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De corpore et anima: in gabbia

Ogni corpo racconta una storia.

Se il mio potesse parlare, racconterebbe solo dolore. Da che ho memoria l’ho sempre disprezzato, maltrattato, criticato. Mai ho avuto per lui una parola d’affetto: il mio corpo era soltanto il mio corpo. L’ho sempre odiato, cercando di curare la mia anima e senza rendermi conto che l’anima ha bisogno di un luogo.

Il nostro corpo ci presenta al mondo, ci permette di andare in giro, di fare tutto ciò che facciamo. Ci chiede solo un po’ di nutrimento e in cambio ci tiene in vita. Dovremmo come minimo adorarlo.

Ma alcune (tra cui io) sviluppano un rapporto malsano con tutto ciò che riguarda alimentazione, corpo, carne. In poche parole con la vita. 

Invidio chi vive bene nella pelle in cui si trova, quelle persone sicure del proprio aspetto. Io non mi sono mai sentita così. Ho sempre indossato abiti che camuffassero il mio fisico, quando sono in mezzo alla gente non faccio che chiedermi, costantemente, in modo ossessivo: “Cosa penseranno del modo in cui appaio? Mi trovano disgustosa quanto me?”

Oggi il luogo della mia anima ha toccato il fondo, limitandomi nella vita quotidiana e precludendomi moltissime esperienze. Io sono brava, sono sempre riuscita a fare tutto; questa è la mia più grande sconfitta. Sono caduta in un tunnel la cui fine mi sembra inesistente. Non ho mai fallito così miseramente in tutta la mia vita.

Una carezza probabilmente potrebbe salvarmi: sono così piena di amore da dare e non ne ricevo mai. Credo che morirò senza mai essere stata amata o toccata con amore. Questo corpo non lo merita.

“Dovresti solo imparare ad essere amica del tuo corpo”, mi ha detto oggi un mio amico.

Ma ci riuscirò mai? Riuscirò mai a volergli bene, a trattarlo con rispetto, a lasciarlo respirare per la prima volta in tanti anni? Lo considererò mai mio amico,

o resterò per sempre in gabbia? 

Lettera pubblicata il 22 Luglio 2017. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Categorie: - Me stesso

La lettera ha ricevuto finora 15 commenti

Pagine: 1 2

  1. 1
    Rossella -

    Penso che un uomo non dovrebbe preoccuparsi di piacere. Ti parlo per me. Io, capisco il senso d’inadeguatezza, ma non riesco a traslare questo problema sociale nella vita di coppia. Io non mi sono mai preoccupata di piacere ad un uomo perché sono sempre stata consapevole del fatto che per vivere un approccio più intimo non dico che devi perdere i sensi ma poco ci manca. Per la stessa ragione quando intuisco che un uomo potrebbe avere altri tipi d’insicurezza tendo ad irrigidirmi. Si tratta di un mio limite. Infatti proprio oggi riflettevo sul fatto che di un uomo ti colpisce la parte nascosta. Immagino che anche per l’uomo sia la stessa cosa. Infatti negli anni della mia prima giovinezza ho avuto come un rifiuto del mio nome di battesimo. Mi faceva sentire come vinta dalla vita perché insieme al mio cognome esprimeva il senso della mia vocazione. Il nome con il quale mi hanno sempre chiamato rappresenta il mio istinto primordiale e compensa quel senso d’incompiutezza che ti porta a dipendere dal mondo. Ormai non mi cambia la vita. Come ti ripeto per natura vivo la relazione come un impegno e il fatto che le cose della vita mi abbiano resa refrattaria (ma mai ostile) alle relazioni interpersonali non mi fa sentire limitata. Non mi applico. Tutto qui. Oggi mi dico: – è un impegno che non sento di assumermi!- Mi dovrebbe capitare proprio la situazione ideale per decidere di cambiare passo. Per decidermi a fidarmi di qualcuno.

  2. 2
    Rossella -

    […] Il desiderio di diventare madre, da solo, non mi basta a fare un progetto. Ogni anno che passa mi riscopro sempre più diffidente. Non lo vivo come un dramma. Non mi sento in colpa per il fatto che la vita è andata com’è andata. Perché dovrei?

