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Adulterio

di

All’inizio, però, non era tutto così chiaro.

E invece l’altra sera… al mio rientro a casa…

Si può parlare di adulterio? Le Pandette di Giustinano circostanziano bene la questione: per prima cosa, le schiave non possono commettere tale abominio in quanto per esse è impossibile violare la loro unione.

Questa fattispecie ovviamente non si applica al caso della mia compagna, anche se lavora come una schiava dodici ore al giorno e le toccherà farlo fino al giorno stabilito, più che dagli astri, dalla riforma Fornero, un’asticella che si alza sempre di più con metronomica cadenza biennale, hai voglia a provare il salto stile fosbury, non fai a tempo ad apprendere la tecnica che ti hanno alzato la misura di dieci centimetri buoni e te la prendi nella schiena (e non solo), il contatto con il giorno del pensionamento si fa via via più remoto, un po’ come accadeva – ve lo ricordate? – al figlio dell’imperatore mandato in ricognizione verso i confini lontani, figlio che spedì al padre (che poi l’INPS è padre o madre?) l’ultimo messaggero sapendo perfettamente che non sarebbe vissuto abbastanza a lungo per attendere la risposta.

“Bisogna dire anche”, affermano ancora le Pandette, “che la donna accusata di adulterio sia di condizione onesta”, bello scherzo di Giustiniano questo qui, se una donna non è onesta di suo è inutile parlare di adulterio, il marito di una donna di condizione disonesta se lo deve aspettare, e se non ha previsto la fioritura di un palco di corna sulla fronte è un imbecille, non lo affermo io, lo dice Giustiniano, che specifica anche – e qui si apre un solco tra la nostra civiltà e quella degli Antichi – che “non si può commettere adulterio con una donna che fa pubblicamente il mestiere di venditrice e di albergatrice”, spingendosi poi fino al punto di spaccare il capello in quattro, perché è facile dire “albergatrice”, ma va sempre distinto tra la proprietaria del B&B e le fantesche che al mattino rigovernano le camere saturate dai gas di fermentazione emessi dagli ospiti, usualmente reduci da succulente cene e da salutari bevute che, con poche eccezioni, vengono servite negli agriturismi di adesso come in quelli di allora.

La mia compagna, sotto ogni punto di vista, non fa comunque né la venditrice, né l’albergatrice, dovrei quindi star sicuro, però l’adulterio al giorno d’oggi non ha limiti professionali così circoscritti come ai tempi di Giustiniano e si dimostra in mille modi.

Veleggiando in internet si legge di una signora rimasta senza parole, vale a dire mutignaccola o, se preferite, basita, quando ha scoperto nel frigo di casa una tonnellata di gnocchi con patate (attenzione: se sono “con patate” o “di patate” non è la stessa cosa, può esserci la fregatura) e 150 litri di zuppa, “Voglio renderti la vita più facile” avrebbe lasciato scritto il marito su un post-it affisso alla porta del frigo, per dodici mesi la moglie potrà quindi mangiare dei pasti precotti, magari leggermente monotoni, e non è cosa da nulla perché in questo caso la signora lavora come insegnante in Cina ed è così indaffarata che non ha il tempo di cucinare per se stessa, la tipa che invece abita al secondo piano del mio condominio insegna in un liceo italiano e si fa tre mesi di ferie all’anno, oltre alle vacanze di Natale, di Pasqua, ponti di aprile e cavalcavia dell’Immacolata, lei sì che ha tempo di cucinare e invece le piace andare in ristorante, ma questa è un’altra storia, si parlava di adulterio ed è bene tornare sui nostri passi senza spingersi troppo oltre, il fatto è che, dentro il frigorifero di casa, un marito di condizione onesta che avesse sposato una donna di condizione non altrettanto onesta potrebbe trovarci uno sconosciuto, Buona sera, Buona sera, ma lei chi è, Io ero venuto per riparare il frigo, Non ha freddo?, Un poco, è vero, Sarà forse perché è nudo, non ha i vestiti appresso?, Senta, faccia una cortesia, devono essere sotto il letto, io però sono irrigidito, qui si parla di cinque sotto zero che non sono uno scherzo, me li porti lei, Ma il frigo almeno funziona?, Da Dio.

