300 euro al giorno
    e dichiararne 50?

    Infine, ancora la storia dei sindacati?? Scusa, ma questo è indice di poca informazione..
    In Italia, uno dei mali principali sono i sindacati, sono peggio dei politici.
    Ogni fine anno, vanno nelle aziende e chiedono (tangenti o mazzette) per tenere buoni e calmi i pecoroni operai.. e gli operai che fanno?
    Pagano la quota d’iscrizione e restano nell’utopia che il sindacato possa salvaguardarli??

    Ma insomma, sveglia…sveglia…sveglia..

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