    Ti auguro buona domenica!

  3. 3
    Regina Incoronata di Splendore -

    Una madre è così grande che persino Dio ha voluto averne una.

  4. 4
    suzanne -

    Non ho capito cosa c’entri la madre, mah.
    Il corpo è anche lo specchio che riflette la nostra interiorità, per chi è in grado di vederla: lo sguardo, la mimica facciale, i movimenti, la postura esprimono moltissimo di ciò che definiamo anima. La bellezza, secondo me, più che un fattore puramente fisico, riguarda piuttosto l’aderenza della nostra interiorità a quello che appare all’esterno. Ci sentiamo brutti e inadeguati quando esiste uno scarto tra questi due livelli, che così scollegati proprio non sono. Sei sicura di amare ciò che sei al di là del tuo corpo?

  5. 5
    Regina Incoronata di Splendore -

    La madre, dando la vita, ha una dignità immensa: se l’autrice è madre, già questo le conferisce immensa dignità, anche al suo corpo, perché ha generato la vita. Se non lo è ancora, spero lo diventi, anche solo spiritualmente, amando in modo puro e sano qualcuno che ha bisogno cioè il suo prossimo, e perciò stesso dandogli la vita in amore. Questo conferirà dignità a tutta la sua persona, anima e corpo, e la aiuterà ad amare sé stessa, dando amore gratuitamente e ricevendone.

  6. 6
    Garofanorosso -

    Non ho capito i primi due commenti, o forse chi li ha scritti non ha capito la mia lettera; non so cosa dire.
    @Suzanne, credo di no. Credo di non amare ciò che sono al di là del mio corpo, ma credo anche che se riuscissi ad amare il mio corpo mi sentirei meglio anche con la mia interiorità. Una sorta di circolo vizioso?

  7. 7
    suzanne -

    Ciao Garofanorosso, non specifichi precisamente quali siano i problemi col tuo corpo. Qualche giorno fa ho rivisto una mia amica di vecchia data che ha riesumato vecchi ricordi non proprio piacevoli. Quando avevamo quindici anni, lei è entrata nel vortice dell’anoressia tentando di trascinarmi con lei. All’epoca era bellissima e tutti la guardavano estasiati, ma lei è come se vedesse il suo riflesso deformato. Inoltre viveva in un mondo surreale intriso di bugie inutili e paranoie veramente assurde. Per mesi ho fatto la sua vita, mangiando solo pomodori e seguendo la sua follia paranoica; ad un certo punto ha iniziato a sembrarmi davvero troppo stupida, così ci siamo allontanate. A distanza di tempo, e rivedendola, non si può che notare la sua cronica insicurezza, malcelata dietro atteggiamenti frivoli. Ovviamente ciò che non le piaceva era la sua interiorità, ma invece di lavorarci sopra ha preferito martoriare il suo corpo.

  8. 8
    Regina Incoronata di Splendore -

    Prendi un pugno di terra e non schifarti, perché questo sei! Il tuo corpo non è te! Tu sei la tua anima. Non sei neanche la tua psicologia, che è, e deve essere sottoposta, anch’essa, alla volontà di fare il bene. Cura la tua anima e sarai sana! Questo basta! Dio solo basta! Il corpo va rispettato come dono di Dio essendo strumento di servizio, ma oggi c’è e domani non c’è più.

  9. 9
    Garofanorosso -

    Sono atea e non ho l’età per diventare madre (se mai lo vorrò).
    Non ho specificato quali fossero i problemi con il mio corpo, per prima cosa perché mi sembrava abbastanza deducibile da ciò che ho scritto, e poi perché sarebbe stato del tutto inutile. Ho un disturbo alimentare per il quale sono seguita da tempo.

  10. 10
    Regina Incoronata di Splendore -

    E se sei atea peggio per te!!!!

    Te ne vanti pure che sei atea, invece di recuperare: il problema ce l’ hai col cervello!!! Salvati l’anima e fai una cosa saggia nella tua vita!!!! I figli se non li puoi avere, perchè sei giovane, ok; se non puoi per altre ragioni, adottali, basta che abbiate 18 anni di differenza: ALMENO il loro affetto ti aiuterà a superare le crisi!

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