Mai chiudere l’amante in frigo, gli armadi sarebbero da preferire, anche se nel mio laido bilocale l’unico posto dove tenere i nostri quattro stracci è un box di plastica trasparente ornato graziosamente da un coperchio colorato di blu elettrico, il frigo invece è ben più capiente, non abbastanza tuttavia per chiuderci un amante, a meno che l’amante non abbia dimensioni così minime da non potersi nemmeno pensare di eleggerlo al ruolo di amante, le dimensioni in fondo contano, eccome.

Ma torniamo alla scena madre, al momento del mio rientro a casa, nei miei occhi torturati si riverbera ancora un bagliore e uno sfarfallio da incubo, e non riesco a scacciare dal mio cervello un tenue e lontano abbaiare come di un cane gigantesco.

Mi sento obbligato a parlare perché il mio psicologo si è rifiutato di seguire il mio caso, senza sapere perché. Ed è contro la mia volontà che spiegherò le mie ragioni per essermi opposto alla ennesima gita in moto nell’Oltrepò Pavese, all’avventata caccia agli scarponi da sci in saldo, ed alla frequentazione del dannato cinema d’essay che trova posto nello stesso fabbricato che ospita il mio laido bilocale di periferia.

E sono ancora più riluttante poiché queste mie ragioni potranno anche risultare del tutto vane.

Sarà inevitabile, anche per i più navigati frequentatori di LaD, nutrire dei dubbi su dei fatti per me reali, quando li rivelerò, ma se eliminassi dalla mia lettera tutto quello che può apparire stravagante ed incredibile, non rimarrebbe più nulla. I fatti però potranno testimoniare a mio favore in quanto sono assolutamente vividi ed eloquenti, anche se dovrò comunque dipendere dal giudizio e dall’atteggiamento di quei pochi lettori che hanno, da un lato, una profondità sufficiente di pensiero per valutare il mio caso e, dall’altro, una istintiva riluttanza a seguire la tendenza a liquidare certe faccende come meri risultati causali, troppo bizzarri per essere intelligibili.

E’ curioso che per parlare di adulterio io abbia dovuto fare riferimento alla storia del frigo graziosamente lasciato colmo di vivande da un marito in procinto di partire per un anno di lavoro lontano da casa, in Italia il migliore dei mariti avrebbe svuotato il frigo e così lo avrebbe lasciato, ma probabilmente questo dipende dal fatto che da noi la causalità è considerata verità assiomatica.

Invece io credo che quanto ho trovato al mio rientro a casa non possa essere analizzato se non preoccupandosi esclusivamente dell’aspetto accidentale degli eventi. Una coincidenza quindi, infatti io non rientro mai a quell’ora e la mia compagna raramente si trova a casa, dobbiamo quindi ammettere che qualche cosa si possa dire in favore dell’immensa importanza del “caso”.

Inutile struggersi in considerazioni teoriche su causa ed effetto… i nostri procedimenti causalistici potrebbero risultare pallidi e polverosi, meglio ascrivere la scena cui ho assistito ad una confusa congerie di leggi naturali, in fondo si è trattato di un evento accidentale la cui importanza è stata massima al momento dell’osservazione, poi è scemata inevitabilmente, forse sarebbe necessario indagare le ragioni ipotetiche che apparentemente potrebbero rendere conto della coincidenza, ma in fondo preferisco non farlo.

Quand’anche fossi mosso da interesse, se non da sana pedagogia, nutro il sospetto di indulgere corrivo alle lusinghe di una morale cattolica ormai vieta, comunque il fatto è che l’altra sera, al mio rientro a casa, non ho trovato nulla di anormale.

La mia compagna era ai fornelli, io ero sì in anticipo, ma non troppo, in frigo non c’era niente e, soprattutto, nessuno era lì a ghiacciarsi, non ho dovuto sforzarmi troppo per ispezionare la casa, è un bilocale, lo ho già detto, quello che non ho detto è che nel conteggio delle stanze ho considerato anche il bagno, che poi è un bagno cieco, una condizione terribile sia per un essere umano che per un vano catastale.

