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Ma come funziona questa vita?

di

Chi sta bene scoppia di salute non ha un euro.
Chi sta male ha molti euro.
Chi ha tutto eppure si lamenta e vorrebbe sempre di più.
Chi come berlusconi e mille altri come lui ha potere ha completamente tutto è anche capo del governo (ma quale governo) eppure si diverte a fare il bimbo.
Chi vuole morire desidera fortemente la morte ma campa fino a 80 anni e magari con mille malattie.
Chi è felice allegro radioso e muore in giovanissima età e magari in un incidente.

Ma siamo sicuri che esiste un dio e se esiste siamo sicuri che sia buono?

Fortissimi dubbi mi tormentano.

Lettera pubblicata il 11 Novembre 2010. L'autore ha condiviso 13 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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Categorie: - Riflessioni

La lettera ha ricevuto finora 5 commenti

  1. 1
    Eagle -

    Mi trovi d’accordo.
    Molto spesso penso anch’io a quante contraddizioni assurde popolino la nostra vita… E quello che concludo è che, se per “dio” s’intende il vecchio saggio e buono che aiuta i giusti, preferisco credere a Babbo Natale.
    Io credo che “dio” sia esclusivamente la nostra coscienza, quella che la notte non ti fa dormire tranquillo se hai agito contro te stesso. Quella che non ti dà tregua quando fai del male a qualcuno, quella che cerchi in tutti i modi di mettere a tacere perché grida la verità più forte della tua voce.
    A volte mi capita di pensare che questa nostra coscienza sia propio alla base delle contraddizioni che citi tu. Da umani insoddisfatti tendiamo sempre a creare poblemi laddove non ne esistono… ed ecco che chi sta male s’inventa di stare bene, perché ammettere la sua condizione vorebbe dire accettarla… chi non riesce a guardare fuori si guarda troppo dentro e ci affoga… chi non coglie l’armonia generale fa di ogni dettaglio una questione esistenziale… chi non comprende quanto potenziale ci sia nell’uomo dà la colpa a un qualsiasi dio.

  2. 2
    blablabla -

    Perchè, ci credevi ancora? 🙂

  3. 3
    rhasya -

    ti posso dire come dovrebbe funzionare..ma si sa che la pratica è ben lontana dalla
    teoria..inutile pensare e rivolgersi alla Benevolenza o alla non curanza di un
    ipotetico Dio o di quello in cui ci si attacca nei momenti di religiosità e di
    disperazione.sono io,individuo,che dovrei operare per il benessere interiore mio e
    dei cari e dell’altro.in che modo?lasciando da parte l’egoismo,la sopraffazione e
    l’avidità,che sono nel quotidiano di ogni persona.bisognerebbe essere onesti e
    gentili nel dire nel fare e specialmente nel pensiero,ma poi le circostanze intorno
    non danno la possibilità..beh..si può sempre scegliere come
    essere,indipendentemente da tutto e da tutti.il Dio ci lascia il libero arbitrio,ok,ma
    non giudica le scelte,per questo si è soli,sempre,ci si deve appellare alla coscienza
    con responsabilità,non cedere le nostre azioni a qualsiasi cosa pur di non avere
    colpe.si è tutti colpevoli,prima o poi,ma non tutti sono pronti a cambiare e a
    crescere secondo valori.Eagle parla bene,la coscienza non viene vissuta e
    contemplata e la sofferenza è inevitabile.ma è proprio dalla sofferenza il punto di
    inizio,perchè essa è lo stato innato dell’uomo,poi in un secondo momento,siamo noi
    che dobbiamo innalzarci per capire l’origine della sofferenza e quindi il modo per
    eliminarla.si ha sempre le risposte,ma forse fa comodo lasciarle silenziose

  4. 4
    Eagle -

    Rhasya, interessante la tua riflessione; concordo su tutto meno che sulla tua considerazione della sofferenza come “stato innato dell’uomo”… Credo piuttosto che la sofferenza sia un accidente, ma forse varia da persona a persona questa interpretazione. Se dovessi pensare a uno stato innato dell’uomo, esso secondo me è la sorpresa. La ricerca di emozione. Infatti, è quella che proviamo sin da subito, sin da bambini… La sofferenza viene con la consapevolezza. Forse si soffre perché ci si dimentica di essere capaci di sorprenderci – e di emozionarci per questo. Da bambini non ricercavamo un Dio. Il nostro Dio era la nostra sorpresa, scoprire, trovare, giocare. Con la comparsa della coscienza, ecco la capacità del dubbio, dell’analisi, dell’incompletezza. Compare dio, compare il dolore. Altro non è che concentrarsi troppo su QUANTO si soffre! Mi si chiede spesso come ho fatto a uscire dal dolore, appaio ormai una persona positiva… Io rispondo: sai perché? Non ho mai dimenticato quant’ero felice da bambino. Quanto mi bastasse POCO per esserlo. Di certo non avevo bisogno né di Dio, né di sofferenza, né di chiedermi se esistessero l’uno o l’altra… Sì, sono stato molto felice da bambino. Lo ammetto, sono stato fortunato; forse questo basta a non soffrire. Non dimenticare mai la fortuna che si ha, che qualcun altro non può avere. Proprio come dici tu, “si ha sempre le risposte, ma forse fa comodo lasciarle silenziose…” Mi trovi perfettamente d’accordo.

  5. 5
    ventolibero -

    Come si fa a rispondere a una domanda che racchiude in se il senso dell’essenza della vita? Sarò contraddittorio,ma pur ripudiando la logica del lascia andare,mi viene spesso da pensare che è profondamente inutile sforzarsi e dannarsi di programmare la vita,l’esistenza,l’essere nel mondo.Quando il mio essere psichiatra mi porta a incontrare i volti di pietra dei tanti ammucchiati agli angoli del nulla,in quel momento lì,in quell’istante preciso scopro l’inutilità di tutto ciò che sono,che ho fatto,in cui credo.Basta un volto,uno sguardo che mi accusa e mi interroga e tutto svanisce,ogni cosa si perde e si annulla.A soli 28 anni,al principio di una complicata avventura umana e professionale sono sul punto di cedere!
    Torno a casa col fiato corto,ansimante,irritato,maldisposto.Ci sono loro:i lieti,i giulivi,i felici,i gai,i soddisfatti,i raggianti,gli entusiasti,gli esultanti. Perchè così non posso essere io? Per me la vita è incontro:ci capiteranno occasioni per ballare la nostra gioia,ci accadranno sventure per piangere le lacrime della nostra angoscia.E “quando sarai sul punto di morire” solo allora capirai pienamente che forse sarebbe stato assai più vero e giusto ridere e piangere meno mentre guardavo la televisione e ridere e piangere di più mentre asservavo la vita.Perchè la vita è una dura fatica da sostenere insieme.
    Ho 28 anni e ho voglia di vivere!
    Alessandro

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