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Dubbi sulla psicoterapia

Trovi il testo della lettera a pagina 1.

Buon pomeriggio a tutti,

mi chiamo Simone e vorrei parlare di alcuni dubbi che ho sulla mia psicoterapia, intrapresa da circa un anno e mezzo.

Primo dubbio: termine della terapia. Quando si finisce di andare dallo psicologo? La mia terapeuta ha sempre sostenuto che sono io stesso a decidere quando smettere. Mi ci sono sempre trovato d’accordo, ma adesso che il percorso volge al termine, mi è venuto un dubbio. I miei problemi li ho grossomodo risolti, a parte le incomprensioni con alcuni miei familiari. Quando devo smettere di andarci? Appena scopro che non ho più alcun problema, o meglio effettuare ancora delle sedute per accertarsi del mio benessere? Ho dato uno sguardo su Internet. Mi pare di aver compreso che molti terapeuti siano d’accordo su una linea: porre un “traguardo” all’inizio della terapia, nonostante poi un paziente sia comunque libero di smettere quando vuole. Questo traguardo non è stato mai posto. La mia psicologa è sempre decisa sulla sua affermazione.

Secondo dubbio: possono un terapeuta e un paziente rivedersi, dopo il termine della terapia? Qui ho scoperto che c’è un’immensa diatriba al riguardo. Vi spiego la faccenda. Due sedute fa, la mia psicologa mi ha chiesto se volessi andare a trovarla nel suo studio, dopo la fine del percorso. Ho accettato, prendendo la palla al balzo e chiedendole allora se fosse pure d’accordo pure a farsi un giro o a prenderci un caffè, sempre dopo la fine (riconosco che è una bella ragazza / donna). Ha risposto che le farebbe piacere, comunque a suo dire sarebbe doveroso aspettare circa un annetto prima di rivederci. Credo che questa sua domanda sia sorta perché percepisce che il mio percorso è prossimo alla fine. Tuttavia anche qui mi sono posto più di un dubbio, che portai nello scorso incontro. Ossia: rivederla mi farebbe rievocare tutte le parti più tristi che le ho raccontato finora, oltreché a sentirmi “nudo” di fronte a lei, più altre ragioni. Mi disse che fu dispiaciuta, perché in effetti dovrei provare gioia nel rivederla, per il percorso fatto. Non ha tutti i torti, e non nascondo che mi piacerebbe rivederla d’altra parte. Per cui, a chi dare retta? Al cuore o al cervello?

Terzo dubbio: contatto fisico. Eccomi alla parte dolente. Non ne parlo da diverso tempo in terapia, in quanto credevo di essere a conoscenza dei fatti. Provo a farla breve. Un anno fa circa le chiesi un abbraccio per tirarmi un po’ su il morale. Ci abbracciammo anche le successive 3 o 4 sedute. Ad un certo punto mi fa “Io non ti abbraccio più, perché non abbraccio i miei pazienti, nemmeno le ragazze.”. Le chiesi il motivo di questa brusca decisione, rispondendomi che sono cresciuto abbastanza. In effetti, ho pensato che fossero mirati ad aiutarmi a trasportare la mia benevolenza verso il prossimo anche al di fuori dello studio. Anche qui i dubbi sono sorti queste giornate, soltanto che qui non mi trovo tanto a mio agio a parlarne. Spiego perché. Due sedute fa, le accarezzai il viso per la seconda volta oltre ad abbracciarla, e il gesto evidentemente le ha fatto piacere, tant’è che ha ricambiato con gradimento. Il mio era un gesto affettivo, ma anche atto ad avvicinarmi un pochino fisicamente a lei (non so se lo sospetta). Forse mi sono lasciato un po’ troppo andare, è vero, però avrebbe potuto fermarmi. Non voglio farmi alcun film, però mi era balenata l’idea che forse le fa piacere un po’ di contatto fisico con me, se ripenso a questi episodi. Quindi, se fosse così, il terapeuta può mentire al paziente?

Quarto dubbio: linguaggio del corpo. Ci sto pensando sopra sempre in questi ultimi giorni. Credo proprio che qui, invece, qualche film sto cominciando a farmelo. Ripensandoci, ho notato che nei miei incontri la terapeuta si raccolga spessissimo i capelli dietro alle orecchie e che, nell’estate scorsa, sotto la scrivania aperta era solita dondolare leggermente la scarpa destra con le gambe accavallate, oppure tenendola “a penzoloni”, lasciando intravedere il tallone. Considerando che sono ignorante in materia, su Internet dicono che certi gesti hanno un significato seduttivo, ma non ne sono certo. Però quest’ultimo dubbio ritengo che sia una mia immaginazione di troppo, e che alcuni gesti li compiamo in realtà senza renderci conto. Perciò lo tengo in minor considerazione.