Ho ispezionato e non ho trovato nessuno. E allora dov’è l’adulterio? E’ realmente possibile la sua “non consumazione”? E se fosse stato commesso con il pensiero? Sarebbe diverso? Oppure a parole (equivalendosi le comunicazioni per via elettronica alle parole, sia pure prive di anima perché amputate di inflessioni e tonalità)?

 

E’ possibile un adulterio in questo bilocale di periferia, emarginato ai limiti della cisterna di nebbia e smog che è questa città, scolpito nel cemento armato prima dell’esistenza di accettabili normative edilizie sull’isolamento acustico e termico, la scala condominiale pervasa da cantilene da gelare l’anima che attirano facce assonate a ogni soglia?

E’ possibile, ma non matematicamente certo, e tale assenza di certezza mi è di assoluto sollievo.

Non mi resta che guardare il telegiornale fissando il mio sguardo sul televisore come farebbe un santo con un infernale cripta di basalto, non so cosa potrebbe sperare il santo, io spero di sentire che l’Italicum è saltato.

 

Non è saltato, almeno per ora, si va al voto in aula. Adulterio ancora da consumare.

Lettera pubblicata il 24 Aprile 2015. L'autore ha condiviso 17 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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Categorie: - Amore e relazioni

La lettera ha ricevuto finora 4 commenti

  1. 1
    Rossella -

    Non riesco ad orientarmi nel tuo discorso perché sono abituata a distinguere l’infedeltà/tradimento dall’adulterio. L’adulterio (“Non commettere adulterio” Dt 5,18) richiama la parola di Dio e quindi il rispetto della castità a seconda del proprio stato. Non si parla di adulterio almeno dagli anni settanta; la rivoluzione sessuale ha segnato un cambiamento epocale ma chiaramente non ha fatto scuola nel senso pieno del termine. Accade semplicemente, com’era giusto che fosse, che nessuno si scandalizza quando due persone vanno a convivere o decidono di avere rapporti prematrimoniali, tanto per fare alcuni esempi. Il valore della castità invece si associa ad una promessa; ovviamente ciascuno ha una vocazione ed è tenuto a trattare con rispetto il proprio corpo in attesa dell’incontro con il Signore nel sacramento dell’ordine o del matrimonio. Non è che si debba credere tutti, si tratta di un principio religioso che parte dalla concezione che il corpo è come un albero che a bisogno di tempo prima che il frutto maturi e sia pronto per essere raccolto. Suor Lucia di Fatima approfondisce questo argomento nel capitolo 29 del volume “Gli appelli del messaggio di Fatima”. Non occorre leggerlo, nel senso che te ne accorgi ogni qualvolta provi a proiettarti in una storia spinto dal desiderio di farti una famiglia o di vivere un’avventura che fuori dal tempo giusto non puoi raccogliere il frutto. Quando il frutto è maturo ha un sapore, il sapore della vita che si rinnova e delle “nuove primavere” che sorrideranno nelle case a dimostrazione che l’uomo ha un ruolo attivo nell’opera creatrice di Dio e può vivere come un uomo che non è schiavo delle sue passioni.

  2. 2
    Vale -

    Ma la tua compagna sa cosa sta succedendo dentro di te? Dovresti renderglielo noto.

  3. 3
    Yog -

    Rossella, nemmeno io riesco ad orientarmi nel tuo commento, me ne farò una ragione. Vale: argomenta.

  4. 4
    Vale -

    Yog, lette entrambe le tue lettere, mi sembra che tu stia vivendo queste esperienze soltanto rimuginando dentro di te, mentre lei cucina, va al lavoro, scrive, continua a vivere tranquilla.
    Dovresti esprimerle i tuoi dubbi e parlarle di quello che ti tormenta. Non so come sia il vostro rapporto, ma da quello che scrivi mi sono fatta l’idea che avete condiviso molto nella vita. Il mio consiglio è di condividere anche questo.

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