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Con permesso

Finalmente un lavoro che mi piace.
Un lavoro semplice, stimolante, clientela interessante e non faticoso.
A me non è mai interessato fare carriera, mai.
M’importa più vivere, anche se devo dire che non sempre mi riesce bene.
Adesso però ci voglio provare.
La necessità di un’etichetta, imposta dal mondo con lenta e sfiancante continuità fin da quando siamo bambini mi ha lasciato una traccia profonda. Quella del bisogno di lavorare. Traccia che vorrei cancellare, vorrei riempire il solco dolcemente con qualcos’altro. Lasciare che il lavoro sia una sporca necessità, né più né meno.
Questo lavoro però è una culla, una scarpa comoda tacco dodici. Bingo! E le donne sanno di cosa parlo. Essere belle e ammirate senza soffrire, ecco un’altra traccia di me, scavata pericolosamente dalla mia insicurezza. Dagli abbandoni subiti.
Non mi autocompiacerò però, non qui e non adesso.
Adesso voglio solo raccontare di come piano piano, per la prima volta negli ultimi anni io abbia qui, nella mia città, molte delle cose che desidero.
Mi basta uscire di casa per andare a lavorare sorridendo, senza ansia, contenta di dove sto andando.
Mi basta un ambiente amichevole.
Mi bastano degli amici che mi vogliono bene e altri con cui andare a bere una birra.
Mi bastano gli amanti, gli spasimanti… quelli forse non bastano mai.
Mi basta un amore interrotto e ricucito a maglia lenta. Più libero e meno sporco.
Mi basta il sole che si fa preludio di primavera e guarda l’inverno che muore. ( Oh la morte più dolce, quella dell’inverno.)
Mi basta leggere a letto la domenica.
Mi basta passeggiare venti minuti per essere a casa con la mia famiglia.
Mi basta un posto tutto mio dove dimenticarmi sempre di fare la lavatrice.

No. Non mi basta. E’ una bugia, anche se non del tutto vera.
Non so come spiegarlo a me stessa. Non so come spiegarlo a voi che restate qua giorno dopo giorno, anno dopo anno senza la curiosità di volare via. Non so come dirlo a voi, che siete dei privilegiati, sicuri nel posto che dovete occupare. Senza il formicolio allo stomaco.
Come posso dirvi che per me è un dolore rinunciare a tutto questo? Lo è davvero. Ma che lo farò, me ne andrò anche questa volta.
Ho detto addio al lavoro, alla scarpa comoda tacco dodici. Ho detto addio all’amore, addio agli amici. Ho detto addio alla sicurezza di conoscere le vie della tua città. Addio alla facilità scontata di capire tutto quando la gente ti parla o quando leggi qualcosa.
Ho detto addio alla mia vita qui quando iniziava a funzionare e davvero fatico a spiegarvi il perché.
C’è un formicolio allo stomaco che mi segue sempre, spesso. C’è una smania, una curiosità costante. La domanda “come sarebbe?”, “come sarà?”
C’è la fame di avventura. La voglia di parlare con un accento straniero, la voglia di essere straniera. Quella che deve capire, adattarsi forse anche con fatica, farsi capire.
Trovare un nuovo posto, temporaneo anche quello certo, perché ho paura del definitivo. Non ho mai capito come fanno le cose a durare “per sempre”.
E anche se il nostro “per sempre” non può durare che cent’anni al massimo io non lo riesco a capire.
Spiegatemelo voi che restate, che vi sposate, che procreate, che cercate un lavoro fisso. Spiegatemelo perché a me questo “fisso”, questo “stabile” riesce solo a terrorizzarmi.
Tra tutte le cose del mondo come si fa a sceglierne una, ad essere lungamente fedeli?
Come si fa ad amare, a lavorare, ad abitare una sola cosa?
Come fate a scegliere voi che restate? Voi che non vorreste vedermi partire, ancora.

Posso spiegarvi? Mi ascolterete?
Avrò nostalgia, lo confesso. Ma la nostalgia è un’amica.
Ho paura, lo confesso. Ma qualcosa mi sta chiamando e ho più paura a non rispondere che ad andare.
Questa volta non è una fuga, questa volta è qualcosa di dolce e doloroso.
Qualcosa di consapevole, un desiderio. Un incantesimo che ho addosso.
Lasciatemi andare, lasciatemi avere nostalgia di voi. Di tutti voi, di tutto questo mondo. Lasciate che guardi casa mia da lontano, con quella tenerezza che solo la distanza ti regala.
E lasciatevi anche dimenticare un po’.
Lasciate che viva un altrove inconsapevole. Ignorando sfacciatamente che intanto qui la vita prosegue. Anche la mia proseguirà, si riempirà di novità, ed è una cosa che mi nutre. E’ fantastico.
Lasciatevi riscoprire se e quando ci rivedremo. Lasciate che ci perdiamo.
E infine, semplicemente, lasciatemi andare.

Vorrei dire arrivederci alla scarpa comoda, arrivederci amore, amici, arrivederci casa.
Ma non ci sono promesse. Il pegno è un addio. E’ profondamente giusto. Il coraggio è dire addio senza sapere. E per questo adesso mi serve coraggio.
Forse verrà il giorno dei patti e dei compromessi. Forse…
Il mio desiderio è posticipare quel giorno il più a lungo possibile. Il mio desiderio è non scoprire mai quello che farò da grande.

Addio, mio provvisorio mondo, è stato straziante, divertente, dolce e duro vivere per un po’ dentro di te.

Lettera pubblicata il 16 Febbraio 2013. L'autore ha condiviso 5 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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La lettera ha ricevuto finora 2 commenti

  1. 1
    Nadir -

    Ciao Mezzaluna,

    Inanzitutto buon viaggio, ti auguro di vivere, respirare e assaporare ogni istante del tuo nuovo percorso.

    Rispetto al “verra il giorno dei patti e dei compromesi” non sempre e’ cosi, la scelta non e’ solo tra partire e seguire quel tarlo dentro, quella curiosita o restare facendo compromessi.

    E’ la vita che e’ in costante movimento, un viaggio costante, indipendentemente se fisicamente siamo in viaggio oppure no. E’ una questione di percezioni di come viviamo il quotidiano,
    Curiosita non e’ solo mordere la vita cambiando vorticosamente, e’ anche assaporare ogni piccola sfumatura del quotidiano restando…
    vale per i luoghi ma ancor piu per le persone, del resto forse non basta una vita nemmeno per conoscere fino in fondo se stessi.
    Ciao

  2. 2
    Mezzaluna -

    Ciao Nadir,
    grazie per le tue parole, sono davvero belle.
    Me lo auguro.
    Mi auguro di provere quella curiosità del quotidiano, quello stupore di fronte allo splendore delle sfumature…
    Non so se mi capiterà, ma sicuramente spero che se deve essere sia così piuttosto che un compromesso.
    Io purtroppo sono nata irrequieta e irrequieta sono cresciuta.
    La cosa certa è che ci vuole coraggio per vivere sia restando che partendo.
    Tanti auguri anche a te!

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