Concludendo: fortunatamente il lavoro svolto finora ha dato i suoi frutti. E sempre fortunatamente, solo in quest’ultimissimo periodo mi son venute queste titubanze, che magari avrebbero rovinato tutto in precedenza. Adesso che ci penso, all’inizio della terapia in un discorso disse che nessun paziente è mai andato a trovarla nel suo studio; riconosco che mi fa sentire un po’ “speciale”. Riguardo a tutte queste cose, cosa dovrei fare / pensare? Avevo proprio bisogno di sfogarmi. Ripeto che tutte queste dinamiche sono nate quest’ultimo periodo, come la mia attrazione verso di lei.

Grazie per l’attenzione.

Lettera pubblicata il 17 Febbraio 2015. L'autore ha condiviso 3 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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La lettera ha ricevuto finora 24 commenti

Pagine: 1 2 3

  1. 21
    Simoneff -

    Rossana,
    questa mia fiducia è diminuita proprio verso il termine. Concordo che chi rifugge da queste terapie, per paura di essere giudicato, o perché crede che riguardino solo i pazzi, o per altri motivi… sì, spesso sono i primi ad averne bisogno. Guardarsi dentro significa sapersi mettere in discussione, e tante persone purtroppo peccano di superbia in questo. Anche i terapeuti stessi hanno fatto questo percorso. Alcuni pensano che sia come andare dal prete (sono ateo), ma non penso proprio sia la stessa cosa!! Nonostante tutto ritengo che quasi tutti dovrebbero intraprendere una psicoterapia, sia che duri alcuni mesi, sia che si protragga oltre due anni. Per quanto riguarda la mia terapeuta, forse può nascere qualcosa, forse no… ma la mia vita va avanti comunque. La mia autonomia suppongo che l’abbia ottenuta grazie a lei, in qualunque modo la faccenda si sviluppi.

  2. 22
    cam -

    Come ti hanno spiegato altri utenti secondo me devi lasciare perdere. Lei ha sbagliato a lasciarsi andare con te e tu nella lettera poni una domanda sbagliatissima: “lei ci starà?”. Il titolo giusto è “dubbi sulla psicoterapeuta”. Hai fatto perfino delle ricerche per capire se lei ci starebbe o non ci starebbe e se i suoi gesti hanno un significato in questo senso.
    Ora io non sono un’esperta nel campo, però c’è qualcosa di tremendamente sbagliato in questo. Io stessa se fossi nei panni della tua terapista mi allontanerei da te in ogni senso, soprattutto professionalmente. Perché non posso certo contribuire al tuo benessere psichico se tu provi qualcosa per me.
    Però potrebbe essere anche che la tua sia solo una infatuazione considerando che tra psicologo-psicoterapeuta e paziente c’è una relazione speciale che si chiama transfert. Questo è presente in tutte le relazioni, ma lo psicoterapeuta dovrebbe utilizzarlo in maniera corretta per poter portare avanti il percorso psicoanalitico. E’ simile a una storia d’amore, dove ci sono forze di attrazione e anche forze di repulsione. Sta alla capacità dell’analista e alla buona volontà del paziente saperle gestire.
    Io queste cose le ho studiate alle superiori, ma spero che tu abbia compreso il senso delle mie umilissime parole.
    Non solo rischi di andare incontro a delusione, ma anche lei corre un enorme rischio. Se s’invaghisse di tutti i suoi pazienti sai che cosa succederebbe? Non potrebbe fare quel lavoro. Parlagliene e cambia psicoterapeuta ai fini della tua guarigione.
    Ha fatto bene a dirti di rivedervi casomai tra un anno, perché tra un anno, una volta che il transfert è venuto meno, probabilmente anche le emozioni che proverai tu saranno cambiate.
    Ciao

  3. 23
    Simoneff -

    Elle, non mi pare il caso di cadere in battute simili. “Traumatizzato” dagli abbracci… manco fossi un ragazzino di 15 o 20 anni. E stai tranquilla che non le faccio pena, sono sicuro al 100%, anche da come parla, che sono un ragazzo maturo etc etc. Quindi confuto la tua ipotesi. Parli di farmaci addirittura, come se fossi un caso patologico: taglio corto e mi fermo qui a commentare le tue corbellerie. Non so quanti anni hai.
    Per quanto riguarda quello che dice cami, mi dispiace dirlo, ma hai ragione anche tu come altri utenti… e purtroppo io, ma mi sono svegliato tardi. Ma dannazione, avrebbe potuto fermarmi. Ho scoperto che è sempre responsabilità del terapeuta in questi casi, mantenere i confini. Mi sono fatto una cultura al riguardo e ho scoperto che invaghirsi di un paziente capita, però è necessario che l’analista ci lavori sopra di suo, e inviare il paziente altrove se non riesce a gestire la dinamiche intime. Non sto dicendo che lei provi attrazione per me, può essere tutto o niente, ma non è stata professionale. Io ho sbagliato qualcosina, ma lei molto più di me.

  4. 24
    cam -

    Allora agisci di conseguenza. Cambia terapeuta e chiudi i rapporti con lei, sia quelli professionali sia quelli sentimentali.
    Un saluto !!

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